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Le incerte prospettive della Fiera nelle mani di Federico Bricolo

Rimosso per altro incarico il direttore generale Giovanni Mantovani, al suo posto arriva Flavio Piva, mentre l’attuale presidente Maurizio Danese diventa amministratore delegato

fiera
Il quartiere fieristico a Verona Sud

Alla vigilia delle elezioni comunali, l’amministrazione Sboarina ha deciso di intervenire sulla Fiera di Verona modificando il suo gruppo dirigente, senza una precisa prospettiva che non sia la semplice occupazione del potere all’insegna di un più stretto controllo da parte del centrodestra. Una ulteriore prova della insicurezza dell’attuale governo cittadino e della sua evidente incertezza di fronte al futuro.

La Fiera di Verona rappresenta oggi l’ente partecipato dal Comune che  riveste una particolare rilevanza come strumento promozionale delle maggiori filiere produttive su cui si regge gran parte dell’economia veronese. Settori come quello agricolo, vitivinicolo, edilizio, e della logistica hanno ricevuto, nel corso dei passati decenni, un sostegno sostanziale dall’attività della Fiera in termini di sprovincializzazione e di diffusione della loro presenza sui mercati interni e internazionali.

Rassegne come Fiera Agricola, Vinitaly, Marmomacc, Fieracavalli, Samoter, Motor Bike Expo e molte altre, anche realizzate all’estero, hanno conferito a Veronafiere un ruolo di tutto rispetto nel sistema fieristico italiano.

Stupisce perciò questo intervento sul gruppo dirigente che ha come risultato sostanziale la rimozione del direttore generale Giovanni Mantovani, spostato in una partecipata minore, l’ingresso alla presidenza dell’ex senatore leghista Federico Bricolo, lo spostamento del presidente attuale Maurizio Danese alla nuova carica di amministratore delegato e l’ingresso del nuovo direttore generale Flavio Piva, proveniente dal mondo bancario.

Federico Bricolo

Federico Bricolo

Una operazione di parziale cambiamento che riporta più strettamente la guida della Fiera entro il sistema dei partiti di centrodestra, favorendo in particolare la Lega, e che trova una sua spiegazione anche nella richiesta di cambiamento rivendicata dal presidente della fondazione Cariverona Alessandro Mazzucco, in occasione del rifinanziamento della Fiera.

Va tuttavia precisato che con la marginalizzazione di Mantovani si colpisce il maggior protagonista dello sviluppo della Fiera di questi anni, il quale è rimasto alla guida sostanziale dell’ente fieristico dal 2001, affiancando nel corso di questo periodo più presidenti.

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A parte l’anomalo interessamento di Cariverona a questa scelta, certamente non finalizzata alla difesa del proprio patrimonio, già stranamente impiegato nella Fiera, questa affrettata decisione prescinde totalmente dalle prospettive dell’ente, che si trova in una fase decisiva del suo percorso.

Il settore fieristico, dopo aver subito una grave crisi per effetto della pandemia, gradualmente superata grazie anche ai diversi ristori predisposti dal governo, oggi sta riprendendo il suo ruolo di rilevante fattore di ripresa dell’economia. Contemporaneamente sta attraversando una fase di profonda trasformazione, connessa alla sua presenza sui mercati globali, per cui è costretto a spostare il baricentro della sua iniziativa verso l’estero. Un processo che richiede la realizzazione di  fusioni di vario genere, con il relativo volume di investimenti.

Da questo punto di vista Veronafiere possiede la qualità e la storia per diventare un soggetto aggregante, ma le occasioni perse in passato, e l’assenza dei mezzi finanziari indispensabili, la sta rendendo una possibile preda da parte di una potenziale altra Fiera provvista delle condizioni per assumere una dimensione operativa globale.

Ciò perché la Fiera di Verona, pur avendo come principali azionisti il Comune di Verona (40%), Fondazione Cariverona (24%) e con quote minori Camera di Commercio, Banco-Bpm e Cattolica Assicurazione, oggi, per i mutati rapporti con i suddetti investitori finanziari in seguito alle note partite perse dalla classe dirigente della città, non è in grado di avere a disposizione le risorse finanziarie indispensabili per realizzare una aggregazione da protagonista.

Dopo aver perso l’occasione della fusione con la Fiera di Vicenza, già si era parlato di una aggregazione con Milano, ma finora non se n’è fatto nulla. Il problema comunque rimane aperto come scelta strutturale necessaria, per cui occorre essere preparati per affrontarlo con doveroso realismo.

Non so quanto il nuovo gruppo dirigente ne sia consapevole, ma dalle prime dichiarazioni sembra che i successi del passato spingano in direzione di una continuità, senza particolari prospettive.

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Rimane quindi auspicabile un sollecito ravvedimento perché altrimenti anche la Fiera di Verona può essere facilmente destinata a una svendita di sopravvivenza, per non aver compreso, chi la guida, l’inevitabile direzione di marcia del settore.

Verona ha già collezionato troppe sconfitte che hanno ridimensionato le sue possibilità di sviluppo qualificato per potersi permettere altri errori così penalizzanti per il suo futuro.

Luigi Viviani

Written By

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

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