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Ambiente

Il traforo del Garda, quando la politica trascura il futuro

Mentre per i sindaci dei territori interessati il tunnel servirebbe a rendere più agevole la mobilità, per gli oppositori questa scelta avrebbe effetti di ulteriore incremento del traffico in tutto il sistema

Lago di Garda, Malcesine
Lago di Garda

Quando non affronta i problemi nella loro concreta realtà, la politica corre il rischio di appassionarsi a idee strane, che danno l’impressione di recare qualche miglioramento, ma che spesso determinano effetti in direzione opposta.

È il caso della proposta dei scavare un tunnel sotto il Monte Baldo per collegare il Trentino e l’Alto Veneto più direttamente al lago di Garda. Si partirebbe dai pressi della stazione di Avio dell’Autobrennero per raggiungere il Lago di Garda tra Brenzone e Malcesine, attraverso una galleria a due canne lunga circa 12 chilometri, che costerebbe circa 1 miliardo di euro, attualmente non disponibili.

Un progetto pensato oltre quarant’anni fa, che periodicamente viene riproposto, in genere dai sindaci dei Comuni direttamente coinvolti e dalle due Regioni di Trentino e Veneto, che , con questo nuovo percorso vedono il Garda più vicino e facilmente raggiungibile.

Tuttavia, anche oggi, devono scontrarsi con una diffusa opposizione che vede in prima linea diverse associazioni ambientaliste della zona, una  parte  tra le forze politiche che hanno trovato espressione in una serie di rilievi critici da parte della ex ministra Mariastella Gelmini, attualmente di Azione e presidente della Comunità del Garda, per la quale sarebbe necessaria una riconsiderazione dell’intero sistema di traffico della zona, con la possibilità di avviare anche una  metropolitana sull’acqua.

Mentre per i sindaci il tunnel servirebbe a rendere più agevole la mobilità per e dal lago di Garda, per gli oppositori questa scelta avrebbe effetti di ulteriore incremento del traffico in tutto il sistema del Garda già ampiamente saturo nell’alta stagione turistica tanto che, negli ultimi tempi, sono stati intensificati i controlli del traffico, con un forte aumento delle multe.

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Va tenuto presente che la riviera veneta e trentina del Lago rappresenta una stretta fascia di territorio addossata in gran parte ai monti circostanti pre cui un eccesso di mobilità rimane un elemento di forte turbativa rispetto all’esigenza di soggiorni turistici di qualità, che questo territorio vuol continuare a offrire.

In definitiva, la scelta del traforo consentirebbe forse una più agevole mobilità per qualche periodo, con un prevedibile effetto futuro di maggior intralcio del traffico e di un deterioramento della qualità dell’offerta turistica del lago.

Una scelta che nasce sulla spinta di un entusiasmo immediato e superficiale e che può correre il serio rischio di trasformarsi in un atto di violenza su una particolare realtà territoriale, e che può condizionare in modo irreversibile il suo futuro. Un caso classico del modo di decidere della politica che guarda all’interesse immediato, spesso considerato superficialmente, e trascura gli inevitabili effetti futuri che poi lo stesso territorio dovrà inevitabilmente pagare. Una modalità di decisione politica oggi piuttosto diffuso, ma che trova a Verona una applicazione particolarmente frequente, sulla quale è opportuna qualche considerazione.

Se osserviamo la politica veronese degli ultimi decenni, ci accorgiamo che, in questo periodo, essa si è interessata di tante cose particolari, di tanti problemi del momento, trascurando però la scelta più importante, quella di pensare e realizzare, con lungimiranza e responsabilità, un futuro di migliore qualità del nostro territorio.

Ritornando al passato, dopo l’avvio del miracolo economico degli anni 60-70 non si è pesato di irrobustire la qualità dello sviluppo con l’innovazione e la crescita del capitale umano ed abbiamo subito una deindustrializzazione che stiamo ancora pagando.

Avevamo due banche locali sviluppate che alimentavano gli investimenti locali e le abbiamo progressivamente perdute per carenza di strategia ed errori nelle alleanze. Il nostro patrimonio artistico culturale risulta ancora largamente sottoutilizzato sia nel completamento del sistema museale, che nella valorizzazione di diversi monumenti per cui manteniamo un’offerta turistica inferiore alle possibilità. Finora, in questo campo, quasi sempre non siamo andati oltre la vendita di monumenti tramite confusi spezzatini di usi multipli che hanno eliminato la loro identità storica (Arsenale).

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Pur essendo, per vocazione naturale, un territorio di relazione tra l’Italia e l’Europa, grazie spesso alla prevalenza di un populismo chiuso ed egoistico, abbiamo trascurato il nostro rapporto con l’Europa e in particolare con la Germania, che rappresenta una nostra fondamentale direttrice di sviluppo, come, nonostante tutto, dimostra la nostra crescita nella logistica.

Come si può osservare, tra politica e territorio rimangono aperti, e non adeguatamente affrontati, una serie di problemi strategici che saranno determinanti per il futuro. Riuscirà l’Amministrazione Tommasi a incominciare ad affrontarne alcuni, per lasciare un segno rilevante sulla Verona di domani?

Luigi Viviani

Written By

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

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