Vangelo di Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Matteo 5, 1-12
«Beati i poveri in spirito… Beati quelli che sono nel pianto… Beati i miti…»
Gli studiosi definiscono questa pagina del Vangelo il “manifesto” di Gesù. È il suo programma per costruire un mondo più giusto e più umano. È la strada che Gesù indica a noi oggi per realizzare il suo sogno.
Ghandi diceva che queste sono “le parole più alte della storia dell’umanità”. Oggi potremmo definire le Beatitudini la “magna charta” del cristianesimo. Potrebbe diventare la “carta costituzionale” del nuovo mondo globalizzato.
È infatti una pagina profondamente laica. Non ha nulla di religioso. Non dice “Beati quelli che vanno in chiesa, che credono in Dio”.
È un messaggio che può essere proposto sia ai credenti sia ai non credenti. Un programma che potrebbe diventare la base per condividere dei valori etici comuni.
Credo che tutti noi, ogni volta che leggiamo questa pagina, pensiamo: è piena di speranza, ma rimane un bel sogno, una utopia. La vita concreta è molto diversa.
In un mondo dove quello che conta è il “dio-denaro”, l’avere sempre di più, c’è ancora spazio per “beati i poveri”?
In una società dove prevale soprattutto chi è “arrogante”, chi urla, chi sgomita, non sembra da ingenui proporre: beati i miti? Chi è che può crederci?
Per rispondere penso che sia importante capire il senso che Gesù voleva dare a queste “Beatitudini”. Gli esegeti ci dicono che la parola “beati” (in greco makàiroi dalla radice karis), può essere tradotta anche con “felici”. Per cui possiamo sostituire “Beati” con “Felici”.
Quindi potremmo dire che il programma di Gesù è che le donne e gli uomini di tutte le culture e di tutte le religioni siano felici. E per realizzare questo ci indica anche la strada che dobbiamo intraprendere.
Le beatitudini non sono un inno alla povertà. Sono invece un inno alla condivisione.
Gesù dice beati i poveri, non dice beata la povertà. Quindi potremmo tradurre: felice tu… non perché sei povero, ma perché cerchi di vivere uno stile di vita sobrio, perché ti accontenti dell’essenziale, perché sai condividere con gli altri quello che hai.
Gesù dice beati coloro che piangono, non dice beata la sofferenza. Gesù non ha mai detto che la sofferenza è un valore. E quando si è trovato di fronte ad un malato, non gli ha mai parlato di rassegnazione. Ha sempre cercato di guarirlo.
Quindi possiamo dire: sarai felice… non se soffri, ma se incontrerai qualcuno che si prenderà cura di te, e se tu non rimarrai indifferente di fronte a chi soffre.
Beati i miti, non vuol dire beato tu se ti lascerai prendere in giro dagli arroganti, ma se la tua unica vera forza sarà la nonviolenza. Essere mite non vuol dire essere un buonista. Vuol dire invece saper rispondere all’odio e alla violenza non con la vendetta, ma con la misericordia e il perdono.
Ma è veramente possibile realizzare questo “mondo nuovo”?
Ricordiamoci che Gesù non dice: Beato, al singolare, ma Beati – Felici… al plurale. Cioè, solo camminando assieme, sarà possibile realizzare un mondo più umano.
Le beatitudini, da utopia, da sogno, possono diventare realtà, soltanto se impariamo a camminare tenendoci per mano gli uni gli altri.
Don Roberto Vinco
Domenica 29 gennaio 2023
Le beatitudini: come rimanere umani in tempi disumani
Il progetto di Gesù è la strada della vera felicità.

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
