Il futuro assessore alla Cultura nella nuova giunta Tommasi è atteso da un compito apparentemente facile, e tuttavia insidioso. Facile, perché far peggio degli ultimi due e mezzo assessori delle tre giunte che lo hanno preceduto, lasciando rovine e deserto, è impossibile. Insidioso, perché ogni (ri)costruzione richiede coraggio e impegno continuativo, e a Verona da ricostruire in campo culturale c’è tutto, a meno di credere che battere la grancassa dei cosiddetti eventi (più che altro, ospitate dei soliti noti) e presenziare ad una mostra o ad un premio letterario sia davvero promuovere cultura diffusa.
Di figuracce le giunte precedenti ne hanno confezionate a iosa, non ultima la clamorosa bocciatura di Verona a capitale della cultura, stracciata da giganti come Pieve di Soligo, Verbania o Cerveteri. Peggio ancora, pur se passato sotto silenzio, il clamoroso e del tutto sorvolato triennio 2014-2016 di possibili ricorrenze scespiriane-dantesche, che ad una città unica al mondo a potersi fregiare del duplice appellativo letterario avrebbe potuto riservare risonanza mondiale.
A saperci fare, ovviamente, cominciando magari a sfogliare una semplice Garzantina, o l’elenco telefonico della provincia, dove risiede la famiglia discendente del grande poeta fiorentino, oggetto di un clamoroso sgarbo nelle cerimonie dantesche del 2021, nelle quali la parte più ricca e coinvolgente delle iniziative cittadine è stata opera di un emarginato di genio come Alessandro Anderloni.
Fare cultura – mi permetto di ricordare al nuovo assessore – significa anzitutto rafforzare le istituzioni storiche, che a Verona abbondano, ma che, purtroppo, se la sfangano in perenne apnea: l’Accademia settecentesca di Agricoltura e il Gabinetto ottocentesco di lettura (Società Letteraria, più antica del Vieusseux fiorentino), la biblioteca Capitolare e la Civica, la cinquecentesca Accademia Filarmonica, oltre al Museo di Storia Naturale (il più antico d’Europa) che, mentre alcuni suoi reperti piazzati qua e là alla carlona mutavano tinte come i camaleonti, ha subito l’affronto di un MUSE trentino, sorto dal nulla, che in poco tempo ha superato il milione abbondante di visitatori.
Ecco un primo possibile (e auspicabile) compito del nuovo assessore, prima ancora di tagliare qualche inutile nastro: riunire in una conferenza di lavoro, di conoscenza reciproca e di rifondazione i rappresentanti di queste istituzioni; prendere finalmente atto del loro effettivo stato di salute, sondare le loro potenziali sinergie, o anche i possibili accorpamenti, considerato che i bilanci pubblici non potranno mai più essere quelli degli anni d’oro, ormai perduti nelle nebbie di tempi che si possono soltanto sospirare.
Andrebbe, inoltre, avviato un censimento della miriade di associazioni culturali (teatro, musica, spettacolo, ambiente, lettura) che, con passione e generosa incoscienza, si danno a riempire i vuoti dell’iniziativa pubblica, generalmente impegnata a mettere la propria firma (pochi i soldi, o addirittura niente) sotto il lavoro altrui. Quante sono, come si muovono, con quali obiettivi, quanta possibilità di sopravvivenza possono avere? Non sarebbe il caso, per intanto, di mapparle e poi di aprire con loro un dialogo costruttivo e disincantato, al di là delle solite mance che cadono indistintamente a pioggia?
Fare sistema, insomma, con la ricchezza culturale che già c’è. Costruirne seriamente uno entro cui calare di volta in volta con maggior profitto, e persino risparmio di spesa, quel tanto (molto, in realtà) che, al di là dei grandi appuntamenti obbligati (anniversari, ricorrrenze centenarie, ecc.), viene prodotto in città e in provincia da una miriade di soggetti culturali finora ignorati o considerati con una sufficienza che in realtà maschera spesso ignoranza vera e propria.
Ne avrà voglia il prossimo assessore? I precedenti non aiutano a ben sperare. Tanto per fare due clamorosi esempi: il cinquantesimo anniversario della Barcaccia di Roberto Puliero ha subito l’affronto (con l’eccezione di Marco Padovani) dell’lindifferenza del’intera giunta, assessora alla Cultura in primis, mentre il Teatro Scientifico della famiglia Caserta, di fama e di considerazione internazionali, ha dovuto sloggiare per la seconda volta, e a spese proprie, anche dalla sede dell’Arsenale, senza che un’altra le fosse stata preventivamente garantita dall’amministrazione.
Già, l’Arsenale: quante città in Italia e in Europa farebbero carte false per poter fruire di uno spazio così enorme e monumentale! Invece, ancora nulla, come nulla è stato ancora risolto per il più clamoroso e famoso falso storico mondiale (Philippe Daverio): la casa di Giulietta, meta di quasi un milione di visitatori l’anno. La politica, incapace finora di collocare una porta d’ingresso e una di uscita al celebre cortile, si accapiglia da anni per spillare quanti più soldi possibili ai gonzi che, pur consapevoli dell’inganno, si abbrustoliscono per ore al sole di via Cappello.
E può anche andare bene così, se c’è gente che corre a Disneyland per farsi sposare da Topolino… Ma qualcosa di un livello più alto – e onorevole per la città – si potrà mai costruire attorno al mito di Giulietta? Magari con l’università, che vanta una docente, Silvia Bigliazzi, nota traduttrice di Shakespeare e coordinatrice di riviste e collane di studi angloitaliani.
Ma l’università scaligera attende ancora di essere, seriamente e d’abitudine, coinvolta nelle iniziative culturali della città. O anche soltanto consultata alla bisogna. Meno piazze dei sapori e più piazze dei saperi, verrebbe da dire. Perlomeno, si eviterebbero magre come quella di chi nella ricorrenza del centenario futurista insisteva per invitare Fortunato Depero, morto cinquant’anni prima…
Per una città ad alta vocazione turistica come Verona, la cultura non può più essere affidata con un biglietto estratto a sorte, o col bilancino delle correnti elettorali. Il progetto delle 67 colonne per l’Arena di Verona dimostra che c’è chi è pronto ad investirvi tempo e denari, purché gli attori e i programmi siano credibili e ispirati a solide professionalità.
Nomine come quella di assessore alla Cultura non possono più essere riservate come un gentile cadeau al sostenitore più affezionato o fotogenico. Anche da scelte come questa si potrà misurare la reale portata della novità Tommasi.
Mario Allegri
Leggi
Politica e cultura a Verona (Dossier)

Mario Allegri ha insegnato letteratura italiana contemporanea alla Facoltà di Lettere di Verona. Ha pubblicato vari saggi letterari in riviste, giornali e presso editori nazionali (Utet, Einaudi, La nuova Italia, Il Mulino). Ha partecipato come indipendente alle primarie 2011 per l'elezione del sindaco a Verona. marioallegri9@gmail.com

Maurizio Danzi
11/07/2022 at 18:48
Bravo Mario!
Dino Poli
11/07/2022 at 14:43
Mi unisco al pianto di Mario Allegri. D’altra parte già Scipione Maffei nel ‘700 lamentava che i nobili veronesi invece di impegnarsi nella Cultura preferivano la “gazzarra”, fondando addirittura una specifica Accademia della Gazzarra ! Magnar e bear … Ma la proposta di Allegri è davvero interessante, e forse un outsider come Tommasi può trovare novità.