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Il processo a Saviano: «Bastardi, come è stato possibile?»

Le dure parole sono state pronunciate dallo scrittore partenopeo a “Piazza Pulita” (LA7) per stigmatizzare le responsabilità della politica riguardo i migranti morti nel Mediterraneo. Siamo tutti uguali di fronte alla legge. Un’ammissione di colpa potrebbe portare la presidente Meloni a riconsiderare la vicenda mentre se il processo continuerà sono da valutare le attenuanti

Roberto Saviano
Roberto Saviano

«Taxi del mare, crociere, tutte quelle parole spese su questa disperazione. Viene solo da dire bastardi, come avete potuto… A Meloni, Salvini… bastardi, come è stato possibile». Sono le parole pronunciate da Roberto Saviano durante una puntata di Piazza Pulita, la trasmissione condotta da Corrado Formigli su La7 . Dichiarazioni riferite al dramma dell’immigrazione per le quali, dopo la querela presentata dall’attuale Presidente del Consiglio, si è aperto il processo nei confronti dello scrittore napoletano.

Secondo il principio che “La legge è uguale per tutti”, anche Saviano, che è ormai un’icona per l’impegno profuso a difesa dei diritti e per la lotta alla mafia, viene chiamato a rispondere delle sue parole. Lo scrittore si difende, affermando di aver solo «criticato in modo radicale due dei politici, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che ho ritenuto maggiormente responsabili di una costante imperitura e propaganda politica fatta ai danni degli esseri umani più disperati, più deboli e più incapaci di difendersi».

Le reazioni sono contrastanti e puntano, soprattutto da parte di chi si sente vicino a Saviano, ad invocare una sorte di clemenza, in virtù del fatto che nel frattempo Giorgia Meloni ha assunto una importante carica istituzionale, introducendo un elemento di disparità che vede oggi contrapposti la Presidente del Consiglio e un “semplice” scrittore.

L’autodifesa di Saviano non mi pare consona allo spessore del personaggio e al suo valore simbolico. In primis egli dovrebbe essere aiutato ad assumere una visione oggettiva di quanto è accaduto, in modo da tutelare, prima che se stesso, il valore della giustizia al quale ha dedicato la vita. Questo si ottiene con l’ammissione di aver ecceduto nel linguaggio: dare del bastardo a chiunque non si può fare, neppure – e soprattutto – se ti chiami Saviano.

Non siamo qui di fronte ad una Antigone che infrange la legge per esercitare la virtù nobile della pietà. L’eroina di Sofocle si muove nel campo dell’ingiustizia ma traduce ciò che sente in una provocazione e non in un’offesa rivolta al re Creonte. Non si chiede neppure a Saviano di bere la cicuta come fece Socrate, che sacrificò se stesso nel nome supremo della legge, pur ritenendosi innocente.

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Piuttosto un’ammissione di colpa sarebbe un gesto di umiltà e consapevolezza che potrebbe riportare un certo equilibrio, anche per la necessità, da parte di chi ha querelato, di riconsiderare la vicenda. Se invece il processo continuerà, chi è chiamato a giudicare dovrebbe valutare le attenuanti, e cioè che l’offesa è stata generata non da futili motivi o per interesse personale, ma da uno stato emotivo che coincide con una rabbia giustificata dall’orrore per le tante vite perse nel Mediterraneo.

Giorgio Montolli

Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

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