Vangelo di Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Giovanni 14,15-16. 23b-26
«Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire … venne all’improvviso dal cielo un rombo come di vento e apparvero lingue come di fuoco ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo». (Atti 2,1-11)
È la festa di Pentecoste. Per gli ebrei era la festa della mietitura, 50 giorni dopo la Pasqua. Per i cristiani è la festa della “nascita della Chiesa”. Papa Francesco l’ha definita la festa del compleanno della Chiesa. Gli evangelisti Luca e Giovanni ci raccontano la Pentecoste in modi e tempi molto diversi tra loro, ma il messaggio è unico.
Giovanni ci presenta la Pentecoste come una nuova creazione. Con la risurrezione di Gesù e il dono dello Spirito, nella Pentecoste nasce una nuova umanità. Il “vento” e il “fuoco” dello Spirito trasforma la paura dei primi discepoli in speranza e questo piccolo gruppo porta nel mondo la rivoluzione del Vangelo.
Luca invece, negli Atti degli Apostoli, ci presenta la Pentecoste come l’opposto della Torre di Babele. Che cosa è stata l’esperienza della Torre di Babele? È stata il simbolo della confusione, della divisione. La negazione delle diversità.
La Pentecoste invece è l’esperienza della comunione, dell’incontro, della fraternità.
Babele e Pentecoste. Non sono soltanto due fatti del passato, ma due realtà molto attuali. Anche oggi assistiamo allo scontro tra la cultura della divisione e la cultura del dialogo. Da una parte, c’è chi pensa di risolvere i problemi con la violenza, con la guerra, con il rifiuto dell’altro. Dall’altra invece c’è chi sostiene che solo con l’ascolto, il confronto e l’accoglienza si può pensare di costruire un mondo diverso.
La Pentecoste è l’immagine “dell’unità nella diversità”, della “convivialità delle differenze”. Non siamo tutti uguali. Siamo tutti diversi. Ognuno di noi è unico.
Il problema è quello di imparare a mettere assieme le nostre diversità.
Se veramente vogliamo costruire una società più umana, dobbiamo partire da questo progetto profetico: iniziamo con il fare della nostra Comunità (città, paese, mondo) non una Babele, ma una Pentecoste.
Stiamo uscendo dal tunnel della pandemia. Da 100 giorni stiamo vivendo un’altra guerra drammatica tra Russia e Ucraina. Il virus ci ha insegnato che non ci si salva da soli, ma soltanto assieme. Dobbiamo trasformare questi drammi in una opportunità. Il domani sarà come riusciremo a costruirlo noi.
Per realizzare questo sogno di Dio, questo mondo più umano, dovremmo tutti imparare a sentirci responsabili di costruire una Comunità dove si parla una sola lingua: quella dell’amore, e si celebra un solo rito: quello della lavanda dei piedi.
Don Roberto Vinco
Domenica 5 giugno 2022

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
