Un consigliere non richiesto ha preparato un discorso per l’insediamento in Parlamento di Giorgia Meloni quale prima primo ministro nella storia d’Italia. Suonerebbe così.
«Onorevoli colleghi! Vi chiamo così anche se l’incarico parlamentare non è più onorifico, cioè agràti (gratis, in italiano, ma voglio subito rassicurare i colleghi padani, quelli dell’ex Lega per l’indipendenza della Padania. So’ deaa Garbatella, ‘o sapete pure voi devveròna che c’avete sinnaco er granne Tomasi. Forzarromaforzalùpi, ma so’ parlà tutt’e vox, io; so’ dipplomata ar linnguistico!) Insomma: l’onore ci vuole.
«Compatrioti! La nostra patria è l’Italia, e quando qualcuno che ora qui mi ascolta promise di pulirsi il c. con il tricolore, scusate, mi sono girate.
«Italiani! Il nostro è il «bel Paese là dove ‘l sì suona» (Dante, Divina commedia, Inferno, XXXII, 80). Quindi tocchiamo col Dante che l’euro è ora inferno, ma il medesimo può portarci dal purgatorio in paradiso: datemi cinque anni. Se dal tatto monetario passiamo all’udito, in Dante c’è scritto che italiano è chi dice sì – chi impara l’italiano nelle nostre scuole, senza guardare il colore della sua pelle e le origini dei genitori – e chi riconosce la bellezza del nostro Paese. Quindi, patriotticamente, cittadinanza agli immigrati e basta cemento in riva al mare, sui fiumi che poi sennò ci allagano, sulle superstiti colline.
«Concittadini! Sulle nostre carte d’identità c’è scritto “cittadinanza: italiana”. Cittadinanza è parola repubblicana. La Repubblica che ha in quest’aula la sede dove si fanno le leggi, un’aula che nessuno più definirà «sorda e grigia». Rassicuratevi: questa citazione di Benito Mussolini non è una furbata per liberarmi dai vostri retropensieri. Diciamolo: la Repubblica Italiana è nata dall’antifascismo, quindi nacqui anch’io – e dico la parola che volete sentire – antifascista. Avesse vinto Mussolini, non so se sarei nata. Di sicuro non sarebbero nati tranquillamente i nipotini della senatrice Segre e di tanti altri concittadini italiani nostri compatrioti ebrei.
«Per citare infine un vecchio estimatore del citato Mussolini, che poi giustamente cambiò idea (cambiare idea, se la storia lo impone, è una bella forma di coerenza). Per citare Winston Churchill, insomma; non posso promettervi che sudore e lacrime. Il sudore sarà freddo, il peggiore. Churchill promise agl’inglesi anche il sangue. Quello lo stanno già versando in Ucraina, preghiamo Iddio che sia bastato. Basta! Basta guerra, basta polemiche inutili. Al lavoro».
Dopo questo discorso inaugurale, Fratelli d’Italia, partito di Giorgia Meloni, adottò il suo nuovo simbolo: l’albero che è già stemma del più rappresentativo partito conservatore europeo, i Conservatives britannici, ma con la chioma tricolore. I nostalgici commentarono che poteva ricordare una fiamma, vabbè.
Giuseppe Anti

Giuseppe Anti è nato a Verona il 28 agosto 1955. Giornalista, si è occupato di editoria per ragazzi e storia contemporanea; ha curato fino al giugno 2015 gli inserti "Volti veronesi" e le pagine culturali del giornale L'Arena. giuseppe.anti@libero.it

Marcello Toffalini
18/10/2022 at 15:25
Forte veramente questo fanta-discorso inaugurale del grande giornalista, tanto pregnante sulle cosiddette scelte “antifasciste” della Giorgia nazionale quanto irrituale ed elusivo. Credo che il nuovo simbolo proposto non abbia molto futuro, restando un’astuta e furba invenzione di Giuseppe. Complimenti.