Dopo le esondazioni di fiumi e torrenti in Emlia-Romagna ci domandiamo se un disastro di quel tipo possa avverarsi anche qui, nel veronese.
L’evento più importante che ricordiamo è quello del 2010 quando, tra il 31 ottobre ed il 2 novembre, erano stati colpiti duramente da un nubifragio 130 Comuni situati fra l’est veronese, il vicentino ed il padovano. Tracimarono prima l’Alpone, che inondò Monteforte d’Alpone, e poi il Tramigna che sommerse buona parte di Soave.
Non si parlava molto di cambiamenti climatici all’epoca, anche se sono passati solo 13 anni. Le ragioni di tali esondazioni furono attribuite alle persistenti e forti piogge che avevano interessato il bacino idrografico montano e pedemontano di quei torrenti, oltre al concomitante scioglimento della neve, caduta abbondante nella settimana precedente.
Altri eventi, per fortuna con conseguenze minori, sono avvenuti negli anni successivi, nel 2013 e poi nel 2018, quando Parona, Arbizzano e Negrar furono interessati da importanti nubifragi con alcuni allagamenti. Alberto Ballestriero su questo giornale è più volte intervenuto con competenza a ricordare le cause delle inondazioni, i rischi e gli interventi da mettere in campo.
Oggi, forse per il catastrofico evento in Romagna, ma anche per il susseguirsi di allagamenti in ogni parte d’Italia, guardiamo con occhio più attento all’alveo dei fiumi, e soprattutto dei torrenti e dei progni che si snodano spesso poco distanti dalle nostre case.
Si tratta di alvei che siamo abituati a vedere costantemente asciutti e ci pare impossibile che possano improvvisamente riempirsi d’acqua tumultuosa ed addirittura tracimare.
È il caso, ad esempio, del progno di Avesa ma anche del Pantena e dello Squaranto, che scendono da colline e monti alle spalle della città di Verona. Il progno di Avesa, in particolare, ha un percorso breve che si sviluppa a nord-est di Avesa, raccogliendo le acque pluviali delle due vallette a monte. Lambisce l’abitato principale sulla sinistra della frazione, separando la recente zona artigianale, e accoglie ad un chilometro circa dalla sua foce in Adige, anche l’acqua del Lorì, il fiumiciattolo di Avesa.
Il progno in questo periodo è secco, completamente asciutto, ma è pieno di arbusti e piante di varie altezze e dimensioni che le piogge dei mesi scorsi hanno tuttavia consentito di svilupparsi. Cosa succederebbe in caso di piogge copiose e persistenti? Arbusti e piante ostruirebbero il regolare deflusso dell’acqua verso l’Adige e potrebbero favorire un’esondazione, con allagamento di strade, case, cantine e garage della zona di Avesa, ed inevitabilmente di abitazioni e attività economiche più a valle.

Progno di Avesa
Non si ricordano di questo corso d’acqua eventi catastrofici e raramente capita di osservarlo gonfio d’acqua. Tuttavia anche in Romagna consideravano impossibile quanto invece è poi successo, e quello che a memoria d’uomo non si ricordava, oggi può accadere e ripetersi.
Il fatto che un torrente sia quasi perennemente in secca, o che il suo bacino idrografico sia di dimensioni modeste, non sono buone ragioni per ignorare l’importanza della pulizia dell’alveo. Minore è l’ampiezza del bacino di raccolta delle acque e maggiore è la rapidità con cui il progno può gonfiarsi nel caso di una “bomba d’acqua”.
Nei fiumi come il Po o l’Adige le piene arrivano in pianura con qualche giorno di ritardo e la graduale crescita del livello sugli argini consente di prevedere eventuali situazioni di pericolo. Nel caso dei progni il passaggio dallo stato di secca a quello di piena, per eventi atmosferici eccezionali, può essere invece anche solo di qualche ora.
Se viene a mancare la corretta manutenzione degli argini, se il livello dell’alveo si alza per effetto della terra trascinata a valle ed accumulata e se l’alveo stesso si riempie di arbusti, in caso di eventi meteorologici straordinari, l’esondazione non dovrebbe più considerarsi imprevedibile ma probabile.
La natura non fa sconti, e tende a riprendersi i suoi spazi. A noi spetta prevenire ed intervenire in tempo, per evitare di esserne travolti.
Claudio Toffalini

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it
