Roberto Puliero (1946-2019), attore e censore della stampa veronese, ci avrebbe massacrato per un titolo così. Puliero è morto, salutato da funerali gloriosi, con la basilica di San Zeno gremita, paginate di necrologi sui quotidiani e un affettuoso ricordo di Verona In. Lo vogliamo ricordare con una intervista impossibile, secondo il celebre format inventato da Radio Rai per i grandi personaggi del passato.
«Perché non dire formato invece di format? Se c’è il termine italiano equivalente all’inglese, meglio usare l’italiano», interviene Giovanni Rapelli (1937-2019), insigne linguista. È morto anche lui in quel fatale 2019. Così il format, pardon, il formato si perfeziona: doppia intervista impossibile.
Non inventiamo niente: tutte le parole degli intervistati sono prese alla lettera dai loro testi, editi da Cierre e tuttora molto richiesti, anche con edizioni speciali per le edicole. Parla Puliero, con citazioni dai suoi libri Ravani par naoni, La poesia del balon, No gh’è verso. Risponde Rapelli, con le parole tratte dai suoi libri Si dice a Verona e Nel cuore di Verona.
– Rapelli e Puliero che hanno da dirsi? Perché fare dialogare i due?
Rapelli. Chi du là i é buseta e boton, «quei due sono proprio inseparabili». Letteralmente significa “asola e bottone”, con una voce per “asola” oggi disusata (e che propriamente varrebbe “buchetta”).
– Buseta boton. Se Rapelli è il massimo nel dialetto, Puliero è il suo profeta. Ravani par naoni raccoglie i testi delle esilaranti trasmissioni dall’edicola di Gigiotto che metteva in luce gli strafalcioni della stampa locale. Sono elencati testata, data e pagina di ogni perla nera giornalistica. Qualche esempio?
Puliero. Leggo dal quotidiano locale. Tutti i ritagli sono comunque a disposizione di chi desideri controllarne la veridicità:
Il vitello lancia il canto del cigno. / Sì, e la vaca fa cocodè.
Carne di cavallo a briglia sciolta. / Ai macellai ghe toca còrerghe drio, e tajarghe al volo le fetine de cicia.
La Guardia di Finanza cattura degli extracomunitari armati: Colombiani presi col machete. / I finansieri de la giungla.
I giornalisti i vol dir na roba, i dise tuto el so contrario. Ravani par naoni. El muro l’è cascà par gnente.
– Ravani par naoni: come dire “fischi per fiaschi”? È così?
Rapelli. Ndar rénto ràvano e vègnar fóra naón letteralmente significa “entrare rafano e uscire navone”, lo si usa per significare “essere rimasto come prima (non aver capito nulla di ciò che si è visto o udito)”. La metafora trae origine dal fatto che il rafano e il navone sono ortaggi assai simili.

