Il 13 maggio, al Palazzo della Gran Guardia di Verona, è stata inaugurata la mostra Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese. È dal 2014, con la mostra La Verona di Paolo Veronese, che la nostra città non ospitava un avvenimento culturale di tale livello. La pandemia ha fatto slittare l’apertura dell’evento di quasi due anni, ma l’attesa è stata abbondantemente ripagata. Sino al 2 ottobre 2022, sarà possibile ammirare le oltre 120 opere, provenienti dai maggiori musei internazionali e dalle più prestigiose collezioni private.
Giovanni Francesco Caroto è un pittore che non ha avuto il riconoscimento che merita ma, iniziando proprio da questa splendida mostra, spero gli venga attribuito il suo reale valore e il suo importante ruolo nell’arte pittorica del Rinascimento italiano.
Nacque a Verona, forse nel 1480. Dopo aver vagabondato soprattutto a Mantova, Milano e Casale Monferrato, in cerca di nuovi stimoli e linguaggi artistici, intorno al 1530, tornò nella sua città natale, dove morì nel 1555. Le sue spoglie riposano accanto a quelle del fratello Giovanni, nella cappella di San Nicolò, presso la chiesa di Santa Maria in Organo a Verona.
Giovanni Francesco Caroto è stato allievo di Liberale da Verona, assieme ad Antonio da Vendri, Niccolò Giolfino e, forse, ad Andrea Mantegna. Durante la sua vita artistica, si ispirò, tra i vari, a Raffaello, a Mantegna, ai leonardeschi Bernardino Luini e Cesare da Sesto e a Bramantino, abbandonando progressivamente la tradizione della scuola veronese di pittura. Influenzò parecchi pittori veronesi, tra cui Francesco Morone e Francesco Torbido.
Non va scordato che Verona, in quegli anni, aveva ospitato veri e propri giganti dell’arte rinascimentale, quali il Mantegna e il Veronese, oltre ad altre figure di altissimo rilievo. In quello splendido scenario, Caroto emerge come uomo e artista complesso, intelligente, curioso e interessante.
Non si fermò a Verona, volle perfezionare la sua formazione artistica alla corte dei Gonzaga a Mantova, sotto l’egida di Mantegna; a Milano, alla corte di Antonio Maria Visconti; e a Casale Monferrato, dal marchese Guglielmo IX Paleologo.
Durante tutta la sua vita, si impegnò in una attenta ricerca delle diverse correnti pittoriche. Prese ispirazione dalle opere di grandi maestri dell’epoca e studiò attentamente la pittura fiamminga e nordica. Nelle sue opere emerge una luminosità contraddistinta da una caratteristica sfumatura e da un deciso uso del colore.
Una certa critica, piuttosto ingenerosa, gli contestò un eccessivo eclettismo, dovuto ai troppi stili presenti nelle sue opere. In realtà erano il frutto delle sue attente ricerche che, intorno al terzo decennio del 1500, lo portarono ad ispirarsi anche a Giulio Romano e al Parmigianino. Nell’ultimo periodo le sue opere persero la forza e la brillantezza delle precedenti e decretarono il termine della sua produzione pittorica.
La complessa vita artistica del Caroto è intelligentemente spiegata nell’itinerario della mostra, che si articola in nove sezioni, che permettono di cogliere l’evoluzione dell’artista, dai suoi primi fermenti giovanili, al consolidamento della sua arte, sino alle produzioni dell’età matura. Nel percorso tematico le sue opere sono accostate a quelle di altri protagonisti dell’arte pittorica di quegli anni.

Il Presidente ucraino Poroshenko con i quadri trafugati a Castelvecchio
Alcuni dipinti esposti, sono conservati a Castelvecchio, tra questi, Giovane monaco benedettino e Ritratto di fanciullo con disegno, quest’ultimo è uno dei 17 quadri rubati nel 2015 e ritrovati in Ucraina; nei nostri musei civici; nel palazzo Marogna e nelle chiese di Verona, quali: San Giorgio in Braida, San Giovanni in Fonte, Santo Stefano, Santa Maria di Nazareth, San Girolamo, San Paolo in campo Marzio, Santa Maria in Organo, San Fermo, Santa Anastasia, San Bernardino e Santa Eufemia.
Questo importante evento ha fornito l’opportunità di effettuare una serie di interventi conservativi e una vasta campagna di analisi diagnostiche, che hanno permesso di contribuire alla salvaguardia dell’opera del Caroto e alla maggior conoscenza delle sue tecniche operative.
Il lavoro di ricerca per realizzare l’esposizione ha coinvolto diversi istituti del sistema museale veronese: il Museo di Castelvecchio, quale capofila; il Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle, il Museo Archeologico al Teatro Romano, il Museo Lapidario Maffeiano e il Museo di Storia Naturale.
Un ruolo importante l’hanno avuto i musei del Palazzo Ducale di Mantova e del Castello Sforzesco di Milano, due città, oltre Verona e Casale, dove Caroto esercitò la sua attività artistica.
Gli ottimi curatori dell’esposizione, promossa dai Musei civici veronesi, sono Francesca Rossi, Direttore dei Musei civici, Gianni Peretti storico dell’arte ed Edoardo Rossetti, della Scuola Universitaria Professionale Svizzera Italiana.
Giorgio Massignan

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com

Maurizio Danzi
17/05/2022 at 18:18
Dò per letto il sapiente commento di Giorgio. Sfruttare ribassi d’asta che derivano da compensi da fame (5 euro lordi all’ora per i lavoratori di guardiania) è vergognoso. Neanche in Puglia per raccogliere pomodori con i caporali. Con l’aggravante che il Comune ente pubblico non può avere questi comportamenti.