Pur contando sulla sua fortunata posizione geografica, sulle eccellenze economiche e finanziarie lasciatele in eredità dagli amministratori del passato, e sul prezioso patrimonio storico monumentale che la caratterizza, la nostra città, anziché migliorare il suo ruolo nel panorama italiano ed europeo, lo ha addirittura visto sminuire a livello regionale.
Perché si è giunti questa tragica situazione? I motivi sono parecchi e comprendono la qualità del personale politico-amministrativo, la poca lungimiranza delle associazioni imprenditoriali e la negligenza degli stessi veronesi, più interessati a coltivare il proprio orticello, anziché occuparsi concretamente della cosa pubblica.
A tutto questo va aggiunta la lottizzazione politica delle aziende pubbliche partecipate e dei relativi e ben pagati posti nei consigli di amministrazione che, se appagano i bisogni dei professionisti della politica, non sempre coincidono con la loro competenza.
In questo scenario emergono le varie opportunità perdute, che avrebbero potuto favorire Verona a progredire e migliorarsi. Tento un breve elenco delle più importanti. Inizio con il periodo della sindaca Michela Sironi, tra il 1994 e il 2002.
Le due principali opportunità mancate sono state: la prima, nella non definizione del Piano Regolatore Generale, sulla base del Progetto Preliminare di Piano, che bloccava il consumo del suolo, ristrutturava le aree dismesse, prevedeva il parco dell’Adige e della collina, e inseriva un sistema moderno di trasporto pubblico; ma soprattutto, manteneva al potere pubblico il diritto-dovere delle scelte urbanistiche e non lo delegava agli interessi dei privati.
La seconda, nella non realizzazione del Parco o Polo dell’Innovazione alla Marangona, che avrebbe permesso un collegamento tra la nostra università e alcune delle principali aziende di ricerca scientifica e tecnologica, nazionali e internazionali. In questo caso fu molto negativo il ruolo di contrapposizione assunto dalla Confindustria veronese.
Negli anni che vanno dal 2002-2007, con la giunta Zanotto, si è persa la grande occasione di dotare la città di un moderno sistema di trasporto pubblico, già parzialmente finanziato dallo Stato.
Inoltre, con l’approvazione del PAT e del PI, i nuovi strumenti urbanistici, si sarebbe potuto trasformare radicalmente l’assetto territoriale, garantendo maggior qualità urbana. Una seconda occasione perduta, è stato il mancato inizio della ristrutturazione dell’Arsenale, con destinazione culturale-museale.
Gli anni dal 2007 al 2017, sono stati caratterizzati dalle due giunte del sindaco Tosi. Anche in questo caso si sono perse varie opportunità: la prima è relativa al peggioramento dei piani urbanistici, lasciando che fossero gli interessi degli investitori privati a decidere le destinazioni d’uso del territorio.
La seconda riguarda la non realizzazione di un grande e importante campus universitario a Passalacqua, con un ampio parco pubblico, preferendo costruire alcune stecche di edifici residenziali, in deroga alle norme vigenti per il Centro Storico.
La terza è stato il definitivo abbandono del progetto di tramvia e di trasporto pubblico, per optare su un irrealizzabile e devastante traforo della collina.
La quarta è stata la mancata progettazione di un sistema urbanistico di riqualificazione degli edifici storico-monumentali pubblici, preferendo cederli alla Fondazione Cariverona e ad altri privati.
In questo modo, si è persa l’opportunità di pianificare un sistema culturale-museale, che collegasse i vari musei cittadini con l’aggiunta di quelli futuri a Palazzo Forti, a Castel San Pietro e al Palazzo del Capitano.
La quinta riguarda la mancata trasformazione dell’aeroporto Catullo nel fulcro principale di trasporto aereo delle provincie di Verona, Mantova, Vicenza , Brescia, Trento e Bolzano. Si è quasi lasciato fallire relegandolo a “suddito” del Marco Polo di Venezia.
La sesta è stata la gestione della Fondazione Arena, che ha rischiato il default, così come della stessa Fiera, che non ha vissuto momenti felici.
La settima è stato l’abbandono del progetto di un polo finanziario, che avrebbe portato Verona a diventare uno dei principali centri della finanza nazionale. In alternativa, si è realizzata una serie eccessiva di centri commerciali. Una delle conseguenze di questa scelta ha portato Verona a divenire una succursale della piazza finanziaria di Milano.
L’ottava è stata la gestione culturale. La seconda giunta Tosi si è caratterizzata per la mancanza di un assessorato alla Cultura, con la ovvia conseguenza che gli interessi per le funzioni a carattere culturale, venissero sostitute da quelle commerciali e direzionali. Così, anziché realizzare la cittadella della cultura nell’area degli ex Magazzini Generali, com’era nei progetti iniziali, si è preferito destinarla a zona di negozi e uffici.
Dal 2017 al 2022, Verona è stata amministrata dalla Giunta guidata dal sindaco Sboarina. La prima opportunità perduta è stata la possibilità di pianificare il territorio sulla base di precise analisi oggettive, che definissero i reali bisogni e le relative risposte.
