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Ambiente

Cambiamenti climatici, basta parole e stop al cemento

Mentre la politica nazionale latita, molti sono gli elementi che indicano una responsabilità diretta dei sindaci nella cementificazione del suolo e Verona ne è un esempio

Cementificazione

Se siamo così preoccupati per i cambiamenti climatici e l’effetto devastante delle esondazioni dei fiumi, perché non siamo così determinati nel bloccare la cementificazione del suolo?

In un articolo, pubblicato qualche giorno fa sul giornale online Altraeconomia, il prof. Paolo Pileri docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, smaschera come lacrime di coccodrillo quelle sparse sopra l’alluvione dei giorni scorsi in Emilia Romagna.

Pileri denuncia che l’Emilia Romagna sconvolta dall’acqua è la prima in Italia per la cementificazione in aree alluvionali affermando che “tutti noi sappiamo che tra un suolo libero e uno cementificato la quantità d’acqua che scorre violentemente in superficie aumenta di oltre cinque volte. Tutti noi sappiamo che le piogge saranno sempre peggiori, eppure continuiamo a prendercela con le bombe d’acqua e non con quelle di cemento che nel frattempo e ogni giorno noi sapiens sganciamo sul nostro territorio, rendendolo più vulnerabile”.

Nel Veneto non siamo messi meglio, siamo stati solo un po’ più fortunati perché le piogge ci hanno sfiorato, ma l’oscillazione continua tra estremi, tra siccità e alluvioni, fa parte oramai della quotidianità.

Secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente lo scorso anno in soli 9 mesi in Italia si sono verificate ben 62 alluvioni con danni ingenti, e negli ultimi 12 anni abbiamo avuto 1318 eventi climatici estremi. È ridicolo pertanto, se non fosse tragico, continuare a parlare, come fanno molti amministratori pubblici, di eccezionalità dei fenomeni climatici. Il clima oggi è questo e dobbiamo adattarci o soccombere.

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È evidente che i nostri territori, dopo anni di sfruttamento intensivo, non sono tarati per sopportare questi eventi climatici e non mancano certo gli studi dei nostri istituti di ricerca come l’ISPRA che indicano quali sono i rimedi: il divieto di costruire nelle aree a rischio; la riapertura dei corsi d’acqua intubati nel passato; il ripristino delle aree di esondazione naturale dei fiumi; la diffusione di sistemi di drenaggio sostenibile al posto dell’asfalto e cemento.

Ma soprattutto il principale dei provvedimenti rimane il blocco immediato del consumo del suolo con una Legge Nazionale che il parlamento italiano non ha mai voluto approvare.

Tuttavia, mentre la politica nazionale latita, molti sono gli elementi che indicano una responsabilità diretta dei sindaci nella cementificazione del suolo e Verona ne è un esempio illuminante.

Nella città scaligera, con circa 10.000 alloggi vuoti, oltre a numerose caserme, capannoni e strutture inutilizzate da anni, con un calo demografico tra i più alti d’Italia si continua ad utilizzare il cemento nelle aree più fragili: circa 300 alloggi stipati nell’area della ex Caserma Passalacqua; all’ex BAM di Ponte Crencano torri di 10 piani e supermercato in un’area carente di verde pubbico; palazzine ammassate in una valletta chiusa al Monsel di Quinzano; impianti sportivi e strutture varie alla Spianà, che invece del parco progettato dall’arch. Arrigo Rudi sta diventando una brutta periferia senza anima; per non contare altri insediamenti immobiliari minori intorno a tutta la città.

Un intervento emblematico, che per il momento sembra bloccato, è stato quello in loc. Nassar di Parona , dove pur di far passare una lottizzazione edilizia in una zona esondabile dell’Adige, si è provveduto ad alzare l’argine di protezione dalle piene, eliminando così l’area di espansione naturale del fiume.

Per il futuro immediato dell’ex Scalo merci, su una superficie di 450.000 mq, preziosissimi per un parco nella zona più costruita di Verona, si prevede di cementificarne almeno la metà.

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Si sta discutendo inoltre in questi giorni dell’insediamento di alloggi per disabili presso il Forte S. Caterina al Pestrino, un’area verde fragile e senza servizi. Il progetto potrebbe diventare il Cavallo di Troia per introdurre strutture e servizi dentro il Parco dell’Adige, e a seguire lottizzazioni speculative.

Se le Amministrazioni comunali, a qualsiasi colore appartengano, vogliono fare gli interessi dei cittadini in questo momento, nel quale quotidianamente è in pericolo il loro benessere, dovrebbero subito dimostrarlo: nemmeno un mq di suolo dovrebbe essere più costruito.

Alberto Ballestriero
Verona Polis

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

3 Comments

3 Comments

  1. Giorgio Massignan

    21/05/2023 at 10:29

    E’ necessario bloccare immediatamente il consumo del suolo con una Legge Nazionale che il Parlamento italiano non ha mai voluto approvare, nonostante sia stata più volte proposta, dal ministro Sullo in poi. Leggo che alcuni comuni della provincia di Verona hanno nelle loro previsioni di piano varie future lottizzazioni su terreni ancora verdi. Devono essere fermate. Il Veneto e la provincia di Verona hanno una delle maggiori quantità di suolo impermeabilizzato della nazione. Le forze politiche, economiche e professionali dovranno intervenire sul recupero del patrimonio edilizio esistente e, quando possibile, restaurare il paesaggio e l’ambiente demolendo le cubature obsolete per ripristinare il verde. Questi interventi e i lavori per la messa in sicurezza del territorio potranno consentire alla filiera economica dell’edilizia di mantenere la consueta produttività.

  2. Redazione2

    20/05/2023 at 15:18

    Leggendo l’articolo di Alberto Ballestriero si capisce che la cementificazione non è una prerogrativa di una determinata parte politica, è solamente il modo in cui abbiamo fino ad oggi inteso lo sviluppo del territorio. Ora è intuibile che architetti e ingegneri, di destra o di sinistra che siano, basino la loro attività sul costruire e che quindi, per poter lavorare, siano alla ricerca di una certa sintonia con chi amministra il territorio. Una visione progressista dovrebbe però differenziarsi ponendo maggiormente l’accento su parole come “riconversione” e “riqualificazione”, adattando o trasformando gli edifici esistenti per renderli sostenibili sia da un punto di vista paesaggistico che energetico. Ha ragione Ballestriero: basta cemento, il che non vuol dire basta lavoro per i professionisti del settore ma una visione diversa sul futuro delle nostre città, a partire da chi le amministra. g.m.

    • Cristina Stevanoni

      21/05/2023 at 12:35

      Nessuno vuole ammettere che si potrebbe smettere anche subito! Troppi interessi in ballo; troppe ipocrisie, anche. Il consumo di suolo sembrerebbe far parte di quei ben noti mali/beni necessari e ovvi.Le transizioni cosiddette ecologiche sono lente, remote, e aleatorie (vedi il nucleare e le sue favole). Così tutto peggiora, e adesso siamo al rimpallo delle responsabilità! Grazie, Alberto! Per quanto mi riguarda: un bel sopralluogo in Passalacqua, uno alla settimana.

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