Per questo spunto di riflessione prendo, come riferimento, un recente convegno a cura dell’Adoa (Associazione diocesana opere assistenziali) con la partecipazione di una serie di altri enti e associazioni, compreso il Comune di Verona, sul tema Covid post Covid e Pnrr affrontato dal punto di vista delle esperienze locali di cura, incentrate sulle Rsa e sui disabili. Un convegno intenso, preparato nelle sue articolazioni e portatore di un preciso messaggio alla politica.
La vicenda della pandemia ha messo a dura prova le strutture volontarie di cura locali, ha sconvolto le loro funzioni fino a mettere a rischio la loro sopravvivenza. Ha sottoposto a rischio la vita di tanti assistiti, pagando il prezzo di diverse morti, ha sottoposto il personale addetto a durissime, impensabili condizioni di lavoro. Le norme di comportamento, spesso modificate, talvolta non hanno corrisposto alle reali condizioni di funzionamento e di vita delle Rsa. Nonostante tutto questo, nei contributi dei protagonisti sono emersi la consapevolezza e l’orgoglio di aver gestito e superato una partita decisiva, grazie all’impegno e alla sperimentazione di nuovi modelli di cura territoriale, fondati sulla progettualità locale, la valorizzazione e la tutela del lavoro degli operatori e il rispetto della dignità degli assistiti.
Da questa vicenda le diverse strutture sono uscite trasformate con la coscienza di rappresentare un segmento importante del welfare locale, oltre che una significativa realtà economica che, nella nostra provincia, offre lavoro a circa 10 mila operatori, e si propongono di partecipare da protagoniste nel futuro sistema sanitario e sociale del territorio.
Dal convegno è emersa anche la consapevolezza che 1. gli effetti della pandemia hanno ammaccato il nostro sistema sanitario pubblico, determinando disservizi, ritardi e disuguaglianze, specie nella cura delle malattie extra Covid. 2. è stata incentivata la concorrenza delle strutture private, meno impegnate nella lotta alla pandemia. È emersa quindi la preoccupazione circa la capacità del sistema sanitario locale di saper utilizzare concretamente le risorse messe a disposizione dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
Sulla definizione e concreta realizzazione dei progetti, che saranno definiti in sede locale, permangono diversi interrogativi circa la capacità di risolvere i diversi problemi relativi, da parte della politica istituzionale, che al convegno ha brillato per la sua assenza. È pur vero che il Comune di Verona figurava tra gli enti promotori dell’iniziativa e che l’assessore comunale ai servizi sociali Daniela Maellare ha svolto un appassionato intervento sulla collaborazione tra Comune ed enti assistenziali nel territorio. Interventi che hanno permesso un positivo livello di tutela di alcuni gruppi di cittadini poveri e senza fissa dimora. Ma il lavoro e l’impegno di un assessore non configura la politica sanitaria e assistenziale del Comune, che rispetto alle aspettative e ai contenuti del convegno, è rimasto un convitato di pietra.
Una assenza incomprensibile alla luce del rilievo assunto dagli effetti della pandemia sui servizi di cura e assistenza nella vita dei veronesi. Se raffrontiamo infatti la tradizionale qualità della sanità scaligera, che dal dopoguerra in poi è diventata tra le più avanzate del Paese, e il sostanziale disimpegno dell’attuale amministrazione, c’è da rimanere allibiti. Il fatto che la competenza formale sia assegnata alla Regione non giustifica tale trascuratezza, avendo presente che il sistema sanitario è strettamente integrato con la realtà sociale e territoriale e deve di conseguenza saper integrare e valorizzare la enorme risorsa del volontariato locale che a Verona rappresenta una risorsa di prima qualità.
Per questo Verona mantiene potenziali condizioni per innovare la sanità territoriale, che, alla luce dei problemi determinati dalla pandemia, è diventata un segmento strategico della sanità di domani. Specie se riuscirà a coinvolgere e integrare le strutture di assistenza e di volontariato.
Il PNRR potrà diventare una concreta ed eccezionale opportunità per Verona se non ci limiteremo a utilizzare le risorse a disposizione per obiettivi qualsiasi, ma se sapremo individuare, progettare e realizzare obiettivi rigorosamente tarati sulle esigenze di un qualificato e sostenibile sviluppo futuro della città. In tale ambito la riqualificazione della sanità territoriale, anche alla luce delle recenti acquisizioni della medicina e della cura, assume certamente un valore prioritario. È auspicabile che il dibattito politico per le ormai prossime elezioni comunali assuma questo problema per ridare alla sanità veronese il livello che merita.
Luigi Viviani

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

Maurizio Danzi
08/12/2021 at 16:29
Alcune considerazioni.
– Verona letteralmente trasuda di volontariato e di senso civile. Storicamente.
– La dottoressa Maellare è una dirigente consapevole e capace, nel suo settore, promossa furbescamente da Sboarina alla morte di una cara persona come il Senatore Bertacco. Probabilmente Lei lo ha sentito come un impegno civile, cristiano.
Non escludo, per quanto conosco, che il suo sguardo fosse rivolto a sinistra o da quelle parti.
Come si dice: tutto ciò premesso: la politica dove è?
Dove è possibile trovarla: accomodate su qualche poltrona mentre risponde a domande in precedenza concordate.
Il corpo elettorale non è meno colpevole: dimentica che è nella politica che si devono risolvere i problemi.
Tutto ciò in attesa dopo Mazza, Comboni, Calabria, Nascimbeni e Maddalena di Canossa (e ne dimentico) del prossimo Santo che operi il miracolo.