INTERVISTA – A maggio 2022 Verona ospiterà la finale italiana delle World Robot Olyimpiad (WRO), competizione di robotica rivolta ai più giovani, che si svolge annualmente dal 2004 su scala globale. I vincitori di questa tappa veronese avranno accesso alla finale mondiale con sede a Dortmund (Germania), nel novembre del prossimo anno, e le iscrizioni per parteciparvi sono aperte fino a al 15 marzo 2022.
Organizzatrice della manifestazione è Debora Carmela Niutta, docente di scuola primaria dell’IC San Martino Buon Albergo, specialista nell’educazione digitale e leading teacher in Italia per conto della comunità europea nello stesso ambito. L’abbiamo intervistata per scoprire ulteriori dettagli sulla competizione ed esplorare alcune tematiche legate al mondo della robotica e dell’insegnamento.

Debora Carmela Niutta
– Niutta, che cosa sono le World Robot Olyimpiad?
Niutta. «Si tratta di una competizione globale che coinvolge 96 paesi del mondo. Vi partecipano squadre composte da due o tre elementi più l’allenatore e suddivise per tre fasce di età comprese tra gli 8 e i 19 anni. In base alla categoria a cui appartengono i partecipanti devono costruire, se non addirittura inventare di sana pianta, un robot in linea con il tema che viene proposto di anno in anno. Nel 2022 questo sarà My robot, my friend, incentrato sulle implicazioni dell’impiego sicuro dei robot nell’ambito dell’utilità sociale per l’uomo».
– Chi partecipa a questa competizione?
Niutta. «Spesso scuole che presentano squadre composte da alunni e insegnanti nelle vesti di allenatori, ma capita di vedere anche gruppi privati o genitori appassionati: è un evento aperto a tutti. L’unica restrizione riguarda il momento della gara, nel quale l’allenatore, se si esclude la categoria di età minore, non può essere in campo al fianco della squadra che deve essere in grado di cavarsela da sola».
– Quest’anno la finale italiana si svolge a Verona. In che cosa consiste?
Niutta. «È una tappa che qualificherà direttamente le squadre vincitrici nei vari ambiti di gara alla finale mondiale di Dortmund. In Italia sono tre le categorie attive: la Robot mission, che consiste nella risoluzione di alcune missioni predeterminate attraverso robot fatti con le costruzioni Lego, alle quali se ne aggiunge una a sorpresa; i Future innovators, che possono inventare un robot non ancora esistente con gli elementi che vogliono, a condizione che sia utile come aiuto all’umanità. A questo va affiancato un progetto di fattibilità e replicabilità, più una presentazione per simulare un tentativo di vendita del prodotto nel mondo esterno; infine i Future engineers, che devono costruire una macchina a guida autonoma. Questa è l’unica categoria dedicata ai più grandi, tra i 14 e i 19 anni, mentre le altre sono aperte a tutte le fasce di età».
– Perché la finale si svolge proprio a Verona?
Niutta. «Qui ci sono due squadre, una dell’IC Bosco Chiesanuova e una dell’Istituto Don Bosco, che sono molto forti nella robotica Lego a livello a mondiale. Oltre a questo, abbiamo percepito che l’interesse verso questo mondo sta crescendo in maniera rilevante anche a Verona e, siccome non era ancora stata stabilita la sede della finale italiana, abbiamo deciso di candidarla, forti del fatto che fosse già tappa regionale: è andata bene».
– Cosa significa per la città ospitare un evento del genere?
Niutta. «Da un lato rappresenta un’opportunità per avvicinare persone alla robotica, che spesso è conosciuta solo attraverso luoghi comuni: si pensa che sia un mondo maschile, invece a Verona, per esempio, la maggioranza di chi opera al suo interno è femminile. Dall’altro costituisce invece un’importante vetrina per la città: arriveranno squadre da tutta Italia ed è l’occasione per dimostrare che Verona non è solo storica e culturale, ma anche all’avanguardia sul fronte della tecnologia e del digitale. Cultura umanistica e robotica viaggiano insieme, entrambe sono accomunate dalla stessa creatività e dallo stesso senso artistico: Verona è la città ideale per esibire questo connubio».
– Quanto è importante che un bambino apprenda competenze di robotica?
Niutta. «La robotica è utile non tanto perché i bambini imparano a programmare, piuttosto perché conferisce loro una forma mentis della risoluzione dei problemi: capiscono che il macro-problema va scomposto in tanti piccoli sotto-problemi, da risolvere in un certo ordine necessario per procedere. È una modalità di apprendimento trasversale ed applicabile a tutte le materie: li educa alla pazienza, risultando però interattivo e divertente».
– A Verona quanto sono sviluppati questi metodi d’insegnamento?
Niutta. «Abbastanza, ma c’è ancora da lavorarci sopra. Spesso la classe docente ha paura di confrontarsi con i più giovani, che in certi ambiti possono saperla più lunga, e fatica ad aprirsi impedendo così la possibilità di uno scambio reciproco tra studente e insegnante. Si sta comunque facendo tanta formazione su queste nuove metodologie di insegnamento».
– Che ruolo avranno nelle nostre vite i robot?
Niutta. «Al momento sono considerati come un ausilio a svolgere più velocemente determinati lavori, automatizzando processi di cui anche l’uomo si potrebbe occupare: per questo non sono sempre ben visti. Lo scopo delle competizioni di robotica è proprio quello di dimostrare che i robot costituiscono un grande aiuto per l’uomo, ma che non potranno mai sostituirsi alla persona: perciò in futuro saremo invasi da questo tipo di macchine, ma solo come supporto alle nostre attività di cui avremo comunque il pieno controllo».
– Che peso possono avere nella risoluzione delle sfide ambientali che il nostro mondo propone?
Niutta. «Si sta lavorando anche in questo senso. Penso, per esempio, all’utilizzo di droni come corrieri o al car sharing delle auto a guida autonoma. Ci sono linee di sviluppo da percorrere, ma bisogna che ci sia una nazione pronta ad accoglierle: spesso non siamo ben predisposti a cedere il passo all’innovazione che avanza».
Gregorio Maroso

Gregorio Maroso è laureato in Filosofia, Editoria e giornalismo all'Università di Verona. Da sempre si interroga sulla vita e spera che indagare e raccontare i suoi aspetti nascosti possa fornirgli le risposte che cerca. gregoriomaroso@gmail.com

Dino POLI
15/12/2021 at 23:17
Se non ricordo male, fu il Ferraris a partecipare a vincere i giochi europei per la robotica qualche decennio fa, con l’Istituto don Bosco, con fasi anche in Belgio e finali al San Zeno. Il prof. Athos Arzenton era il coordinatore, ricorderà certamente.