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Lettere

Scuola e lavoro dopo la morte dello studente di Udine

Molti ragazzi finiscono per colmare un’esigenza di manodopera. Abbiamo leggi severissime ma siamo tra i primi paesi per le morti bianche

Alternanza scuola lavoro
Alternanza scuola lavoro

Il rapporto tra il mondo della scuola e il lavoro è cambiato in Italia a partire dai primi anni del 2000, subendo una rapida accelerazione con la riforma della Buona Scuola varata nel 2015 dal governo Renzi e dall’allora ministro dell’istruzione Stefania Giannini.

La vicenda terribile accaduta in una fabbrica di Udine in cui ha perso la vita un giovane di appena 18 anni deve farci riflettere molto in quanto cittadini plausibilmente dotati di buon senso.

Tutti noi avremmo potuto esserci o altrimenti un nostro fratello, un nipote, un cugino o un amico. I principi e le gerarchie si sono inceppati tanto nella scuola quanto nella società, creando un corto circuito che ha prodotto un’assenza di dialogo tra genitori, scuola e mondo del lavoro.

Molto ragazzi con l’alternanza scuola-lavoro si trovano a dover colmare un’esigenza di manodopera senza mai avere avuto un’esperienza pratica del lavoro.

Mentre infatti uno stagista è un soggetto che deve superare un periodo di prova con la finalità di essere assunto, uno studente in alternanza scuola-lavoro deve avere come primo obiettivo la formazione scolastica.

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Il nostro paese ha bisogno di migliorare la sicurezza perché viviamo un paradosso atipico; abbiamo norme e leggi severissime ma siamo tra i primi paesi per numero di incidenti mortali negli ambienti di lavoro.

Per questo motivo, dopo il terribile incidente di Udine molti studenti e coetanei del ragazzo friulano sono scesi in Piazza del Pantheon a Roma a protestare contro l’alternanza scuola-lavoro. L’episodio non ha sconvolto solo i giovani studenti ma tanti lavoratori adulti che hanno espresso solidarietà nei loro confronti.

Questo tipo di progetto scolastico curriculare sottrae molto tempo allo studio, alla formazione e alla didattica e fornisce manodopera gratuita avvantaggiando così molte aziende e datori di lavoro che risparmiano sui costi di assunzione di figure tecniche specializzate.

La scuola deve porsi come obiettivo quello di insegnare un metodo che sia valido anche nel mondo del lavoro, che segue criteri diversi da quello della scuola ma che richiede competenze culturali precise oltre che specializzazione tecnica.

I datori di lavoro, d’altro canto, per raggiungere utili e dividendi, dovrebbero valorizzare le risorse che provengono dalla scuola, soprattutto in un Paese come il nostro in cui basterebbe davvero poco per rendere i giovani protagonisti del futuro.

Michelangelo Piccin

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3 Comments

3 Comments

  1. Marcello Toffalini

    15/02/2022 at 16:34

    Inutile dire, caro Michelangelo, che concordo con molte sue riflessioni a proposito della Buona Scuola, e soprattutto sul fatto che gli alunni devono essere educati per divenire pienamente cittadini, più che futuri consumatori.
    Se poi consideriamo la smania di tanti (troppi) genitori sempre pronti a contestare ogni fallo e/o voto dei propri figli, e se aggiungiamo a questo gli effetti del troppo debole trattamento economico dei docenti che non aiuta a richiamare sulla Scuola l’ interesse di molti giovani, ahimè… Grazie comunque, per aver riportato la sua attenzione su un fenomeno sgradito di questa nostra Scuola, che purtroppo ieri ha ricevuto un altro colpo, per la morte di un altro ragazzo nelle Marche (https://www.open.online/2022/02/14/ancona-incidente-stradale-morto-ragazzo-stage/).

  2. Marcello Toffalini

    13/02/2022 at 23:05

    Premetto che l’Alternanza Scuola-Lavoro, obbligatoria dal 2015 (legge 107), è un prodotto della cosiddetta Buona Scuola del governo Renzi; non deve intendersi come attività lavorativa in senso stretto ma come ”innovazione didattica che fa del lavoro uno strumento di insegnamento che consolida le conoscenze acquisite sui banchi”. Da qui l’uso, incentivato dal Ministero dell’Istruzione, di consentire stage formativi presso alcune Aziende, particolarmente in ambiti professionali.
    Detto questo però molti esperti ed associazioni studentesche fin da subito hanno preso le distanze da quel progetto, ritenendolo pericoloso, se non una forma di “sfruttamento minorile” già nel 2016, fino a richiederne recentemente l’abolizione tout-court. Non c’è dubbio infatti che nel gravissimo incidente in Friuli siano mancate adeguate misure di sicurezza.
    Quanto alla legge in vigore non c’è dubbio che vada cambiata (se non sospesa), almeno nel senso di poter imporre agli impresari coinvolti condizioni d’impiego degli alunni sicure, in contesti formativi, non di sfruttamento. Ci riusciranno a cambiarla le nostre forze politiche?

    • Michelangelo

      14/02/2022 at 11:48

      Gentile Professor Toffalini, la ringrazio per le premesse. Detto ciò, dubito fortemente che le nostre forze di governo riescano ad apportare qualche cambiamento. All’inizio, la Buona Scuola poteva essere anche una buona idea, un tentativo di consentire agli studenti di toccare con mano una realtà diversa dalla scuola. Però…
      Però avrebbe dovuto essere un’alternativa per mettere in pratica le conoscenze teoriche acquisite dagli studenti, non per farli lavorare al Mc-Donalds o utilizzarli come “fotocopiatori”. Ha presente il detto “io ti do una mano e io mi prendo il braccio” ecco, con la Buona Scuola si è verificato questo, ovvero molte aziende hanno utilizzato questa giustificazione per implementare la loro carenza di manodopera.
      Inoltre la Buona Scuola presenta limiti a mio avviso di discriminazione dei docenti assegnando un bonus economico a quelli più meritevoli. Ebbene, ciò, oltre a creare un conflitto di natura personale, non gli consente di migliorare la loro cultura e preparazione. Si sarebbero dovuti creare dei corsi di aggiornamento continui inerenti alle materie che insegnano, in modo da essere in grado di preparare i ragazzi e dialogare con loro.
      Ma l’aspetto più drammatico della Buona Scuola va ricercata nella gestione dei contenuti. Faccio un esempio concreto; la storia dell’arte, la geografia e la storia, sono state depotenziate in nome della tutela del “Made in Italy” e del turismo. Ora, queste discipline servono agli studenti, che sono i cittadini di domani, per dotarsi di uno spirito critico. Questo ruolo lo devono dare la scuola e le famiglie perché gli studenti sono cittadini, non consumatori e possibili clienti. Dal momento che si è creato questo cortocircuito, la politica, legata ad una visione neoliberista, produce il resto dei danni.
      Buona Salute.
      Michelangelo.

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