Si continua a programmare la realizzazione di nuove costruzioni, non per necessità, ma per soddisfare gli interessi dei due gruppi sociali che detengono e gestiscono il potere: quello dei politici e quello degli affaristi e a questi due se n’è aggiunto un terzo, il più pericoloso, quello della mafia.
Meccanismi di formazione degli strumenti urbanistici.
Il meccanismo di formazione degli strumenti urbanistici è molto chiaro: il rapporto tra il fattore politico-amministrativo e quello economico-affaristico, dà come prodotto la pianificazione del territorio.
Lo strumento del Piano Regolatore è stato molto spesso utilizzato per onorare le promesse fatte in periodo di consultazioni elettorali e/o per consolidare i disegni della speculazione.
In non pochi casi, il ruolo del professionista e/o del progettista, connesso alle segreterie dei partiti politici, fungeva da tramite tra il fattore politico-amministrativo e quello economico per ottenere come prodotto finale la destinazione d’uso del suolo.
Il ruolo degli urbanisti, in questi casi, è stato quello di giustificare tecnicamente le scelte dettate dalla speculazione edilizia. E gli strumenti urbanistici, molto spesso, sono stati e lo sono ancora, le piattaforme tecniche che la giustificano e notificano.
I meccanismi di gestione del territorio
Gli amministratori politici e gli investitori privati hanno spesso preferito un sistema di pianificazione territoriale basato su un meccanismo discrezionale e decisionale, in modo da escludere coloro che non rientrano tra “gli amici” e operando un duro ostruzionismo nei confronti di ogni forma di urbanistica partecipata, dove le scelte d’uso del territorio possono essere definite attraverso consultazioni e passaggi democratici con esponenti della società civile. Tutto ciò ha facilitato l’inserimento di soggetti legati alle mafie.
La stessa legislazione italiana, per facilitare lo sviluppo dell’edilizia e favorire gli imprenditori del settore, non ha mai prodotto leggi adeguate sul consumo del suolo e sull’impermeabilità degli strumenti urbanistici rispetto agli interessi economici e politici di chi detiene il potere.
Questo tipo di pianificazione, oltre che finalizzata alla produzione di forti guadagni speculativi, è anche il prodotto di una cattiva cultura urbanistica e di una mancata attenzione all’equilibrio ed alla salute del territorio.
Dal secondo dopoguerra, l’uso del suolo ha rappresentato il settore più redditizio per gli investimenti economici. L’edilizia e la conseguente cementificazione del suolo è stata per decenni la locomotiva dell’economia italiana.
A scala nazionale si è costruito tantissimo e il terreno è stato impermeabilizzato per una percentuale che si avvicina all’8%, con la Lombardia, il Veneto e la Campania che variano dall’11% al 13%.
L’equilibrio idrogeologico del territorio è stato pesantemente danneggiato da interventi sbagliati e non idonei, che hanno violentato le caratteristiche naturali dei luoghi interessati.
Non sono stati analizzati adeguatamente i bisogni della collettività e non si sono trovate le relative risposte offerte dal territorio, ma si è scelto di costruire e/o ristrutturare tanti agglomerati edilizi, spesso monofunzionali, unicamente sulla base del valore immobiliare e della rendita economica.
Le conseguenze sull’ambiente
I risultati li abbiamo sotto i nostri occhi tutti i giorni: inquinamento, carenza di aree verdi, città concentriche con grossi problemi di traffico e con un consumo di suolo che ha ridotto, ed in molti casi annullato, il rapporto città/campagna, riunendo le sfrangiature periferiche del tessuto urbano cittadino con i borghi rurali esterni.
Le infiltrazioni mafiose nel meccanismo di gestione del territorio
Con la crisi dei partiti e di conseguenza del potere pubblico nelle scelte d’uso del territorio, nella pianificazione urbanistica ha assunto una grande importanza il ruolo dell’investitore privato.
Nel meccanismo che determina le scelte urbanistiche, si è radicalmente modificato il rapporto tra i due fattori. Quello politico-amministrativo si è dimostrato, o forse ha voluto dimostrarsi, incapace di controllare quello economico-affaristico, diventando succube dello stesso.
