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Editoriale

Quando la memoria non può essere affidata ai privati

Un problema molto sottovalutato che si intreccia con il sostegno del pluralismo e la salvaguardia della democrazia

Il deposito librario della Biblioteca Civica di Verona
Il deposito librario della Biblioteca Civica di Verona

In un’intervista rilasciata a Verona In la dottoressa Daniela Brunelli, coordinatrice del sistema bibliotecario dell’Università di Verona e presidente della Società Letteraria, risponde alle domande di Gregorio Maroso sul tema della memoria, intesa come conservazione della produzione intellettuale di una società che in pochi anni è passata dalla carta al digitale, con tutti i problemi connessi alla conservazione dei dati.

«I lati positivi – spiega Brunelli – riguardano la tutela e la salvaguardia dei beni materiali dall’usura e l’accessibilità globale a cui la digitalizzazione apre: uno studioso, per consultare documenti unici molto distanti fisicamente, non deve più spostarsi, perché può farlo comodamente da remoto. Lati negativi francamente non riesco a vederne, se non il rischio di perdere informazioni a causa dei repentini mutamenti tecnologici».

C’è però un aspetto che dovrebbe preoccupare più dei repentini mutamenti tecnologici di cui parla Brunelli. Questo è infatti un particolare meramente tecnico, facilmente risolvibile, mentre è più grave la perdita di alcuni contenuti prodotti da privati perché non più conservati in archivi pubblici a seguito del passaggio dalla stampa al digitale.

Per fare un esempio, questo giornale è stato stampato dal 2003 al 2013 e tutte le copie si trovano nella Biblioteca Civica di Verona: qualcuno le ha raccolte e conservate ed è stata una piacevole scoperta. Nulla si trova invece dal 2014 ad oggi, periodo in cui la pubblicazione è proseguita in internet, tanto che se il giornale dovesse chiudere non rimarrebbe traccia degli ultimi 10 anni.

Non è vero che alla conservazione deve provvedere l’editore “perché è nel suo interesse”, come dice la dottoressa Brunelli nell’intervista. Di fronte ad una situazione di crisi il privato può infatti scegliere di sacrificare la memoria la cui conservazione e fruibilità potrebbero avere un costo ritenuto insostenibile o comunque non opportuno.

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Diverso è l’approccio dell’ente Pubblico che in un’attività culturale, anche se di natura privata, può riconoscere un bene collettivo, degno di entrare a far parte della memoria di una comunità. Un compito, quello della conservazione, a cui non è possibile rinunciare solo perché c’è un passaggio dalla carta al digitale.

Lo stesso studioso citato dalla dottoressa Brunelli riesce a ricostruire il passato avvalendosi non solo di documenti ufficiali ma anche di materiale fuori dal main stream del tempo che contribuisce a dare un quadro più realistico del periodo storico preso in esame. Se questa memoria venisse a mancare sarebbe molto grave.

Il problema dunque esiste, si intreccia con quello della democrazia per la valenza politica attribuita alla storia ed è piuttosto sottovalutato.

Giorgio Montolli

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Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

2 Comments

2 Comments

  1. Maurizio Danzi

    02/05/2022 at 14:02

    Interessante.
    Da poco si è celebrato il 25 Aprile e risulta determinante ciò che sta in sottofondo a questo articolo e alla intervista sempre come interlocutrice la Dottoressa Brunelli : la differenza fra ricordo e memoria .
    Credo che la sinistra debba esserne consapevole perchè il prossimo scontro elettorale fino alle future elezioni politiche non potrà avere questa caratterizzazione.

  2. Claudio Toffalini

    01/05/2022 at 10:33

    Conserviamo negli archivi documenti originali cartacei che hanno diverse centinaia di anni. Non sappiamo se i documenti correnti, immateriali, fra centinaia di anni li avremo ancora. Negli album di famiglia conserviamo le foto cartacee dei nostri nonni, genitori e fratelli. Ma da un paio di decenni teniamo tutto sul computer dove basta una disattenzione o un virus informatico a cancellare i nostri ricordi e momenti più cari. Penso che faremmo bene a riportare dal digitale al cartaceo almeno una parte dei documenti e foto della nostra vita. Senza contare che sfogliare un album dà delle emozioni che un tablet non riuscirà mai a trasmetterti.

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