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Politica

Il Partito Democratico a Verona va di male in peggio

Nel PD locale le correnti prevalgono sull’interesse del partito e le elezioni dei parlamentari sono più importanti dei circoli che dovrebbero chiedere una procedura di elezione dei dirigenti più democratica

Partito Democratico

A Verona nei giorni scorsi la stampa ha riportato la notizia che il Partito Democratico a Verona, in pieno congresso nazionale, ha raggiunto un’intesa per una nuovo gruppo dirigente provinciale unitario indicando i nomi di colui che sarà il nuovo segretario provinciale e colei che sarà la prossima segretaria cittadina.

Per la verità non si tratta di una scelta nuova, essendo entrambi i prescelti dirigenti di lungo corso del Pd veronese, ma ciò che più impressiona è il modo sprezzante e burocratico, incurante di ogni correttezza democratica, e del rispetto dei dirigenti in carica e degli iscritti.

Per rendersi conto di come tale giudizio severo sia motivato, e per certi aspetti anche moderato rispetto ai fatti, basta ripercorrere le tappe fondamentali della storia del Pd veronese.

Nato come intesa tra i due precedenti partiti dei Ds e Margherita, a Verona la logica di corrente ha sempre avuto il sopravvento sull’interesse del partito, per cui sono state più importanti le elezioni dei parlamentari che lo sviluppo della vita dei circoli e degli organismi di partito.

Questo spiega come, tramite l’azione delle correnti e la legge elettorale Rosatellum, che sancisce l’elezione in base al posto occupato nella lista, il Pd veronese ha avuto per almeno due legislature (10 anni) ben quattro parlamentari, un numero del tutto sproporzionato alla reale consistenza del partito.

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Tutto ciò ha determinato uno squilibrio tra attività dei parlamentari e azione del partito, ridotto, nei momenti di normalità, più o meno allo stato di sopravvivenza. La conseguenza è stato un progressivo calo degli iscritti e una ridotta presenza del Pd nel dibattito e nella vita politica provinciale.

Nel congresso provinciale all’inizio del 2008 si determinò una spaccatura non risolta per cui, per quasi due anni, il partito fu lasciato allo sbando. Venne nominato Commissario l’onorevole Emanuele Fiano, che non si fece mai vedere, fino a quando i quattro parlamentari, bontà loro, si riunirono e trovarono un’intesa con la nomina di Maurizio Facincani segretario e un direttivo provinciale di maggioranza diversa.

Partito Democratico

Mentre il segretario ha cercato di fare in possibile in un contesto di precarietà permanente, il partito non è mai riuscito a raggiungere un livello accettabile di funzionamento.

Dopo l’esito negativo nelle elezioni comunali del 2008, nelle quali il Pd non riuscì nemmeno ad arrivare al ballottaggio, il partito continuò a navigare ai margini della politica veronese irrigidendosi nella logica correntizia.

Arriviamo così alle elezioni comunali del 2022, dove il Pd non ha un candidato da proporre e si decide di candidare Damiano Tommasi, noto presidente dell’Associazione dei calciatori, in rappresentanza di una coalizione di centrosinistra di netta identità civica.

Contrariamente alle previsioni, Tommasi diventa sindaco, a testimonianza degli spazi politici esistenti a Verona che il Pd non ha saputo occupare. Soltanto tre mesi dopo, alle elezioni politiche nazionali, il Pd veronese prese una sonora batosta tanto che, dei quattro parlamentari ricandidati, non viene eletto nessuno.

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Di fronte a un Pd pieno di limiti e troppe volte fuori gioco, , l’occasione del congresso costituente nazionale avrebbe dovuto essere un momento di riflessione e di rinnovamento per uscire dalla crisi che dura da anni per concludersi con un voto degli iscritti per legittimare unitariamente il nuovo segretario.

Invece si è ripercorsa la vecchia via sbagliata dell’accordo che precostituisce una intesa tra le correnti che non ha mai funzionato, e possiede tutti i caratteri per ripetere il medesimo risultato.

Osservata per quello che veramente è, questa intesa avviene in un contesto di crisi del partito, con gli iscritti ormai ridotti al lumicino, che può rendere più facile l’interpretazione del peso reale tra le correnti e quindi più realistici i contenuti dell’accordo.

