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Vangelo

Uscire dai recinti per esercitare autonomia e responsabilità

Molti abbandonano le chiese perché si sentono soffocati e trovano poco spazio per cercare, per interrogarsi e per sperimentare percorsi nuovi

L'adorazione dei magi, tempera e oro su tavola, Gentile da Fabriano, 1423 (Galleria degli Uffizi, Firenze)
L'adorazione dei magi, tempera e oro su tavola, Gentile da Fabriano, 1423 (Galleria degli Uffizi, Firenze)

Vangelo di Giovanni
«In verità, in verità vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Ma colui che entra per la porta è il pastore delle pecore. A lui apre il portinaio, e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono quali fossero le cose che diceva loro. Perciò Gesù di nuovo disse loro: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura. Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Gv 10,1-10

«Io sono il buon pastore».
Nella Bibbia, spesso l’immagine del pastore è attribuita a Dio o ai sacerdoti. Anche Gesù la usa, ma si presenta come un pastore piuttosto originale.
Che cosa fa infatti come prima cosa?
«Il pastore è colui che conduce fuori le pecore dal “recinto”». Da quale recinto?
Gesù si è trovato di fronte ad una religione che invece di rendere le persone libere le rendeva schiave. Schiave della legge, delle regole, dei dogmi, dei sacerdoti che erano diventati dei “mercanti del tempio”. Gesù si arrabbia e si ribella contro un potere che attraverso la religione “disumanizza” le persone. Un potere che vuole fare del “gregge” dei “pecoroni” obbedienti.

Gesù invece vuole liberarci dal “recinto” del Tempio, per regalare alle coscienze la libertà di pensare, la libertà di autogestirsi, la libertà di fare dei progetti. Vuole che tutti, donne e uomini, siano persone capaci di autonomia e di responsabilità.
Gesù non è contro il Tempio, ma contro i recinti, contro coloro che usano il Tempio per dividere: “noi e gli altri”. Il Tempio vero è la vita, sono le persone, il mondo, la casa, la strada.

Forse anche oggi molti abbandonano le nostre chiese perché si sentono soffocati da troppi recinti, troppi pregiudizi e pochi spazi per cercare, per interrogarsi e per sperimentare percorsi nuovi.
C’è una parola che sta al centro di tutta questa parabola: “la vita”. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Il termine “vita” è il filo rosso che lega assieme tutta la Bibbia. In passato al centro di tutta la catechesi era stato messo “il peccato”. Gesù invece ha messo al centro del suo vangelo “la vita”.

Che cosa vuol dire?
Vuol dire che Gesù non è venuto per portarci una nuova teoria religiosa, ma per insegnarci e aiutarci a vivere. Per regalarci vita.
E vita vuol dire salute, serenità, amore, bellezza, amicizie, umanità, futuro.
Il desiderio di Dio è che ognuno di noi stia bene. E la prima cosa da fare per amare veramente è imparare a volersi bene. Perché solo se ti vuoi bene, puoi voler bene anche agli altri.

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Abbiamo sempre identificato “i pastori” con i preti, con i Vescovi. Tutti invece siamo chiamati ad essere pastori gli uni degli altri. Tutti dobbiamo imparare a guarire, a liberare, ad accogliere, a seminare speranza!
Per dimostrare che si è cristiani non serve il certificato di Battesimo. Non occorre dichiaralo. Basta l’esempio.

Don Roberto Vinco
Domenica 30 aprile 2023

Se vuoi prenderti cura degli altri
devi prima aver cura di te stesso
«Prendersi cura di qualcuno non è sostituirsi a lui, non è invadere.
È invece comprendere quando esserci e quando fermarsi a debita distanza».
Fra Giorgio Bonati, Romena

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Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it

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