Vangelo di Giovanni
In quel tempo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale io ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua perché egli fosse fatto manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua, mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”. Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli. Giovanni 1, 29-34
«Ecco l’agnello di Dio… Ho contemplato lo Spirito scendere come una colomba».
Giovanni Battista ci presenta Gesù come un “agnello” e ci parla dello Spirito con l’immagine di una “colomba”. Possiamo considerare questo piccolo brano come l’elogio del Dio della tenerezza. Infatti sia l’agnello, sia la colomba sono simboli della tenerezza, della semplicità.
Nella Bibbia troviamo spesso la simbologia degli animali: il serpente (inganno), il leone (coraggio), l’aquila (vola in alto), la chioccia e i pulcini (affetto materno), ecc.
Qual è il significato di questi simboli?
Forse anche per tanti di noi il vero problema non è quello di credere in Dio, ma in quale Dio crediamo. Padre Turoldo diceva: “È drammatico sbagliare Dio”.
Gesù con la sua vita e il suo insegnamento ha invitato i suoi discepoli, e quindi oggi invita anche noi, a cambiare la nostra immagine di Dio.
Gesù non ci parla mai di un Dio onnipotente e nemmeno di un Dio degli eserciti. Ci parla invece di un Dio che è Padre misericordioso, che accoglie, che perdona, che è tenerezza.
Per gli Ebrei, l’agnello è il simbolo della Pasqua ebraica, per i cristiani invece richiama soprattutto la figura di Cristo. Gesù è l’agnello, la vittima innocente che per amore dona la sua vita.
Dove sta la grande novità del messaggio evangelico? Non è più Dio che chiede sacrifici agli uomini, ma è Gesù stesso che dona la sua vita per noi. (Ronchi)
Il teologo Balducci diceva: “E’ una bestemmia pensare che Dio abbia voluto “sacrificare” il suo Figlio per cancellare i peccati degli uomini”.
Gesù è morto in croce non per fare la volontà del Padre, ma per la cattiveria degli uomini. Sono stati i sacerdoti e i politici di allora a metterlo in croce. Perché dava fastidio al loro potere. Il Padre non c’entra nulla.
Più volte Gesù riprende la famosa frase del profeta Osea (6,6): “Misericordia voglio e non sacrifici”.
Il Dio della Bibbia non vuole sacrifici. Non chiede vittime. Gesù sostituisce la parola “sacrificio” con il verbo “amare=donare”.
In pratica Gesù con il suo esempio ci dice: Vuoi dare senso alla tua vita? Segui anche tu la strada dell’“agnello”. Ama come io ho amato. Accogli, rispetta, tocca, sorridi, abbraccia, accarezza. Diventerai anche tu “guaritore” della vita.
E allora anche tu collaborerai a: “togliere il peccato dal mondo”, a rendere questo mondo più umano. Cioè a vincere il male, l’egoismo, la violenza, la guerra, l’odio.
Quando aiuti una persona non fai un sacrificio. La rendi felice e in questo modo anche “la tua gioia sarà piena”.
Questa è la strada della felicità. Perché farai esperienza di una umanità profonda, ed è proprio lì che toccherai con mano che dove c’è umanità, c’è profumo di divino.
Don Roberto Vinco
Domenica 15 gennaio 2023
«Misericordia voglio e non sacrifici»
Osea 6,6

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