Ma nella sostanza della vita democratica del partito rimane una scorrettezza nei confronti di chi ha guidato, fra tante difficoltà, il partito fino ad ora e un autentico schiaffo nei confronti degli iscritti che vengono ancora una volta privati della possibilità di un voto libero, che rimane la sostanza del carattere democratico del partito, e che umilia la politica.

Si tratta quindi di uno sfregio che è destinato al condannare il Pd ad una vecchia gestione antidemocratica che disincentiva l’iscrizione e l’impegno politico, esattamente l’opposto di quanto si promette a parole.

Spero quindi che, in particolare da quei circoli che negli ultimi anni hanno continuato ad operare nel partito, in un deserto politico, si faccia sentire la propria voce per rivendicare il ripristino di una procedura di elezione dei dirigenti autenticamente democratica, nella quale il voto sia esercitato in libertà di scelta senza vincoli precostituiti.

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Ne va della effettiva esistenza del Pd e della pratica di una via obbligata per superare l’attuale crisi, a Verona così profonda e grave.

Luigi Viviani

Written By

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

2 Comments

2 Comments

  1. Marcello Toffalini

    04/02/2023 at 16:17

    Concordo con Viviani sul fatto che a Verona la logica di corrente abbia sempre avuto il sopravvento sull’interesse del partito, “per cui sono state più importanti le elezioni dei parlamentari che lo sviluppo della vita dei circoli e degli organismi di partito”, come avvenne purtroppo nel 2008 e stava avvenendo quasi un anno fa quando, finalmente, in assenza di valide candidature comuni si decise per Damiano Tommasi, “in rappresentanza di una coalizione di centrosinistra di netta identità civica”. Prima non ci si poteva pensare? Davvero nei circoli e nelle zone periferiche del Comune e della Provincia erano ritenute così importanti, tra i lavoratori e gli iscritti, le sequele alle tradizionali correnti?
    Già nel mio commento del 9/12/2022 (al precedente articolo di Luigi) ho espresso la necessità che “le due grandi anime del Partito (laico-cattolica e social-comunista) riuscissero ad incontrarsi ed a discutere, al livello popolare (non di vertice), nei quartieri soprattutto (compresi quelli del centro storico), sulla base di temi e di obiettivi largamente condivisi dai cittadini”. E possiamo (dovremmo) farlo ancora, persino su tematiche di rilievo nazionale, in preparazione ai prossimi eventi congressuali.

  2. Maurizio Danzi

    02/02/2023 at 10:40

    È innegabile che il PD abbia avuto negli ultimi 20 anni e più a Verona gravi e continue responsabilità nella vita politica della città. Credo di non aver mai risparmiato accuse dure e dirette, facendo spesso nomi e cognomi. Quindi quanto affermerò è certamente privo di acrimonia, sentimento umano ma che in politica deve essere mediato da una visione complessiva delle cose.

    Penso che la storia della nostra città abbia dimostrato che fuori dal PD – a parte questa esperienza civica che sta conducendo l’Amministrazione Comunale, esperienza ancora tutta da valutare e giudicare –si sia realizzato ben poco. Detto più chiaramente: dal PD si deve ripartire.

    Le modalità iniziali possono essere discusse ma finalmente chi è stato coinvolto non è qualche sottopancia di passaggio ma dirigenti di perso che finalmente si mettono in discussione in prima persona.

    Come militante critico faccio una proposta, la stessa che feci a qualche vassallo anni or sono, non ascoltata e snobbata. Tre direttrici:

    1. Una azione diretta e profonda di dialogo con la società civile (Onlus, Sindacati, organizzazioni territoriali e di quartiere, organizzazioni umanitarie e di accoglienza e altro ancora): sono loro che coordinate devono scrivere l’agenda politica dell’azione quotidiana;

    2. Una scuola politica popolare aperta anche ai non iscritti, perché il futuro sono i giovani e le giovani;

    3. Un giornale Web con caratteristiche identitarie. Perché con la stampa e le televisioni che ci sono a Verona la storia è già scritta

    «La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi». (Albert Eistein).

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