Così, il fattore economico ha preso il sopravvento, gestendo e/o creando direttamente i soggetti politici.
Non di rado, le Pubbliche Amministrazioni hanno delegato e delegano agli investitori privati le scelte d’uso del territorio.
In questo totale cambiamento del rapporto tra politica ed economia, con la relativa disgregazione dell’istituto del partito politico, le organizzazioni mafiose, strutturate come vere e proprie aziende, sono penetrate sia nel fattore politico, avvicinando e controllando parecchie personalità, che in quello economico.
La mafia ha trovato nella stesura dei piani regolatori e nella successiva attività edilizia, un modo perfetto per condizionare i politici e gli amministratori pubblici.
Da sottolineare come le infiltrazioni mafiose siano state agevolate dal metodo utilizzato dalle Pubbliche Amministrazioni di pianificare il territorio, che hanno sempre evitato ogni forma di urbanistica partecipata.
Così, quello che dovrebbe essere il più importante passaggio amministrativo di un Comune, dove si progetta il futuro economico e sociale del territorio amministrato, è ridotto ad un atto burocratico per giustificare e legalizzare scelte ispirate dalle “manifestazioni di interesse” degli investitori privati.
Investitori che possono essere le stesse mafie.
Con questa logica, la progettazione della città, anziché ricercare il bene collettivo, si basa sul valore economico delle destinazioni d’uso delle aree e degli immobili da realizzare e/o riconvertire.
Ma perché questo meccanismo possa funzionare sono necessari, oltre alla corruttibilità degli amministratori e alla disponibilità di professionisti e imprenditori locali, contesti politico-sociali in cui gli interessi personali prevalgano su quelli pubblici e dove sia assente la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte d’uso del territorio, e quindi il controllo democratico.
La mafia al nord, non significa mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e quello finanziario.
Il metodo delle mafie per infiltrarsi nelle scelte amministrative
Il metodo usato dalle mafie per infiltrarsi è noto: dapprima, attraverso professionisti, “puliti” e senza scrupoli, imbastiscono relazioni commerciali con alcuni soggetti influenti della città, quali politici, amministratori e operatori economici; quindi, grazie alla grande disponibilità di denaro di dubbia provenienza, arrivano a gestire gradualmente le scelte relative alla rendita fondiaria.
Nel tempo, tra i rappresentanti incensurati della mafia e gli operatori politici ed economici dei territori interessati, si costruiscono relazioni, scambi, vincoli di fiducia, obblighi e favori reciproci.
L’edilizia e l’urbanistica, grazie alla possibilità di grossi guadagni e di riciclaggio di denaro sporco, risultano il terreno fertile per le operazioni della cosiddetta malavita organizzata, che arriva a controllare le scelte urbanistiche nella stessa fase di formazione degli strumenti di pianificazione.
Gli effetti del controllo della pianificazione da parte delle mafie
A differenza del passato, la mafia non agisce con opere abusive, contando su sanatorie e condoni, ma “suggerendo” le destinazioni d’uso durante la stesura dei Piani Regolatori, legittimando in tal modo scelte urbanistiche ed edilizie a loro più vantaggiose e acquisendo diritti che nessuno potrà bloccare.
Con questo sistema, la pianificazione del territorio, anziché essere attenta alla tutela delle risorse comuni ed a preservare il suolo, viene adattata alle esigenze di coloro che, grazie alla correità di politici e amministratori pubblici corrotti, hanno interessi diversi e alternativi a quelli della collettività.
In questo modo, le mafie non costruiscono nulla di abusivo, ma tutto è realizzato secondo le norme urbanistiche ed edilizie approvate.
Gli interessi mafiosi sulla gestione della città si confondono con le altre speculazioni edilizie del mercato legale e con gli effetti di una pianificazione ispirata dalle richieste degli investitori privati, incuranti dell’interesse comune e asservite al profitto immobiliare.
In questi casi, gli amministratori non collusi e i tecnici che si oppongono alle illegalità, sono emarginati o spostati, per non ostacolare quel particolare meccanismo di pianificazione.
