A Sharm el-Sheikh si sta svolgendo la 27° COP – Conference of Parties sui Cambiamenti Climatici e il contrasto all’inquinamento. La prima si svolse nel 1994.
In questi ultimi 28 anni i cambiamenti climatici da eventualità sono diventati una certezza e le conseguenze si riscontrano quasi giornalmente. L’accordo uscito dalla COP di Parigi del 2015, che stabiliva di mantenere l’aumento del riscaldamento globale entro i 2° Celsius entro fine secolo e di tentare di ridurlo a più 1,5°, aveva avuto l’approvazione di 196 Paesi del mondo. In realtà, entro la fine degli anni 2000 l’aumento del riscaldamento della terra rischia di superare ampiamente i più 2° Celsius e raggiungere livelli drammatici.
Per mantenere gli accordi presi sarebbe stato necessario ridurre le emissioni di anidride carbonica, metano e diossido di azoto di almeno il 45%. Obiettivo che, rimanendo immutabile l’attuale modello di sviluppo, sarà impossibile raggiungere.
Nel vertice che si sta svolgendo in Egitto, non sono previsti tagli effettivi alle emissioni, e neppure impegni concreti, ma solo promesse. Inoltre, non partecipano la Russia, la Cina e l’India, nazioni con obiettivi meno ambiziosi. Infatti Russia e Cina hanno dichiarato di raggiungere emissioni zero nel 2060, mentre l’India nel 2070. Va ricordato che la Cina è la prima responsabile delle emissioni di CO2, con circa 9,9 miliardi di tonnellate, il 33% del totale nel mondo; seguono gli Stati Uniti con 4,5 miliardi di tonnellate; poi L’India con 2,3 miliardi di tonnellate; quindi la Russia con 1,7 miliardi di tonnellate; il Giappone con 1,2 tonnellate e la Germania con 800 milioni di tonnellate.
Durante la COP 15 di Copenaghen, i paesi sviluppati si erano impegnati a versare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 ai paesi che avevano subito perdite dovute al cambiamento climatico causato dai paesi ricchi. Impegno mai rispettato.
In Pakistan, le alluvioni hanno causato 1.700 vittime. La siccità nell’Africa orientale ha ridotto alla fame 19 milioni di persone. Circa 20 milioni di africani tra Kenya, Somalia ed Etiopia, sono in crisi alimentare. L’Africa meridionale è stata colpita da una serie di cicloni che hanno provocato morti e distruzioni. In Antartide si è registrata la minor estensione dei ghiacci da sempre. I ghiacciai alpini hanno perso uno spessore di circa 4 metri. Il livello dei mari sta aumentando di circa 10 millimetri all’anno.
Tra il 2030 e il 2050, se non saranno attuati interventi radicali, si prevede che il cambiamento climatico provocherà circa 250.000 morti in più all’anno per malnutrizione e aumenteranno i costi per la salute di circa 4 miliardi di dollari l’anno.
Per quanto tempo ci sarà ancora vita sul nostro pianeta? Gli interessi politici ed economici sono sordi e ciechi di fronte alla tragedia che incombe sulla Terra. L’emigrazione continua di migliaia di persone dai paesi poveri, e la fuga di altre migliaia di profughi dalle nazioni in guerra, dovrebbero far capire ai potenti della terra che il tempo per attendere è finito. Se i nostri nipoti potranno avere un futuro dipenderà dalle scelte che saranno prese in questi anni.
Giorgio Massignan

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
