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Interviste

L’Accademia Filarmonica e Verona città della musica

INTERVISTA – Il presidente Luigi Tuppini: «Tutte le associazioni culturali sono caratterizzate da una sorta di gelosia di bandiera. Ognuna vuole preservare la propria individualità e questo stimola una concorrenza positiva, ricca di idee e proposte diversificate.

Musicisti, orchestra

INTERVISTA – L’Accademia Filarmonica di Verona, nata nel 1543 dall’unione di due Accademie già esistenti (l’Incatenata e l’omonima Filarmonica), si presenta come una tra le istituzioni culturali più antiche d’Italia ancora in vita. Il fiore all’occhiello delle sue iniziative è il trentennale Settembre dell’Accademia, una rassegna che annualmente propone per un mese una serie di concerti sinfonici, ospitando le orchestre e i solisti più rinomati del panorama musicale internazionale. A questa, l’Accademia affianca una preziosa attività archivistica, disponendo di una Biblioteca che contiene 230 opere a stampa, perlopiù madrigali del Cinquecento, e 21 manoscritti realizzati tra il XVI e il XVIII secolo. Abbiamo intervistato Luigi Tuppini, presidente dell’Accademia da oltre 30 anni e ideatore del Settembre.

– Tuppini, quale proposta culturale si sente di avanzare all’assessora Ugolini?

Tuppini. «Credo che la funzione dell’assessorato alla Cultura sia quella di selezionare e rendere possibili le iniziative ritenute più valide per la città. Perciò dovrebbe fungere da elemento propulsivo affinché Verona realizzi la massima di Nietzsche, “diventa quello che sei”».

– Verona che cos’è?

Tuppini. «Una città musicale. La storia, attraverso l’Arena e l’Accademia Filarmonica, ci ha orientato da tempi antichi verso la musica. È una caratteristica saliente da sviluppare ancora di più».

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– Qualche idea per realizzare questa Verona musicale?

Tuppini. «Rendere più popolari le attività della Fondazione Arena che sconfinano dal periodo estivo, in particolare durante la primavera, quando il turismo è già folto, e intrecciare la proposta musicale veronese con altre grandi manifestazioni della città, come il Vinitaly».

– Ha già incontrato l’assessora per parlare di questo?

Tuppini. «È venuta a un nostro concerto quando è stata nominata. Abbiamo parlato della possibilità di ospitare l’European Union Youth Orchestra per una residenza: ho rinunciato perché i nostri sforzi economici sono rivolti principalmente all’organizzazione del Settembre dell’Accademia del prossimo anno».

– Sarebbe disponibile a sedersi attorno a un tavolo con le altre istituzioni culturali di Verona per valutare eventuali sinergie?

Tuppini. «Tutte le associazioni culturali sono caratterizzate da una sorta di gelosia di bandiera. Ognuna vuole preservare la propria individualità e questo stimola una concorrenza positiva, ricca di idee e proposte diversificate. In questo caso non è l’unione a fare la forza. Ciò che serve è una regia per coordinare il calendario con criterio, in modo da evitare sovrapposizioni».

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– L’incapacità di fare sistema però è stata individuata come causa principale del fallimento del progetto Verona capitale della cultura…

Tuppini. «“Fare sistema” fa parte del linguaggio della politica, io non so che cosa significhi. L’Accademia Filarmonica, in confronto ad altri enti come Fondazione Arena, è una pulce, quale sistema dovrebbe creare? Noi facciamo il nostro attraverso il Settembre, poi se qualcuno vuole organizzare qualche iniziativa siamo a disposizione».

– Allora, in un certo senso, anche l’Accademia vuole fare sistema…

Tuppini. «Se c’è l’occasione, sì. Per esempio, con l’Università e l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere, abbiamo organizzato una serie di conferenze sulla musica in Sala Maffeiana. Oppure, collaboreremo con un coro per un concerto di Natale. Spesso ci associamo con gli altri per degli eventi, ma ci sentiamo ignorati dalle istituzioni: in 30 anni di presidenza l’unico riconoscimento che l’Accademia ha ricevuto è stata la medaglia della città conferitami dall’ex sindaco Federico Sboarina a marzo 2022».

– Non ha mai pensato a un progetto comune con il Conservatorio?

Tuppini. «L’Accademia ha collaborato parecchie volte con il Conservatorio, soprattutto dal punto di vista organizzativo. Ma fare musica insieme è difficile perché ci sono diversi teatri a Verona, ognuno col proprio pubblico, che purtroppo non è mai così vasto».

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– I rapporti con Fondazione Arena invece come sono?

