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Libertà di stampa, l’Italia in caduta libera perde 17 posizioni

Un mondo in sofferenza, tra giornalisti sotto scorta, querele temerarie, lavoro precario, concentrazioni editoriali, autocensura e conformismo

Giornali

C’è libertà di stampa in Italia? Sì, ma non siamo messi benissimo e nell’ultimo anno secondo la rilevazione di RSF (Reporters Without Borders) siamo scesi di 17 posizioni, dal 41° al 58° posto. Tra i 27 Paesi della UE siamo nel gruppo di coda, peggio di noi solo Bulgaria, Cipro, Grecia, Malta, Polonia e Ungheria.

La classifica della libertà di stampa è stilata sulla base di cinque indicatori: il contesto politico, giuridico, economico, socioculturale e della sicurezza, e su ciascuno di essi RSF ha esaminato la situazione assegnando un punteggio.

Per quanto riguarda la sicurezza, è noto come condurre indagini giornalistiche sulla criminalità organizzata e le connessioni fra clan mafiosi e potere politico esponga a ritorsioni e violenze. Lo sanno bene quei venti giornalisti italiani sotto scorta a causa di intimidazioni e minacce di morte. Aggressioni verbali, e talvolta fisiche, sono sempre più frequenti anche verso cronisti e cameramen in occasione di manifestazioni e cortei di protesta, a testimonianza di una sempre maggiore polarizzazione e degrado socioculturale.

Per quanto riguarda il quadro giuridico, RSF rileva in Italia una paralisi dei progetti di legge tesi a tutelare e migliorare la libertà giornalistica. Un problema molto serio nel nostro Paese è quello della “querela temeraria”, ovvero quelle denunce, palesemente infondate, ma con minaccia di risarcimenti milionari, verso cronisti che si occupano di indagini scomode.

Shireen Abu Akleh

Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa in Cisgiordania

Anche se si risolvono con il “non luogo a procedere” per l’inconsistenza dell’accusa, costano tuttavia tempo e soldi per la difesa legale, e sono veri e propri arroganti atti intimidatori. Basta ricordare che la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata nel 2017, a causa delle sue inchieste sul riciclaggio internazionale, stava anche difendendosi da decine di cause legali intentate nei suoi confronti.

La crisi economica non aiuta la libertà di stampa, così come il continuo calo delle vendite di giornali ed i media sempre più dipendenti da sussidi statali e introiti pubblicitari. Le redazioni ormai da decenni vedono ridursi il personale, peggiorare le condizioni di lavoro ed aumentare i contratti precari. Tutte condizioni che incidono sull’autonomia e indipendenza dei giornalisti.

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Da molti anni si assiste anche alla concentrazione editoriale di tante testate giornalistiche e alla graduale riduzione degli editori puri, sostituiti da gruppi economici e finanziari. Nel 2020 il passaggio di proprietà di giornali quali Repubblica, la Stampa, Il Secolo XIX, ma anche HuffPost Italia, l’Espresso, Limes, Micromega e altri, acquisiti da gruppo EXOR, società olandese controllata dalla famiglia Agnelli.

Con tutto il rispetto per la professionalità dei Direttori e delle redazioni di questi giornali, tuttavia i lettori più attenti si sono già accorti di come la visione del mondo proposta da queste testate si sia gradualmente allineata e subordinata a quella del nuovo editore.

Non a caso RSF, per quanto riguarda il contesto politico italiano, sottolinea la tentazione di tanti giornalisti italiani di autocensurarsi e conformarsi alla linea editoriale della testata per cui scrivono, per evitare denunce per diffamazione e intimidazioni. Amara conseguenza di una scarsa tutela legale del loro lavoro e della precarietà dello stesso.

Daphne-Caruana-Galizia, giornalista maltese uccisa nel 2017

Daphne-Caruana-Galizia, giornalista maltese uccisa nel 2017

Eppure il giornalismo ha una funzione essenziale in una società democratica. I media, sia televisivi che della carta stampata, hanno la capacità di aiutare i cittadini a orientarsi attraverso la rappresentazione dei fatti del mondo che essi propongono. È una responsabilità tremenda, perché in grado di condizionare l’opinione pubblica verso interessi di parte piuttosto che quelli generali del Paese, così come di orientare verso la guerra piuttosto che la pace.

Non è un buon viatico per la libertà di stampa la presenza di troppe testate di proprietà di gruppi finanziari, spesso sovranazionali, ideologicamente orientati verso interessi di elite e gruppi di potere lobbistici. Così come non contribuiscono al libero pensiero democratico le liste di proscrizione mediatiche, recentemente compilate da alcuni noti giornalisti, in riferimento alla guerra in Ucraina.

Catalogare le persone che esprimono dubbi sull’invio delle armi, o sostengono la priorità del cessate il fuoco e la non violenza o ragionano sulle cause della guerra, oltre che arrogante ha un rancido retrogusto fascista.

Forse anche per queste ragioni è in sofferenza il giornalismo italiano e sta perdendo posizioni nel confronto internazionale.

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Claudio Toffalini

Written By

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it

1 Comment

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  1. Redazione2

    14/05/2022 at 11:38

    Un ritardo culturale di cui anche la sinistra è complice, insieme ad altri sedicenti gruppi progressisti appiattiti su un’idea di giornale funzionale a dare la visibilità sufficiente a mantenere una quota minima di potere: vale per l’Italia ma vale anche per Verona. È raro che un politico critichi il sistema mediatico, se ne guarda bene, mentre da anni è ferma in Parlamento una Legge contro la “Querela temeraria”. Cos’è la Querela temeraria? La possibilità di querelare il giornalista anche senza ragioni plausibili, spesso con il solo scopo di intimorirlo. Un processo che va avanti per anni, come è accaduto al sottoscritto, e che ti complica un po’ la vita. La Legge che non decolla inserirebbe la clausola che nel caso il reato non sussista, e il giornalista venisse assolto, il querelante debba pagare una multa. g.mont.

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