Giovanni Rapelli
– Ah, non “fischi per fiaschi”. Volendo trovare un’espressione figurata equivalente in italiano, non si dovrebbe dire piuttosto “pestar l’acqua nel mortaio”?
Rapelli. Mentre “prendere fischi per fiaschi” lo tradurremmo in veronese l’à capido pan par polenta.
– Maurizio Miele, presidente di Cierre, per il libro di Puliero aveva proposto un titolo diverso: Polenta e borotalco, espressione efficace per un libro che elenca situazioni in cui la verità e la sua rappresentazione a mezzo stampa non si sposano. Ma Puliero ha insistito con Ravani par naoni. Tanto chi se ne accorge…. «No le lese nissun», come dicevano i correttori di bozze, quando esistevano ancora.
Puliero. E invesse no, parché le robe le se vien saver!
– Appunto. Vabbè, chiamiamola licenza poetica. Perché Puliero è anche poeta, vero?
Puliero. Le mie composizioni sono poesia? No, la poesia vera è un’altra cosa. Si potrebbero definire “scherzi in versi”, se non ci fosse già il titolo prescelto ad ammonirci che “no gh’è verso”. Voglio rievocare le ridicole esternazioni di amministratori preoccupati più dell’immagine che della concretezza, puntualmente assecondati – ieri come oggi – da una informazione sempre ossequiente e pilotata.
Rapelli. In questo i modi di dire dialettali svolgono le benefiche funzioni di valvola di sfogo verbale in una situazione critica, di commento esortativo, saggio, oppure comico, sarcastico, ironico, cinico, disincantato, perfido.
– Il dialetto come catarsi?
Puliero. Catarsi è appunto il titolo di una mia “poesia”, dedicata agli amministratori leghisti. Finisce così:
Adesso che anca par noi il doppiopeto non significa più do scorese come na olta, adesso scopriamo che è bello CATARSI sentà su la carega e lassiarsi intropettare ne l’orgia del potere, vacaeva.
– Vecchie Torcolade sempreverdi, anche se nel frattempo la Lega ha cambiato colore. Ma non c’è di nuovo un sindaco Chelasboarìna-che-sta-in-Bra?
Rapelli. E la puarina che sta in Bra! (letteralmente “e la poveretta che sta in Piazza Bra”) è un commento sarcastico a un discorso assurdo per chi ascolta. Non pare dubbio che si abbia qui riferimento all’antica usanza di confinare le prostitute negli arcovoli dell’Arena.
Puliero. «L’Arena, l’Arena… Festa! E là in Piassa Bra…, che sarìa tanto bela bela granda, spassiosa… tira, mola, martèla, i ghe pianta i bancheti!, i fa feste coi s-ciòchi!, gh’è ogni giorno na sagra! che la par Ca’ dei Opi! I fa piovar la stela, gh’è la pista col giasso, tuti i sìga, i urtona, te capissi più ’n casso…».
L’Arena… I nostri giornalisti no i fa una piega gnanca quando qualche amministrator el annuncia i progetti più assurdi. No so: uno tirelo fora el progetto de darghe na man de bianco a l’Arena?
Rapelli. «Letteralmente, “una mano di (colore) bianco”; locuzione ripresa dal linguaggio dei muratori che vuole significare “una scarica di botte”.
Puliero. No, digo dal bon! Uno el dise: ben, no i avarà mia proposto de le sempiade simili? Pezo. Lesi qua: Il Comune propone di coprire l’Arena. Andemo avanti. Nel maggio 2001 Berlusconi el vinse le elessioni? Eco pronta la diagnosi de la sindaca: “Credo che la maggioranza dei cittadini veronesi non abbia avuto dubbi al momento di esprimere la propria preferenza, perché si è fidata di quanto già vede realizzato nella sua città”. Cioè, cosa? “Arsenale, Castel San Pietro… restituiamo alla città un patrimonio straordinario”.
– Nel maggio 2001? Già realizzato!?
Rapelli. Schersando schersando, Bartòldo el s’à confessà. “Scherzando scherzando, Bertoldo si è confessato”. Come a dire: “è proprio scherzando che Bertoldo ha tirato fuori quello che aveva dentro!”. Il detto, di origine dotta, si riferisce alle trovate di Bertoldo, buffone alla corte di re Teodorico come raccontate nel volumetto di Giulio Cesare Croce (1550-1609), Bertoldo.
Puliero. El muro l’è cascà par gnente!
Rapelli. E s-ciao.
Giuseppe Anti

Giuseppe Anti è nato a Verona il 28 agosto 1955. Giornalista, si è occupato di editoria per ragazzi e storia contemporanea; ha curato fino al giugno 2015 gli inserti "Volti veronesi" e le pagine culturali del giornale L'Arena. giuseppe.anti@libero.it

Maurizio Danzi
19/06/2022 at 17:29
Caro, caro Roberto. Quanto manchi. Quanto manca la tua ironia sapiente. Mai spada solo fioretto.
Forse il tuo silenzio deriva dal fatto che la profonda insipienza di questa classe politica parla da sola.
‘na scarpa e un socolo, Roberto
Marcello Toffalini
19/06/2022 at 16:02
Grazie Anti, per questa tua bella idea di farci trovare a pochi giorni dal ballottaggio le intelligenti trovate e i reconditi significati di quei due cari concittadini, senza timore di modificarne la portata. Due “mati” ed una stella, come il Baldo ed il Carega, sono ancora tra noi, grazie a te.