Alimenti prodotti da bioreattori in laboratori ipertecnologici, sarà questo il cibo del futuro? Sono straordinari i progressi delle biotecnologie negli ultimi anni e meravigliosa la possibilità di ricostruire tessuti umani partendo da cellule staminali, in grado di dare speranza di vita o almeno migliorarne la qualità a tante persone. Ma se da un lato ci entusiasmano i successi clinici e terapeutici delle staminali umane, la possibilità di produrre cibo, ovvero carne “coltivata” o di “sintesi” in laboratorio, partendo da staminali estratte da animali, per l’alimentazione umana, apre a molti interrogativi.
Produzioni sperimentali e limitate di carne coltivata sono già avvenute, con la prima dimostrazione a Londra nel 2013, mentre più recentemente, nel 2020, le autorità di Singapore hanno dato il via libera alla commercializzazione di pollo “coltivato” in un ristorante.
Ci vorranno ancora molti anni perché si possa trovare la carne “coltivata” al supermercato, i costi di produzione sono al momento ancora troppo alti. Ma, costi a parte, sono da valutare con attenzione anche i rischi biologici connessi ad una riproduzione molecolare artificiale su larga scala. E poi la completezza dal punto di vista nutritivo, dato che la carne non contiene solo proteine, le verifiche sanitarie, per non parlare degli aspetti organolettici.
La carne di sintesi aiuterà a dare da mangiare a tutti ed estirpare la fame nel mondo? È ben noto che non è il cibo che manca, ma la sua distribuzione secondo i bisogni di ciascuno. Infatti nonostante i grandi progressi nella produzione agricola degli ultimi decenni, milioni di persone nel mondo continuano ad essere denutrite. Inoltre enormi quantità di cereali e legumi sono sottratti all’alimentazione umana proprio nei Paesi più poveri, per nutrire gli animali da allevamento, allo scopo di produrre carne destinata al ricco mercato occidentale.
La carne di sintesi aiuterà a ridurre l’inquinamento prodotto dagli allevamenti animali intensivi? È vero che la zootecnia industrializzata produce inquinamento, oltre che sofferenze e crudeltà verso gli animali, ed anche per questo motivo, oltre che per la salute umana, deve essere ridotto il consumo di carne. Ma siamo certi che analogo inquinamento non sia prodotto anche dai bioreattori? Per produrre carne “coltivata” serve molta energia, inoltre occorrono molte sostanze in ingresso per il “brodo” di crescita della carne, con produzione di scarti da eliminare. Per produrre tonnellate di carne servono altrettanti ingredienti processati in reazioni biochimiche che non possono passare come acqua fresca in natura.

Allevamento intensivo di maiali.
Tuttavia ben venga la ricerca sulla carne “coltivata”. È giusto che proseguano gli studi, le sperimentazioni e le verifiche, e se veramente la nuova tecnologia porterà evidenti vantaggi, non ci sarà motivo per rifiuti di natura ideologica. Ideologico, oltreché inutile e dannoso, è invece il disegno di legge del Governo italiano per vietare in Italia la produzione di tale tipo di carne. Se in tutto il resto del mondo, Europa compresa, della carne di sintesi verrà consentita la produzione ed autorizzato il consumo, l’Italia ne diventerebbe mera importatrice senza poter sviluppare una propria tecnologia per l’autoproduzione.
C’é però un ulteriore pericolo, più nascosto e subdolo, nella produzione di alimenti da bioreattori, ed è di natura politica e sociale. Avremmo bisogno di riavvicinarci alla natura ed ai suoi cicli vitali, con una agricoltura pulita, con alimenti naturali e poco trattati, magari il più possibile a kilometro zero. Dove anche gli allevamenti non intensivi non sono da bandire, ma parte di un mondo da sempre integrato con l’agricoltura in un ecosistema sinergico.
La bioingegneria applicata direttamente alla produzione alimentare, ci porterebbe invece verso la creazione di cibi altamente processati, prodotti in laboratorio ed in mano ad un oligopolio di multinazionali. Le stesse che da decenni dominano il mercato delle sementi, dei pesticidi, dei mangimi e dei fertilizzanti, strangolando molti coltivatori ed a danno della biodiversità.
La carne “coltivata”, se prenderà il sopravvento nel mercato alimentare, aumenterà la separazione fra l’essere umano e la natura. Il rischio è quello di un sistema economico dove la produzione di cibo non avrà più bisogno della terra, degli animali, dell’esperienza antica degli agricoltori e non più espressione dei molteplici sapori dei territori. Per produrre, in sostituzione, alimenti di sintesi, creati in stabilimenti e laboratori tecno-industriali, in serie, standard ed uniformati.
Il rischio che deve essere evitato è che il cibo, arte, tradizione, patrimonio culturale dell’umanità, possa diventare invece patrimonio tecno-economico di un ristretto numero di azionisti globali.
Claudio Toffalini

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it

Giorgio Massignan
22/04/2023 at 11:34
E’ probabile che i grossi investimenti fatti per la produzione della cosiddetta carte sintetica abbiano l’obiettivo di controllare la produzione ed il commercio delle carni, così come sta avvenendo con le sementi OGM. Ma, personalmente, mi interessa soprattutto l’aspetto relativo alla fine delle torture inflitte agli animali negli allevamenti intensivi, nei trasporti e nei macelli. Le sofferenze, le paure e lo stress che subiscono questi poveri animali, potrebbero terminare, e questo per me è sufficiente per sostenere l’introduzione della carne sintetica. Per quanto riguarda i valori della tradizione, voglio ricordare come erano trattati gli animali nelle fattorie del passato: cani da guardia legati a corte catene e soppressi brutalmente quando invecchiavano, bovini chiusi per tutta la loro vita in stretti box nelle stalle, la macellazione senza scrupoli degli animali da cortile e dei cuccioli di ovini, caprini e bovini, per concludere con la festa dell’intera comunità durante l’uccisione del maiale, spesso inseguito e colpito con pesanti mazze di ferro. Ho ancora nelle mente le urla delle povere bestie durante quelle mattanze. No, non vorrei proprio tornare a quei tempi.
Giorgio Montolli
22/04/2023 at 11:50
Concordo con Giorgio Massignan. Il tempo di transizione verso il sintetico dovrebbe essere impiegato tra l’altro per provvedere a regolarne il futuro commercio. Parlando di cibo si dovrebbe allora pensare a come distribuirlo secondo il criterio del massimo bene possibile per il maggior numero di persone, compreso chi oggi muore di fame. Temo invece che si proseguirà secondo le logiche dell’attuale mercato, nella direzione del massimo guadagno per pochi. C’è una grande ipocrisia quando si dice che la carne sintetica risolverà i problemi di chi oggi fatica a nutrirsi.
Claudio Toffalini
23/04/2023 at 15:09
Ben venga la carne “coltivata” se aiuterà l’umanità tutta (animali compresi) a vivere meglio. Ma non facciamoci illusioni. La fame nel mondo non sarà risolta (ha ben altre cause) e la sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi lo stesso. Il neo-liberismo governato dai cosiddetti azionisti globali, utilizza la scienza ed il progresso tecnologico con finalità diverse da quelle che tu ed io possiamo avere.