All’arricchimento delle imprese mafiose, ne consegue l’inquinamento del tessuto sociale ed economico del contesto in cui operano.
Le stesse commissioni di controllo, sono costituite in maggioranza da membri scelti dai partiti politici al potere e, se questi sono collusi, anche i controlli vengono resi inefficaci.
Da tenere presente che le mafie ben si adattano alle diverse condizioni dei contesti in cui intervengono, proprio con lo scopo di infiltrarsi e colludere con le istituzioni locali.
Le contropartite offerte ai soggetti pubblici corrotti
Le organizzazioni criminali, come contropartita al controllo della pianificazione territoriale, sono in grado di offrire ai politici ed agli amministratori corruttibili soldi, clientele, gruppi di elettori, bacini di consenso del territorio e il condizionamento del voto.
Così, se nel passato erano i rappresentanti della criminalità organizzata che cercavano gli amministratori per fare affari, ora sono i politici a rivolgersi agli esponenti in doppio petto delle mafie per garantirsi voti, sicurezza politica e soldi.Sono ben consapevoli che conviene alla loro carriera contare sul sostegno elettorale della stessa criminalità organizzata.
Il riciclo del denaro sporco e le finte vendite immobiliari
Le risorse finanziarie ottenute con metodi malavitosi e immesse nel settore edilizio dai professionisti e dai consulenti collusi con le mafie, ottengono un secondo vantaggio: la possibilità di riciclare il denaro sporco in attività che rispettano le regole vigenti, sottoscrivendo accordi pubblici-privati e convenzioni urbanistiche formalmente corrette, che non svelano il malaffare nascosto.
Ma risulta indispensabile che nelle operazioni di riciclaggio operino imprenditori compiacenti e insospettabili.
Esistono vari modi per ripulire il denaro proveniente da operazioni illecite; uno dei principali è quello della finta vendita di immobili: un’organizzazione criminale acquista un immobile ad un valore molto più basso rispetto la somma da riciclare. In seguito l’immobile è venduto ad un compratore compiacente al prezzo della somma da riciclare, che è maggiore rispetto al prezzo iniziale dell’edificio.
L’acquirente compiacente paga con un bonifico bancario e contemporaneamente riceve dall’organizzazione criminale, in denaro liquido, la differenza tra il prezzo reale di mercato e quello che ha corrisposto all’organizzazione. La convenienza per entrambi i soggetti, può spiegare anche l’eventuale non utilizzo immediato dell’edificio.
Queste operazioni potrebbero giustificare la pianificazione e la costruzione di nuovi immobili, residenziali, direzionali, alberghieri e commerciali, nonostante vi siano migliaia di appartamenti, capannoni e uffici vuoti e sfitti.
La finta crescita economica
In Italia si stima sui 200 miliardi, equivalenti a un sesto del PIL nazionale, il denaro sporco riciclato.
È comunque possibile intuire quando la pianificazione di una città è stata, in qualche modo, influenzata da soggetti estranei che considerano gli strumenti urbanistici e l’uso del territorio solo delle opportunità per rispondere ai propri interessi.
Per esempio: se durante una situazione urbanistica con un eccesso di patrimonio edilizio non o sottoutilizzato, i nuovi strumenti di piano prevedono molti nuovi mc di costruito e/o di ristrutturato con destinazioni d’uso non idonee ai bisogni della città, qualche cosa non funziona.
Sorgono spontanee due domande
1)Perché investire milioni di euro in residenze, centri commerciali, direzionali e alberghieri, quando il territorio non ne sente la necessità? Non siamo più negli anni ’50, non abbiamo bisogno di ricostruire la nazione.
2) Chi ha ancora convenienza ad investire cifre molto alte nel settore edilizio, dove spesso l’offerta è superiore alla domanda?
Sarebbe anche da valutare la tipologia degli investitori e andrebbe appurato attentamente il consueto allungamento della filiera in edilizia, con una serie lunghissima di subappalti, dove ogni passaggio potrebbe essere a rischio di infiltrazione mafiosa.
Conclusione
Senza la connivenza di qualche politico, imprenditore e professionista locale, le mafie non possono infiltrarsi.

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
