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Lettere

Il cambio di rotta di Verona In: «Io preferivo prima»

La libera stampa risulta troppo pericolosa. Meglio il proprio piccolo sito o profilo su cui appendere comunicati “sovietici” e qualsiasi cosa possa favorire il proprio orticello

Intervengo sull’editoriale del direttore Giorgio Montolli non certo per svolgere un’esegesi del suo pensiero, ma, in qualità di vecchio collaboratore, per esprimere una mia valutazione sul significato percepito delle ragioni che hanno indotto all’annunciata svolta editoriale di Verona in. E non credo sia stata adeguatamente colta dai suoi lettori, se i commenti raccolti fossero effettivamente rappresentativi dei più.

O forse è semplicemente scattato un meccanismo di negazione, quale difesa regressiva da una realtà dolorosa in cui “siamo tutti coinvolti”, quanto meno il cosiddetto fronte progressista che ha vinto le elezioni amministrative con la candidatura a sindaco di Damiano Tommasi.

Ma passiamo al core dell’editoriale. Si scrive: “Una generazione di precari che spesso non vive del mestiere di giornalista. Il proliferare di iniziative non ha infatti trovato un pubblico disposto a spendere per un’informazione di qualità, mentre politici e imprenditori dimostrano di non voler investire nei nuovi media come motore di crescita sociale”.

Questo significa che: 1. un giornale degno di questo nome, cioè fatto da professionisti, non può basarsi sul volontariato tout court se si esige la qualità del lavoro, qui come in altri campi, aggiungo io; 2. il pubblico che non è interessato ad investire in quest’operazione non è costituito solo da imprenditori miopi e retrò, ma anche da quella intellighentia della città che legge Verona In, e forse a volte l’apprezza, ma che non sarebbe mai disposta a sostenere un giornale che potrebbe dire anche cose spiacevoli su situazioni od azioni alle quali invece, in interiore homine, si tiene molto, pur consapevoli dell’errore dell’errante.

Insomma una stampa indipendente, per quanto chiaramente orientata in senso “progressista” o di “campo largo” che dir si voglia, come tutta la storia ventennale di Verona In dimostra, non basta. Si preferirebbe una stampa che, quando serve, “risponde” e che non spiattellerebbe mai cose che direttamente o indirettamente potrebbero favorire l’avversario. La libera stampa risulta insomma troppo pericolosa. Meglio il proprio piccolo sito o profilo su cui appendere comunicati “sovietici” e qualsiasi cosa possa favorire il proprio orticello e magari calpestare quello dell’odiato avversario.

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Tante forze, associazioni, organizzazioni sociali sono state interpellate ma senza esito. Per questo, e non per altro, Verona In muterà il proprio campo d’interesse. Questo significa che la cronaca politica non avrà più udienza su questo giornale. E se ciò, fino a questo momento, ha rappresentato un impatto non dirompente, perché le forze governative della città cercavano di ignorare e di far ignorare questa voce alternativa di Verona, ora invece sarebbe stato diverso. Verona In poteva diventare l’agorà in cui le forze che, più o meno convintamente, hanno sperato nel “miracolo” avrebbero potuto esprimersi e confrontarsi pubblicamente (non in un pollaio) su linea politica, scelte strategiche e compromessi inevitabili quando il fronte è costituito da un variegato arcipelago.

Tutti avremmo goduto di un “giudice terzo” in grado di comunicare, perché comunicare non significa certo scrivere comunicati, anzi è proprio l’opposto, cioè decriptare comunicati o analoghe allocuzioni per restituirli al pubblico in una forma che stimoli senso critico e passione civica.

Quante nuove cose ho imparato nella veste di “candidato per caso” in una lista di appoggio a Tommasi e che come semplice cittadino, per quanto interessato alla politica locale, mi erano sfuggite. Ma non tutti possono e debbono passare da questa esperienza diretta per capire. E non a caso i giornali si chiamano “media”. Ma la qualità ha un prezzo, che evidentemente è apparso troppo alto: il disinteressato sostegno alla discussione democratica in campo neutro, per quanto dichiaratamente schierata a favore di quell’intero campo.

Peccato, sarebbe stata un’altra storia.

Paolo Ricci

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Written By

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

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