Il lavoro a Verona, dal punto di vista quantitativo, segue largamente la situazione regionale, ma con alcune particolarità che la rendono, assieme a Venezia, il territorio più colpito in termini di riduzione percentuale dell’occupazione a causa dell’incidenza dell’attività turistica.
La pandemia ha colpito particolarmente un mercato del lavoro provinciale che aveva ormai recuperato la crisi del 2008 e, nonostante un certo freno nella perdita di posti in seguito all’uso massiccio della cassa integrazione a del blocco dei licenziamenti, il nostro territorio è stato tra i più colpiti del Veneto a causa del suo modello di sviluppo.
Più volte si è sottolineato che, specie con l’avvento del nuovo secolo, il modello di sviluppo del nostro territorio ha subito una progressiva evoluzione attraverso uno spostamento del baricentro del sistema produttivo dalla manifattura, alle attività terziarie, soprattutto del commercio e turismo. Mentre l’industria, essenzialmente per l’inadeguatezza della classe imprenditoriale nel fare impresa nel nuovo contesto economico, segnato dalla innovazione tecnologica e dalla globalizzazione dei mercati, ha subito un ridimensionamento nelle imprese di maggiori dimensioni, fallite o ristrutturate e passate ad altre proprietà, l’attività terziaria che si è sviluppata presenta un carattere strutturalmente povero, specie dal punto di vista del lavoro.
Infatti, il mercato del lavoro che ha preso forma negli ultimi anni si caratterizza per la netta prevalenza di attività precarie, di medio-bassa professionalità, spesso a tempo determinato o di lavoro somministrato, comunque in gran parte distante dalle aspirazioni e dai desideri di vita professionale dei giovani.
Il divario tra la qualità media del lavoro concretamente offerto dal sistema produttivo locale e le aspettative rispetto al lavoro dei giovani rappresenta un serio problema economico e sociale destinato a influenzare il futuro del nostro territorio. Un divario finora in gran parte nascosto da una certa quantità dei posti di lavoro ancora disponibili ma destinato ad acuirsi nel prossimo futuro. Da un lato i lavori precari e dequalificati sono destinati a ridursi e a incontrare sempre meno adesione nei giovani per la loro carattere effimero e inadeguato rispetto al futuro. Dall’altro l’inevitabile accelerazione dell’innovazione tecnologica, digitale ed ecologica richiederà crescenti lavori specializzati e in gran parte nuovi, rispetto ai quali gli stessi giovani si trovano impreparati ad occuparli.
Un preoccupante divario qualitativo tra domanda e offerta di lavoro, frutto di una duplice carenza da parte del mondo imprenditoriale, scarsamente sensibile a investire in innovazione produttiva e in qualità del fattore umano, e dai limiti del sistema di istruzione e formazione professionale rispetto alla necessità di dotare i giovani di un livello idoneo a convivere consapevolmente con un mondo in forte trasformazione, senza subire vecchie e nuove forme di subordinazione.
A Verona tali problemi sono tanto evidenti quanto in gran parte ignorati dalla politica che appare priva di idee e di proposte a riguardo. Il mondo imprenditoriale, probabilmente avverte questi problemi nella concreta gestione aziendale, ma non ha la forza e la volontà di affrontarli a livello collettivo tramite la Confindustria locale.
Valga ad esempio il recente Festival del futuro, organizzato nella nostra città dalla locale associazione degli industriali. Una interessante rassegna di alcune idee innovative provenienti da esperti del mondo accademico e produttivo, circa l’innovazione tecnologica, gestionale e del lavoro che avrebbe dovuto creare una vera occasione di dibattito sullo stato e le prospettive del nostro modello di sviluppo. In realtà si è ridotto a un insieme di buone, quanto generiche intenzioni, senza alcuna proiezione, tantomeno critica, sulla realtà del nostro territorio.
Un risultato nettamente inferiore alle possibilità, provocato anche dalla totale assenza della politica locale, attenta a tutt’altre faccende, e dello stesso sindacato locale non invitato ad alcun dibattito. Una ennesima occasione persa mentre i problemi stanno aggravandosi.
Anche perché i nostri giovani si trovano mediamente svantaggiati in termini di livelli di scolarizzazione, di fronte ad alcune altre Regioni del Paese e alla media europea. Una grave penalizzazione che può aumentare il divario tra domanda e offerta e costituire un ulteriore stimolo a ricercare il lavoro all’estero, come accade già a tanti giovani veronesi, in buona parte laureati.
Questo rimane uno dei problemi essenziali del nostro futuro e nello stesso tempo una prova decisiva per una classe dirigente che non vuole rinunciare al suo ruolo. Speriamo che esso diventi un tema non secondario nel dibattito politico connesso alle prossime elezioni comunali.
Luigi Viviani

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com