Se la precedente amministrazione aveva peccato di bulimia per i centri commerciali, quest’ultima si è dimostrata bulimica per gli eccessivi mq di alberghi.
La seconda, è stata delegare ancora una volta la pianificazione urbanistica agli investitori privati, anziché programmarla con un metodo partecipato, diretto dalla Pubblica Amministrazione.
La terza è stato il mancato intervento nel Centro Storico per frenare l’abbandono degli abitanti, favorendone altresì la destinazione turistico-commerciale.
La quarta riguarda il piano culturale. Si è contrastata l’opportunità di progettare un sistema museale-culturale con il museo di Castelvecchio come fulcro principale, ampliato degli spazi ora occupati dal Circolo Militare Unificato.
La quinta è relativa al non aver destinato l’Arsenale a centro culturale-museale e quale continuazione del museo di Castevecchio. In compenso, si è progettato e pare finanziato, un intervento a ridosso dell’Adige al Pestrino, accanto al forte Santa Caterina, per costruire i cosiddetti Magazzini della Cultura, adibiti all’esposizione delle opere d’arte ora non visibili perché in deposito a Castelvecchio. Non si è capito perché non si sia scelto di esporle all’Arsenale, a pochi passi dal museo di Castelvecchio.
La sesta è stata la bocciatura di Verona quale candidata tra le dieci finaliste per concorrere al titolo di capitale della cultura italiana per il 2022. Del resto, con la logica utilizzata per pianificare il territorio, erano stati presentati progetti non idonei, tra questi quello dei Magazzini della Cultura al Pestrino, e quindi respinti.
La settima riguarda il sistema del verde. Si sono perse le occasioni per realizzare una fascia verde di collegamento dei forti austriaci extra moenia; un vero parco urbano nell’area dello Scalo Merci Ferroviario; e la pianificazione dei parchi delle mura e della collina.
L’ottava è relativa al problema della mobilità. Questa Amministrazione ha ereditato il progetto del filobus dalla precedente Giunta. Pur rendendosi conto che si trattava di un sistema inadatto, vecchio, superato e con un impatto ambientale molto pesante, non ha avuto il buon senso di bloccarlo per scegliere un sistema più idoneo alla nostra città. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ma, in questi ultimi decenni, quello che è mancato maggiormente, è stato il coraggio e la lungimiranza di pianificare il territorio veronese, guardando al futuro.
Lasciare la Fiera nello stesso luogo dov’è ora e investire grosse somme per ristrutturarla, ha significato bloccare la trasformazione della ZAI in una porzione di città. La Fiera andava spostata in una zona lontana dai centri abitati e servita adeguatamente dai mezzi pubblici. Milano docet.
Lo stesso vale per l’ospedale di Borgo Trento. Era giusto lasciare in zona un presidio sanitario, ma l’ospedale andava spostato in una area facilmente raggiungibile e lontana dall’abitato.
Aver investito parecchie energie economiche per la ristrutturazione e potenziamento di questi due importanti poli, ha significato frenarne eventuali altri sviluppi per mancanza di ulteriori spazi e bloccare la qualità urbana dei luoghi dove sono situati.
Va sottolineato che molti problemi alla viabilità cittadina sono provocati proprio da queste due importanti strutture, ubicate in zone altamente urbanizzate.
Giorgio Massignan
VeronaPolis

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com

Giorgio Massignan
04/05/2022 at 10:02
Sono d’accordo con lei che è stato ed è scandaloso lasciare un’area come la Marangona in stand by per tutti questi decenni. Con le sue note sta confermando quanto ho scritto nel mio articolo: è la Pubblica Amministrazione che deve pianificare. Per quanto riguarda il progetto del Polo dell’Innovazione, sui rapporti con le aziende tecnico-scientifiche che avrebbero potuto insediarsi e sulle relazione con gli Istituti universitari, al Consorzio ZAI ci sono tutti i documenti. Comunque, basterebbe parlare con il dottor Vinco, allora dirigente del Consorzio, per avere le informazioni necessarie.
Giorgio Massignan
03/05/2022 at 11:16
Il Consorzio ZAI aveva pianificato il Polo dell’Innovazione negli anni ’80 ed era pronto a realizzarlo. Sono state le pressioni della Confindustria e la mancata lungimiranza della classe politica che hanno provocato l’attuale situazione. Purtroppo
Nato Vincolato
03/05/2022 at 18:08
Si parla di opere tenute ferme su proprietà che ancora ad oggi non sono pubbliche.
Bene, se il problema è stato che Confindustria era contraria, poteva dimostrare responsabilità concreta, esporsi con il Comune e proporsi per acquisire le aree.
E’ bello tirare a decidere / campare sulla pelle degli altri.
Non cerchiamo di buttare fumo, l’attività pianificatoria spetta al Comune, non alla Confindustria.
Investitori ed aziende interessate all’acquisto per lo sviluppo di queste aree ci sono oggi e ci sono sempre state!
Sono state letteralmente mandate a casa, perché semplicemente si è deciso di non voler pianificare nulla.
Ma la vera domanda resta: COME MAI ?
