Vangelo di Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Matteo 28,16-20
«Andate e fate discepoli tutti i popoli».
La nuova traduzione della Bibbia non dice più andate e “ammaestrate”, ma andate e “fate discepoli ”. Cambia profondamente il senso del “mandato” di Gesù.
Chi è infatti il “discepolo”? Il discepolo è colui che “impara”, che “ascolta”. Essere cristiani autentici vuol dire non smettere mai di imparare, di ascoltare.
In passato la chiesa si è presentata spesso come “maestra”, dimenticando quello che ha detto Gesù: “Non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo”.
Papa Francesco nella Evangelii Gaudium ci ricorda che più che “maestri” dobbiamo cercare di sentirci tutti dei “compagni di strada”. Tutti siamo nello stesso tempo sia maestri sia discepoli.
Madre Teresa diceva: “noi siamo la matita di Dio”. Tocca a noi oggi, attraverso la nostra vita “scrivere” il Vangelo. Cioè tocca a noi rendere visibile l’invisibile. Diventare noi un segno profetico della presenza misteriosa di Dio.
Un compito non facile, ma ci confortano le ultime parole di Gesù prima di lasciarci: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Festa dell’Ascensione non vuol dire festa dell’assenza, ma di un nuovo modo di presenza. Gesù scompare, ma non abbandona.
Anche noi, come i primi cristiani, nei momenti di crisi e di sconforto, abbiamo bisogno di ricordarci che, anche se in modi misteriosi: “Lui è sempre con noi”.
Ma qual è il significato profondo dell’Ascensione? Forse lo troviamo nelle parole di Luca all’inizio degli Atti degli Apostoli: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?».
Gesù ci avverte di non separare mai il cielo dalla terra. Non possiamo limitarci a guardare in alto, a celebrare dei riti sacri, ad andare a Messa. Dobbiamo sporcarsi le mani con la realtà, con la vita.
Non siamo chiamati a sognare la felicità nel paradiso dell’aldilà. Dobbiamo invece cercare di costruire il paradiso nell’aldiquà. È qui e adesso che sono chiamato a fare di questa terra un giardino per una nuova umanità.
L’Ascensione è il racconto del nostro destino. È la festa della speranza. Anche noi come Gesù siamo destinati al cielo. Ma cercando sempre di coniugare Dio con la vita. La fede con la storia.
La nostra filosofia ha una visione “dualista” della realtà, della vita. Ha separato il cielo dalla terra. Il corpo dall’anima. Con Gesù invece il cielo si ricongiunge con la terra.
Finisce la divisione tra sacro e profano. Tutto diventa “divino”. Anche un sasso, diceva Tehillard de Chardin, mi parla di Dio.
Dio lo incontri non solo nel tempio, in chiesa. Lo incontri soprattutto nella vita. Nel volto degli altri, nella Natura, dentro di te.
Don Roberto Vinco
Domenica 21 maggio 2023
«Siamo la matita di dio»
Madre Teresa di Calcutta

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
