Il tragico naufragio di Cutro in Calabria non è stato un caso fortuito ed isolato. Altri ce ne sono stati nel passato ed altri ne avverranno, sotto i governi di ogni colore politico.
Le probabilità che una carretta galleggiante non riesca a sostenere il mare grosso sono molto elevate. Così come un gommone sovraccarico si sgonfi dopo poche miglia dalla costa, o col motore in avaria rimanga sperduto e relitto in mezzo al mare. Oppure come a Cutro dove un caicco, pur in discrete condizioni, ma guidato da scafisti improvvidi ed incoscienti, si sfasci su una secca a un centinaio di metri dalla riva. Tuttavia, nel caso specifico, forse c’è stata una sottovalutazione della reale criticità e situazione di pericolo delle persone sulla barca.
Ormai sono note le diverse dinamiche delle traversate via mare dei migranti. Dalla Libia sono lasciati partire gommoni stracarichi provvidenzialmente soccorsi da navi Ong. Dalla Tunisia invece, con il mare calmo, partono barchini che in poche ore arrivano autonomamente e senza preavviso in porto a Lampedusa.
Dalla Turchia arrivano barche più strutturate e pescherecci che attraversano il mare Egeo, filtrando tra le isole greche, che nessuno vede o tutti fingono di non vedere, che tanto il loro obiettivo è l’Italia. Queste barche, come è successo a Cutro, non lanciano segnali di soccorso, cercano di non farsi riconoscere e non puntano verso l’attracco in un porto, ma verso spiagge isolate, con rischio enorme al momento dello sbarco dei migranti. Peraltro agli scafisti nulla interessa del loro “carico” umano, più importante è dileguarsi dopo lo sbarco cercando di sfuggire ai controlli di polizia.
Che fare? Aumentare i flussi di immigrati regolari si reclama a sinistra, “non lasciamoli partire” si ribatte a destra. Entrambe le posizioni hanno una loro logica, ma forse nella foga della contrapposizione politica ci si dimentica sia della complessità del problema, che delle cause profonde dei fenomeni migratori.
Aumentare i flussi regolari è giusto, ma sempre del tutto insufficiente rispetto al numero di potenziali migranti che premono per arrivare in Italia ed in Europa. In ogni caso continueranno i viaggi per mare della disperazione, con il loro carico di naufragi e di morti. Ed il non lasciamoli partire è pura illusione, considerato che dall’altra parte del mare ci sono autocrazie, che quando va bene non collaborano, che giocano politicamente sulla pelle dei migranti, o li sfruttano schiavizzandoli in veri e propri lager.
Ma sono le cause profonde dei fenomeni migratori che non vengono affrontate seriamente a livello politico e raramente nei media. Eppure le migrazioni hanno da sempre origine da politiche economiche di sfruttamento e di guerra. Ci sembra naturale accogliere gli ucraini che scappano dalla loro terra invasa dalla Russia, ma non avremmo profughi provenienti dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Iraq, dal Kurdistan, se tali Paesi non fossero stati destabilizzati, bombardati e ridotti in macerie da potenze occidentali alle quali l’Italia si fregia di appartenere.
Poi c’è tutta la migrazione che parte dal continente africano, dove gli innumerevoli conflitti locali, di cui poco si parla, e l’impoverimento indotto, sono legati a interessi economici e politici occidentali, Italia inclusa, ma anche di Russia e Cina, finalizzati all’accaparramento delle materie prime siano esse petrolio, gas o terre rare.
Per fermare i naufragi in mare dei migranti è velleitario pensare che basti aumentare i flussi legali e illusorio credere di poter impedire le partenze. Migrare più che un diritto è una tragedia, e prima del diritto a migrare sarebbe da garantire il diritto a non dover migrare.
Magari bisognerebbe, prima di tutto, non esportare più armi, e tentare di riequilibrare le disuguaglianze economiche, redistribuendo redditi e ricchezze. Devono però cambiare le politiche economiche, le stesse peraltro che sono alla base dell’emigrazione anche di tanti giovani italiani che cercano all’estero maggiori opportunità. Le stesse politiche che consentono l’accumulo di spropositate ricchezze finanziarie in poche mani, che rendono precario e povero il lavoro, che tagliano i fondi alla sanità, che stanno rendendo il nostro pianeta sempre meno ospitale per l’inquinamento delle acque, dell’aria e del riscaldamento globale.
Sarà difficilissimo ed al limite dell’utopia. Ma se non partiamo da qui, continueremo a contare i naufragi e raccogliere annegati in fondo al mare.
Claudio Toffalini

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it

Gianni
10/03/2023 at 17:11
Grazie per l’articolo che con una sintesi ammirevole spiega il fenomeno migratorio.