Valutata alla luce della possibile funzionalità del nostro sistema politico, l’elezione di Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera dei deputati solleva non pochi interrogativi. Sugli scranni più alti dei due rami del Parlamento si siederanno due esponenti dell’estrema destra di Lega e FdI (Ignazio La Russa), che nella loro precedente esperienza politica sono stati quasi sempre divisivi. Quindi, come dato di partenza, appaiono sfasati, se non all’opposto, rispetto alla funzione che saranno chiamati a svolgere, che richiederà particolari doti di imparzialità, credibilità, interlocuzione positiva con i diversi gruppi, e capacità di mediazione di fronte agli inevitabili dissensi.
Una elezione che ha evidenziato, da un lato, una unità solo di facciata del centrodestra, rimessa subito in discussione dal duro dissenso esistente tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni sull’insieme delle proposte relative al governo, e, dall’altro, ha reso esplicita la divisione strategica dell’opposizione che non riesce a trovare una minima posizione comune con la quale esercitare il suo ruolo.
In questo contesto, l’elezione di Fontana alla presidenza della Camera, del tutto inattesa fino alla vigilia, è frutto della scelta di Matteo Salvini di mettere un suo delfino a ricoprire la terza carica dello Stato, preferendolo al già designato Lucrezia Mantovani, per aumentare il suo peso politico nella coalizione.
Fontana certamente non ha brillato per particolari qualità politiche ed ha percorso la sua carriera all’interno della Lega e del Centrodestra, sempre sulla scia di Salvini, ricoprendo, in successione, gli incarichi di consigliere comunale a Verona, parlamentare europeo, deputato alla Camera fino a diventare vicepresidente e ministro della Famiglia e disabilità nel governo Conte I.
Tra le singolarità di Fontana viene sottolineata la militanza di cattolico tradizionalista, contro l’aborto, per la famiglia tradizionale, a favore della quale, da ministro, ha organizzato nel 2019 a Verona un Convegno mondiale con la partecipazione delle sigle più estreme della destra politica e religiosa. Come Salvini manifesta una forte simpatia per l’azione di Putin e per la sua battaglia antioccidentale, e , tra l’altro, ha portato il suo saluto al movimento greco di estrema destra Alba dorata.
Mentre, pur con la perplessità derivante dall’insieme di questi fatti, ci ripromettiamo di giudicare il suo operato in relazione al modo concreto con cui eserciterà la sua funzione, intendiamo aggiungere qualche altra considerazione sulla sua esibita militanza a cattolica.
Il fatto che la terza carica dello Stato manifesti questo tipo di militanza ultratradizionalista, antimoderna e anticonciliare, costituisce di per sè un problema politico e religioso. Ricordiamo che posizioni come queste, rimaste ferme al Concilio di Trento, restano contrarie a tutta la pastorale della Chiesa degli ultimi secoli, arrivando a considerare i Papi, da Karol Wojtyla in poi, pressoché degli eretici.
Se, nonostante ciò, Fontana, nel suo discorso di insediamento, ha rivolto un deferente saluto a Papa Francesco è perché, nella sua esperienza, le posizioni religiose ultraconservatrici sono sempre subordinate ai suoi interessi politici. Come, in altro ambito, l’esaltazione delle diversità presenti nel nostro Paese, contenuta nel medesimo discorso, risulta direttamente funzionale al sostegno dell’autonomia regionale. Quindi, se in alcuni vertici dello Stato, si condividono posizioni del genere certamente non si offre un contributo positivo alla pace sociale e religiosa.
Del resto la posizione della Chiesa sul problema del suo rapporto con la realtà temporale è sempre stata chiara, ieri come oggi. Ad esempio, nel 1962 prima ancora del Concilio, il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI, parlando ai giovani dell’Azione Cattolica, ebbe a dire: “Oggi troppi cristiani vogliono fare la guerra al mondo. Noi li vediamo questi cattolici, con una bomba in una mano e la corona del rosario nell’altra, sempre pronti a fare la guerra. State attenti cari giovani, perché queste posizioni trovano molti adepti, per due motivi. Primo, perché così è tutto chiaro, tutto risolto, per i cristiani ci sono solo dei principi da affermare e degli avversari da combattere. Secondo, perché in questo modo più facilmente si siede ai primi posti. La guerra è terminata da un pezzo, ed è necessario scendere dalle barricate, entrare nel mondo, e costruire ai problemi risposte di ispirazione cristiana”.
Senza generalizzare, il fatto che oggi, in una fase di particolare difficoltà e malessere della vita del Paese, al vertice della politica trovino spazio e presenza posizioni, con questo indirizzo, manifesta quanto il rapporto tra fede cristiana e politica subisca ancora strumentalizzazioni inaccettabili.
Una realtà distorta che rende evidente quanto in questo ambito permanga per la Chiesa un drammatico e urgente problema pastorale che sollecita nuove modalità di intervento. Per troppo tempo i vescovi, per un malinteso rispetto della laicità della politica, hanno spesso trascurato il problema della qualità della formazione e della testimonianza dei cattolici impegnati in politica, preferendo talvolta un rapporto di semplice vicinanza con i detentori del potere.
Credo sia necessario più impegno della Chiesa per una preparazione teologica e spirituale adeguata alla rilevanza del loro ruolo nella società, unita a un giudizio più rigoroso ed esigente sul piano dei comportamenti morali. Gli attuali interventi del presidente della CEI card. Matteo Zuppi rappresentano, a mio avviso, una positiva e necessaria novità.
Luigi Viviani

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

Redazione2
21/10/2022 at 09:41
Gesù nel Vangelo è molto chiaro a riguardo”Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Ma si trova anche “Non chi dice Signore e Signore entrerà nel regno dei cieli ma colui che fa la volontà del Padre mio”. Quindi è giusto che i cattolici cerchino di portare i loro valori in politica (semmai saranno contrastati da chi ha visioni diverse), sbagliato ostentare crocifissi e rosari. La laicità dello Stato è la premessa della democrazia, che altrimenti sarebbe in balia dei vari integralismi. E anche la religione è meglio se si tiene lontana dalla politica.
Maurizio Danzi
20/10/2022 at 11:19
Alcuni anni or sono, quando era vicesindaco di Sboarina, prima di diventare “Ministro di alcune famiglie” venne intervistato da Telenuovo. Alla domanda: Ma chi è il prossimo, rispetto ai migranti (Salvini stava per diventare ministro dell’interno)?. La risposta del Nostro fu fulminante: lo dice la parola stessa, il prossimo è quello più vicino a noi.” Sereni i cittadini del Saval sua terra d’origine; un pò preoccupati già a San Michele. Dicono abbia studiato dai Domenicani, l’onorevole Fontana. Presumo avesse, ai suoi anni, accumulato molte assenze. Et de hoc satis.