Gli strumenti dell’urbanistica molto spesso sono stati, e sono ancora, le piattaforme tecniche che giustificano e notificano la speculazione edilizia.
In non pochi casi il ruolo del professionista e/o del progettista, connesso alle segreterie dei partiti politici, fungeva da tramite tra il fattore politico-amministrativo e quello economico per ottenere come prodotto finale la destinazione d’uso del territorio. Negli ultimi decenni, non di rado, in questo rapporto si è infiltrata la criminalità organizzata.
Gli amministratori politici e gli investitori privati preferendo un sistema di pianificazione territoriale basata su un meccanismo discrezionale e decisionale – che escludeva tutti coloro che non rientravano tra “gli amici”, operando un duro ostruzionismo nei confronti di ogni forma di urbanistica partecipata – ha facilitato l’inserimento di soggetti legati alle mafie.
La stessa legislazione italiana, per facilitare lo sviluppo dell’edilizia e favorire gli imprenditori del settore, non ha mai prodotto leggi adeguate sul consumo del suolo e sull’impermeabilità degli strumenti urbanistici rispetto agli interessi economici e politici di chi deteneva il potere ed ai soggetti interessati unicamente a speculare.
Tutto questo ha rappresentato un facile terreno di conquista per la criminalità organizzata, che ha trovato nella stesura dei piani regolatori e nella successiva attività edilizia, un modo perfetto per condizionare i politici e gli amministratori pubblici.
Per soddisfare gli interessi dei due gruppi sociali che detengono e gestiscono il potere, quello dei politici e quello degli affaristi, si è continuato e si continua a programmare la realizzazione e/o la ristrutturazione di nuovi complessi edilizi, conferendo loro le destinazioni d’uso più redditizie, anche se non le più necessarie per la collettività.
Ma, ai due fattori se n’è aggiunto un terzo, il più pericoloso, quello della malavita organizzata.
Con la crisi dei partiti e del loro potere nelle amministrazioni, il ruolo dell’investitore privato ha assunto una grande importanza nella pianificazione territoriale.
Il fattore politico si è dimostrato incapace di controllare quello economico, diventando succube dello stesso. Così, il fattore economico ha preso il sopravvento, gestendo e/o creando direttamente i soggetti politici.
In questo totale cambiamento del rapporto tra politica ed economia, con la relativa disgregazione dell’istituto del partito politico, le organizzazioni criminali, strutturate come vere e proprie aziende, sono penetrate sia nel mondo politico, avvicinando e controllando parecchie personalità, che in quello economico, intervenendo attraverso professionisti incensurati e/o prestanome, che portano denaro liquido da investire in operazioni edilizie.
Le infiltrazioni mafiose al nord non significano mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e finanziario per influenzare le scelte d’uso del territorio.
A differenza del passato le mafie non agiscono con opere abusive, contando su sanatorie e condoni, ma “suggerendo” le destinazioni d’uso durante la stesura dei Piani Regolatori, legittimando in tal modo scelte urbanistiche ed edilizie a loro più vantaggiose e acquisendo diritti che nessuno potrà bloccare. In questo modo, le mafie non costruiscono nulla di abusivo, ma tutto è realizzato secondo le norme urbanistiche ed edilizie approvate.
Gli amministratori non collusi e i tecnici che si oppongono alle illegalità sono emarginati o spostati.
Le mafie sono in grado di offrire ai politici ed agli amministratori corruttibili soldi, clientele, gruppi di elettori e bacini di consenso del territorio, condizionandone il voto.
Se nel passato erano i rappresentanti della criminalità organizzata che cercavano gli amministratori per fare affari, ora sono i politici a rivolgersi agli esponenti in doppio petto delle mafie per garantirsi voti, carriera politica e soldi.
Ma perché questo meccanismo possa funzionare, sono necessari: la corruttibilità degli amministratori; la disponibilità di professionisti e imprenditori locali; contesti politico-sociali in cui gli interessi personali prevalgono su quelli pubblici e infine che la pianificazione sia realizzata al chiuso di quattro mura da operatori compiacenti. Inoltre, risulta indispensabile che la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte d’uso del territorio e quindi il relativo controllo democratico, siano assenti.
Con questo sistema, le imprese mafiose riciclano il denaro sporco, si arricchiscono, inquinando il tessuto sociale, politico, economico e ambientale del contesto in cui operano e devastano il territorio.
Giorgio Massignan
VeronaPolis

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
