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Veneto e autonomia, la propaganda prima della delusione

L’Autonomia differenziata è caratterizzato da passaggi complessi che richiedono impegno, capacità di progettazione e compartecipazione finanziaria

L’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri del DdL sull’Autonomia regionale differenziata, presentato dal ministro Roberto Calderoli, ha dato luogo, in Veneto, a un’esplosione di propaganda che, al seguito di Luca Zaia e della sua giunta, ha visto schierata gran parte della stampa regionale.

Un giudizio del tutto esagerato, di segno corporativo che, confrontato con la realtà, è destinato a procurare ai cittadini veneti una ennesima delusione di cui non hanno proprio bisogno.

È noto che questa decisione, rivendicata con forza dalla Lega, è considerata con molte perplessità dagli altri due partiti della maggioranza, perché contraddittoria con altre rivendicazioni come il Presidenzialismo e soprattutto perché la sua approvazione è subordinata a tanti e tali problemi che la rendono del tutto incerta.

In linea di principio non esiste alcun problema da parte dell’opposizione, perché la riforma dell’autonomia è scritta in Costituzione all’art. 116 comma terzo, e approvata da ben 22 anni, per iniziativa del governo Amato II di centrosinistra e confermata da un successivo referendum.

Sarebbe perciò utile interrogarsi su un ritardo così ampio, non riconducibile alla sola precarietà dei governi successivi o alla pandemia. L’attuazione di detto articolo 116 comma terzo si propone oggi attraverso due interventi:

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1. la determinazione dei LEP (Livelli essenziali delle prestazioni), previsti dall’art, 117 della Costituzione, definita da una cabina di regia composta da tutti i ministri interessati che, sulla base della spesa storica dell’ultimo triennio, dovrà definire, entro un anno. LEP, concernenti i diritti civili e sociali relativi alle 23 materie individuate con i relativi costi, che dovranno essere garantiti su tutto il territorio nazionale tramite uno o più decreti del Presidente di Consiglio.

2. la presentazione alle Camere di un disegno di legge per l’attuazione dell’art. 116 terzo comma della Costituzione. Il DdL Calderoli nasce da una precisa volontà della Lega di utilizzare il tema dell’autonomia anche per cercare di recuperare il forte calo elettorale registratosi negli ultimi tempi.

La realizzazione dei Led rappresenta la premessa per evitare che l’Autonomia differenziata acuisca le differenze storiche tra Nord e Sud nel Paese, e  quindi dovrebbe rappresentare la premessa per una corretta applicazione della riforma. Ciò in termini di tempo ha precise conseguenze e questo dovrebbe allontanare ogni forzatura per introdurre una riforma a vantaggio di una parte,  come invece si sta cercando di fare.

La nomina di Calderoli a ministro degli Affari Regionali si inquadra nella scelta dalla stessa Lega di accelerare il più possibile i tempi di approvazione della riforma, dato che egli, da alcuni decenni, è stato tra i pochi che ha approfondito e sperimentato il funzionamento dei regolamenti parlamentari.

Con questo intento è stato predisposto il testo del DdL e, sia nel suo percorso di approvazione che nelle scelte quotidiane, sta spingendo in ogni modo per bruciare i tempi. Lo stesso, recente passaggio del DdL nel Consiglio dei ministri, del tutto intempestivo, si inquadra in questo contesto, e serve soltanto a fini elettorali in Lombardia e Lazio.

Ma fin d’ora, nel DdL Calderoli emergono alcuni problemi di natura procedurale ed economica che saranno determinanti dei tempi e dell’esito del provvedimento. In tutte le tappe del percorso previsto i confronti e i negoziati avvengono tra il governo e la Regione interessata, con il parere richiesto alla Conferenza unificata delle Regioni. Il Parlamento è chiamato in causa solo a intesa raggiunta e può esprimere osservazioni con atti di indirizzo che saranno valutati dalle parti prima di emettere il testo definitivo.

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Alcune forze politiche ritengono che il ruolo del Parlamento, dati i problemi chiamati in causa nei negoziati, dovrebbe essere più decisivo, in modo che alle Regioni non vengono traferite intere materie ma solo singole funzioni.

L’altro rilevante problema è costituito dal finanziamento delle due suddette parti, cioè i Led e il trasferimento delle funzioni concordate. Il DdL prevede che siano definite da una Commissione paritetica Stato-Regione attraverso la compartecipazione regionale tramite uno o più tributi.

Come si può constatare, il processo di Autonomia differenziata è caratterizzato da una pluralità di scelte e passaggi complessi, che richiedono impegno e capacità di progettazione e compartecipazione finanziaria. L’esatto contrario delle rivendicazioni semplificatrici e corporative, di cui la Lega e Zaia rappresentano alcuni dei  principali alfieri.

Luigi Viviani

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Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

1 Comment

1 Comment

  1. Marcello Toffalini

    11/02/2023 at 10:54

    L’autonomia differenziata non può ridursi ad uno spazio di libera autonomia riservato alle Regioni e può diventare invece capacità di servizio regionalmente applicata, ma a condizione che siano preservati i L.E.P. (livelli essenziali delle prestazioni) ed i tempi massimi di approccio ad analisi ed indagini mediche in tutte le Regioni: livelli e tempi da stabilire in Parlamento prima di ogni negoziato, ed ovviamente non per decreto. Altrimenti si darebbe corso ad un’autonomia anomala che privilegerebbe di fatto alcune Regioni sulle altre, e sarebbe sicuramente incostituzionale.

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