INTERVISTA – Francesco Avesani, ingegnere esperto di mobilità sostenibile, è vicepresidente e co-fondatore dell’associazione Cocai, agenzia che si concepisce come uno spazio aperto in cui comprendere, divulgare e sperimentare le trasformazioni urbane di Verona.
Alle conoscenze ingegneristiche, Avesani abbina un particolare interesse per la riqualificazione delle aree periferiche, che lo ha spinto a creare, in collaborazione con altri soggetti, prima il Comitato Orti di Spagna e poi la casa di quartiere Baleno nella piazza principale della zona, allo scopo di «prendersi cura della sua comunità, ravvivando le relazioni tra le persone».
Per scoprire quanto la sua visione di rigenerazione urbana e mobilità sostenibile sia in linea con le politiche dell’Amministrazione Tommasi, lo abbiamo intervistato.

Francesco Avesani
– Avesani, un bilancio dell’Amministrazione Tommasi su urbanistica e mobilità?
Avesani. «La rotta tracciata ideologicamente mi pare molto diversa da quella delle amministrazioni precedenti, ma è presto per fare un bilancio. Mi auguro però che si intervenga sul Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums), perché Verona a riguardo è molto indietro e il documento redatto dalla Giunta precedente presenta lacune».
– In particolare, cosa andrebbe cambiato?
Avesani. «Prima di tutto, occorre puntare sulle zone 30, ampliandole a tutto il centro e ai quartieri. Poi migliorare la qualità dei percorsi ciclabili, che al momento è bassa: ci vuole più coraggio affinché la bicicletta riconquisti la strada. Infine occorre aumentare gli investimenti globali, comunicazione compresa, sulla mobilità sostenibile: il Pums attuale prevede solo circa il 3% circa in questo settore».
– A quanto bisogna arrivare?
Avesani. «Si parla almeno di qualche milione all’anno. Se questi soldi non ci sono, bisogna cercare i finanziamenti nazionali ed europei: lavorando da ingegnere anche in altre città, ho notato come Verona intercetti una quantità minima di queste risorse».
– E come si fa?
Avesani. «Pianificazione. Ci vuole visione per capire e organizzare ciò che è fattibile durante il mandato e ciò che verrà tramandato alle amministrazioni successive. A questa, devono affiancarsi politiche coraggiose e competenze tecniche, rendendo la città un sistema che condivide intenti comuni: vanno coinvolti i portatori d’interesse economico – ma finora, a Verona, non ho visto questa capacità – e i cittadini, da informare adeguatamente e responsabilizzare».
– I veronesi sono stati informati adeguatamente sul filobus e sulle sue ricadute?
Avesani. «Il Comune e Amt dovevano muoversi prima in ambito comunicativo. Ma con la nuova Amministrazione noto dei miglioramenti: sui prossimi cantieri ho visto girare nelle chat messaggi esplicativi e non mi sembra fosse una pratica adottata dalla Giunta precedente».
– Cosa succederà al trasporto pubblico di Verona con il filobus?
Avesani. «Da quel che so, si sta ipotizzando di spezzettare le gare per i gestori dei vari servizi, cioè filobus, extraurbano ed urbano. Ma io ho una visione opposta: serve un progetto di trasporto integrato che, attraverso un unico gestore o degli accordi molto solidi, consenta agli utenti di utilizzare catene di spostamento sostenibili con un’unica tessera».
– Come valuta una tassa imposta a tutti i cittadini allo scopo di permettere la fruizione del trasporto pubblico senza biglietto?
Avesani. «È un’idea provocatoria ma interessante. Se si considera il trasporto pubblico un servizio alla stregua dell’istruzione, allora trovo giusto un modello che si paghi con la fiscalità generale. Ma esistono anche altre possibilità: biglietti cumulativi, familiari, giornalieri. Inoltre ci sono anche misure indirette per favorire l’utilizzo del trasporto pubblico: finché Verona avrà così tanti posti auto in centro, sarà difficile incentivarlo».
– L’Amministrazione non avrebbe potuto fare delle scelte più coraggiose riguardo il filobus? Sergio Mantovani, del Comitato Verona Sud, sostiene che l’impiego di bus totalmente elettrici a batteria sarebbe la scelta ideale e la più conveniente.
Avesani. «I bus elettrici non innescano nessun processo di rivoluzione all’interno della città. Il filobus, per quanto sia un progetto carente e non risolva l’esigenza cittadina di possedere un mezzo di trasporto di massa, invece lo farà: molti posti auto saranno eliminati e verranno attivati i parcheggi scambiatori».
– Intanto è stato presentato il nuovo Piano della sosta in commissione consiliare. Un suo parere?
Avesani. «Finalmente si parla di riappropriazione dello spazio pubblico e della pedonalizzazione delle piazze. Valuto positivamente anche l’estensione delle zone di sosta a pagamento e l’attenzione ai residenti, con gli stalli gialloblù. Di certo questo cambiamento genererà conflitti e i cittadini faranno fatica ad accettarlo: buona, da questo punto di vista, la pratica degli incontri nei quartieri attuata dall’Amministrazione».
– Il rischio però è che chi non vuole pagare vada a parcheggiare proprio nei quartieri limitrofi al centro, rendendoli meno vivibili…
Avesani. «Spero che l’Amministrazione dia seguito a quanto dichiarato in campagna elettorale sui quartieri. In ogni caso, il Piano della sosta è concepito proprio per disincentivare gli spostamenti in auto, che a Verona avvengono anche per distanze irrisorie. In abbinamento a un’efficace politica integrata, può ridurli in maniera significativa, valorizzando il territorio veronese che sarebbe ottimo per spostarsi in bicicletta».
– Vede nei componenti della Giunta il carisma necessario per promuovere a Verona questo salto culturale?
Avesani. «Vedo ottime idee, ma la mobilità sostenibile andrebbe trattata in maniera più trasversale, perché è un argomento che abbraccia diversi aspetti della realtà, dall’istruzione al turismo. Detto ciò, non si può addossare tutto all’Amministrazione. Alcuni soggetti influenti di Verona dimostrano ancora una certa arretratezza di pensiero: la Fiera, in ogni piano urbanistico che si sviluppa a Verona Sud, chiede nuovi posti auto. Ogni città è un sistema, si vince e si perde tutti, e anche i cittadini hanno le loro responsabilità».
Gregorio Maroso

Gregorio Maroso è laureato in Filosofia, Editoria e giornalismo all'Università di Verona. Da sempre si interroga sulla vita e spera che indagare e raccontare i suoi aspetti nascosti possa fornirgli le risposte che cerca. gregoriomaroso@gmail.com

Giorgio Montolli
19/04/2023 at 12:35
È la seconda intervista, dopo quella con Marco Passigato dello scorso 6 aprile, in cui si accenna all’importanza della comunicazione per lo sviluppo delle politiche sostenibili.
La politica, oltre che di idee, ha infatti anche bisogno del consenso per poterle realizzare. Non pare un concetto difficile, eppure è assente una qualsiasi proposta mirata ad arricchire il panorama editoriale veronese di un medium alternativo a quelli esistenti.
Alcuni segnali degli ultimi mesi mostrano che i centri di potere cittadini tendenzialmente considerano l’Amministrazione Tommasi una parentesi e non può essere altrimenti visto il contesto di centrodestra in cui sono cresciuti.
Senza un’opportuna azione culturale per far conoscere ai cittadini tutti i vantaggi di una città aperta e sostenibile, gli sforzi nel senso della trasformazione rischiano di interrompersi tra 4 anni, quando i veronesi torneranno alle urne senza che sia cambiato nel frattempo il loro modo di pensare. g.m.