Tuppini. «Ottimi. Noi siamo proprietari del teatro Filarmonico, lo teniamo in efficienza e lo mettiamo a disposizione della Fondazione. A dire il vero in questo rapporto si è inserito anche il Comune: avendo bisogno di risorse economiche per affrontare le spese che ogni teatro richiede e non producendo nessun reddito, gli abbiamo dato in affitto la struttura. Perciò l’inquilino è il Comune ma, per obblighi di legge, deve darlo alla Fondazione».

– Che ruolo intravede per la Fondazione nella Verona che Ugolini è chiamata a gestire?

Tuppini. «L’assessore alla Cultura non ha voce nella Fondazione Arena. Nella storia non ha mai fatto parte del Consiglio di amministrazione, né ha mai ricoperto un ruolo al suo interno. La Fondazione è appannaggio dei suoi organismi, del sindaco e del circolo ministeriale. Poi, come tutta la musica, ha bisogno di sovvenzioni, perché nonostante i grandi afflussi di pubblico non riesce a coprire le spese di produzione».

– A proposito di pubblico, com’è andato quest’anno il Settembre dell’Accademia?

Tuppini. «Male. Dopo il Covid ci si aspettava un gran ritorno in platea, invece abbiamo accolto la metà del pubblico previsto. Abbiamo ripiegato però invitando molti giovani, che sono risultati entusiasti».

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– Questo calo può essere imputato a una crisi della musica sinfonica, dovuta alla pervasiva diffusione della musica riprodotta?

Tuppini. «Non credo. Non si è trattato di una progressiva erosione del pubblico sul lungo periodo, ma di un calo improvviso e radicale. Inoltre ritengo che la musica dal vivo avrà sempre i suoi cultori, anche perché rappresenta un momento cerimoniale che crea un certo tipo di socialità nella comunità che la ascolta».

– Il Settembre è il vostro evento di punta. Ma negli altri mesi dell’anno che cos’è l’Accademia Filarmonica?

Tuppini. «Negli altri mesi dell’anno preparo il Settembre. Si tratta di un’organizzazione molto laboriosa, dal momento che portiamo a Verona orchestre di levatura internazionale, e costosa: in questo investiamo circa il 70% del nostro budget».

– Ma l’Accademia dispone anche di una Biblioteca…

Tuppini. «Certo, abbiamo la Biblioteca e il museo degli strumenti. Attorno a questi roteano una serie di attività scientifiche: pubblicazioni occasionali, conferenze e visite. Si tratta di incontri molto specializzati. Basti pensare che custodiamo anche strumenti unici del Seicento».

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Carcereri De Prati (Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere) ha sottolineato le difficoltà finanziarie a cui un’Accademia, che non produce beni vendibili, va incontro. Voi come state a livello di bilancio?

Tuppini. «Molto bene. Non guadagniamo niente, ma non andiamo nemmeno in perdita. Questo equilibrio è dovuto sia agli incassi del Settembre che, soprattutto, agli affitti del patrimonio immobiliare che possediamo tra il teatro Filarmonico e via Manin. Così riusciamo a fare tutto da soli, senza bisogno di finanziamenti esterni».

– Dove si aspetta che arrivi l’Accademia nell’immediato futuro, con la nuova Amministrazione?

Tuppini. «L’intenzione generale è di proseguire sulla strada che già stiamo percorrendo, con la stessa produzione musicale».

– L’anno prossimo scadrà il suo mandato. Si riproporrà alla guida dell’Accademia?

Tuppini. «Io me la sento di fare un altro mandato di tre anni. E anche alcuni accademici mi incoraggiano a questa scelta».

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– Prima parlava dell’unico riconoscimento ricevuto dal Comune nei suoi 30 anni di presidenza, la medaglia della città. Lei invece darebbe una medaglia alla città per come è stato gestito il suo patrimonio culturale negli ultimi anni?

Tuppini. «Per il patrimonio di cui dispone, Verona ha davvero pochi rivali in Italia. Ciò che però manca ai veronesi è il gusto di fare cultura in maniera spontanea. Guardano solo se c’è un ritorno economico, che è chiaramente necessario nella società in cui viviamo, ma fa perdere di vista ciò che l’arte dovrebbe davvero essere: dispendio e felicità».

Gregorio Maroso

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Gregorio Maroso è laureato in Filosofia, Editoria e giornalismo all'Università di Verona. Da sempre si interroga sulla vita e spera che indagare e raccontare i suoi aspetti nascosti possa fornirgli le risposte che cerca. gregoriomaroso@gmail.com

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