La pianificazione si attua su PUA, PPA o PI reali, presentati e portati in approvazione in Comune, agli atti.
Le aree non sono mai state oggetto reale di pianificazione definitiva.
Con Parco scientifico tecnologico e Polo dell’Innovazione, termini così grandi e distanti, concretamente che cosa si vuole sviluppare e costruire in concreto ?
Chi sono le aziende che nel 2006 realmente hanno manifestato così tanto interesse ad intervenire investendo in queste opere e con che attività ?
Aziende che avrebbero sviluppato un’area che nel complesso si sviluppa 1 milione e mezzo di mq., perché in tal senso è stata indicata l’area.
Come ha fatto seguito l’Amministrazione nel 2006 dopo le indicazioni avute dalla Regione ?
Si sono creati grandi idee, per fare in modo che tutto rimanesse semplicemente fermo. Le indicazioni e il PAQE regionale hanno prodotto solamente come risultato il congelamento delle proprietà e taltomeglio per un periodo indefinito!
Oggi Accordo di programma PUA – Corte Alberti => VGP : sviluppatori di parchi logistici e semi industriali : costruttori di capannoni industriali.
Si sta seguendo le indicazioni del comparto C2 ?
Unico comparto guardacaso già sottoscritto e definito con permesso a costruire convenzionato, mentre per i restanti 4 comparti non vi è alcuna indicazione, si è pianificato ?
Parliamo di Ikea, di stadio, di aziende che si sono sinceramente esposte o strutture che di concreto sono necessarie, opportunità reali per la città, per posti di lavoro, per sviluppo! Investitori più che persi, che qualcuno ha deciso di buttare nel c…o!
E’ stato criticato e definito come sbagliato Adigeo, ma realmente mi sembra che la gente lo apprezzi molto, sia concretamente quello che serve e sia anche sempre bello pieno.
Parliamo di Amministrazioni e Amministratori tenuti a pianificare, che invece in 50 anni non hanno prodotto nulla.
Non sembra un po’ strano che un Comune non pianifichi effettivamente delle aree, quando le stesse per PRG e per richiesta di mercato siano state oggetto di moltissime opportunità ?
Non lo dico io, lo dicono i fatti: oggi la Marangona è com’era 50 anni fa, senza se e senza ma !
Cordiali saluti
Nato Vincolato
02/05/2022 at 20:50
“La seconda, è stata delegare ancora una volta la pianificazione urbanistica agli investitori privati, anziché programmarla con un metodo partecipato, diretto dalla Pubblica Amministrazione”
Riguardo questa osservazione: sembra invece che il tempo e la realtà dimostri l’esatto contrario: è stata proprio INTENZIONE della Pubblica Amministrazione aver prorogato l’immobilismo (Marangona 1975 – 2022). Sbugiardata, congelata e mai definitivamente pianificata: nonostante l’Amministrazione ne dichiari ancora oggi l’intenzione di una pianificazione sotto progetto di sviluppo unitario e sia stata posta come appartenente a “Programmi complessi – aree dismesse o da riconvertire”.
Le aree sono terreni e corti: future zone industriali di espansione indicati da variante PRG del 18.08.1975
Attenzione alle date: Legge 378 “vincolo ex lege” Consorzio Zai 03.09.1975.
Ente propulsore (statuto 1948), che avrebbe dovuto (al tempo) per termini di efficacia di tale vincolo sviluppare tali aree entro 10 anni.
La Regione Veneto che rispettivamente nel 1999 e nel novembre 2006 (quindi ben 24 – 31 anni più tardi) indica tali aree come zone di sviluppo del Quadrante Europa (PAQE) .
Comparto C2 : “innovazione tecnologica”.
Chi ne è proprietario, STABILISCE democraticamente la Regione deve entrare “in convenzione con il Consorzio”.
Dopo un arco temporale di circa 30 anni la Regione indica aree che non sono di proprietà del Consorzio Zai, come in gestione al Consorzio, che per tale tempo non le ha invece pianificate.
E’ un po’ tutto così strano a Verona.
Perché un’area che viene delimitata per perimetro da un vincolo ex lege, una volta decaduto, non è tornata area agricola, oppure come accade nella normalità di tutti i Comuni viene definitivamente pianificata ?
Perché quanto ad oggi in fase di approvazione (accordo di programma in essere tra Comune e Zai) non ha previsto una trasparente e chiara indicazione destinazione di sviluppo delle aree (AIU) ?
Dopo un arco temporale di circa 46 anni ciò che sta accadendo è questo, il Comune (2021) ha sottoscritto con un Consorzio un accordo di programma per la pianificazione di aree, senza preoccuparsi delle destinazioni definitive d’uso, né che le aree vengano acquisite da chi ne ha la gestione e quindi riceve le proposte.
Si potrebbe scrivere un bel libro sulla Marangona, se ha del tempo le do anche degli spunti corretti e magari veritieri.
Sono trascorsi quasi 50 anni e c’è ancora chi fa delle proposte, o tiene nel cassetto la gestione di investitori, che sono da sempre interessati allo sviluppo, vista la naturale posizione delle aree stesse.
Cordiali saluti