Il 28 ottobre il gruppo consigliare comunale del PD si esprimeva a proposito di Damiano Tommasi come candidato sindaco per il centro-sinistra in termini di “candidatura di prestigio”. Successivamente i segretari provinciale e cittadino del PD rinforzavano il giudizio definendo Tommasi “un professionista e un dirigente sportivo di una delle maggiori industrie esistenti nel Paese”.
Su La Repubblica del 29 ottobre campeggiava il titolo “L’ex calciatore Tommasi in campo a Verona per battere la destra”. Ho motivo di ritenere che i lettori del quotidiano nazionale siano rimasti perplessi nel prendere atto di quale candidatura fosse stata messa in campo a Verona, la più popolosa città del Veneto, per allargare la base del consenso dell’opposizione, soprattutto avendo presenti le scelte vincenti espresse per battere la destra in città come Torino, Milano, Roma e Napoli.
Ma vediamo il curriculum di questo candidato per essere assurto a rappresentante del “popolo della sinistra” nella corsa a Sindaco. Sarà certamente una brava persona, non c’è assolutamente motivo per dubitarne, un bravissimo calciatore, ma questo basta per fare il Sindaco? In cosa consiste, è legittimo chiedersi, il prestigio e l’appellativo di professionista che, a dire del PD, lo renderebbe idoneo a svolgere il ruolo di primo cittadino?
Presiedere associazioni sportive o fondare una scuola privata in un piccolo comune che, non si sa bene come e perché, susciterebbe addirittura l’interesse di Harvard, francamente fa crescere le perplessità, soprattutto quando alla domanda del giornalista Stefano Lorenzetto (L’Arena del 7/2/2021) “Ma lei che ne sa della didattica?”, lui candidamente risponde “Poco. Per cui mi sono iscritto all’Università di Padova, facoltà di scienze della formazione primaria”.
Tommasi non ha però certamente sgomitato per affermarsi. Come ci ricorda ancora Lorenzetto nella medesima intervista, già nel 2017 l’allora segretario del PD gli propose la candidatura. A Verona, politicamente parlando, non si trova di meglio – ma non credo proprio – oppure, cosa ancor più grave, si ritiene che questo sia il meglio. Ma che lo ritenga il PD, un partito che nonostante le sue “svolte” più o meno azzeccate, affonda le proprie radici in quel Partito Comunista Italiano che aveva fatto dell’esperienza sul campo e della cultura la propria cifra politica, risulta veramente sconcertante.
Sull’ingenuità “dell’uno vale uno” e sull’utopia di matrice leninista per cui “anche una cuoca deve avere la possibilità di dirigine lo Stato” che il movimento 5Stelle aveva fatto propri, si sono spesi fiumi di contumelie di cui la Sindaca Virginia Raggi è diventata simbolo sacrificale. Ma con quale faccia ora si può proporre un calciatore per governare una città come Verona, non grande, ma certamente complicata?
La stagione del berlusconismo è passata, la competenza è ritornata ad imporsi con forza sulla scena, tanto che ora si litiga sull’opportunità che Mario Draghi sia meglio al Quirinale piuttosto che a Palazzo Chigi e gli stessi sconfitti del centro-destra ammettono per le amministrative di aver sbagliato le candidature risultate poco autorevoli. Ma forse il PD veronese non si è accorto di tutto questo ed è rimasto fermo agli anni ’80, quando nascevano le TV commerciali e i personaggi dello spettacolo cominciavano ad essere invitati nei talk show, non per parlare del loro lavoro, ma per disquisire dei problemi del Paese e delle opportune soluzioni.
Gli italiani, trasformati poco a poco da elettori in consumatori hanno purtroppo abboccato, rapiti da un linguaggio percepito più vicino a loro, più informale, sempre più informale fino a diventare decisamente rozzo e volgare. Fortunatamente quella stagione è finita, ma evidentemente quel modello è stato introiettato nel profondo e di tanto in tanto affiora nelle coscienze confuse di chi, non sapendo più che pesci pigliare per battere le destre, ritiene che un calciatore possa salvare le sorti della politica locale. Ma attenzione, a Napoli ha conquistato la città Gaetano Manfredi, rettore dell’Università fino a prima della sua candidatura e già membro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e della Commissione Grandi Rischi della Protezione civile.
Paolo Ricci
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Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

Alberto Ballestriero
17/11/2021 at 19:25
Forse mi è sfuggito, ma non ho ancora sentito direttamente il parere di Tommasi sull’impegno che, forse, si appresta ad assumere. Mi piacerebbe capire cosa pensa di tutte le questioni che sono aperte a Verona. Vorrei sapere se crede che uno dei temi primari per la nostra città sia quello ambientale e come intende affrontarlo. Se per esempio sul Parco all’ex Scalo Ferroviario intende proseguire con il progetto avviato con le Ferrovie che prevede la cementificazione di oltre metà della superficie. Se crede che sia necessario mettere mano ad un serio Piano del Verde per mettere finalmente dei punti fermi sulla cronica mancanza di verde specie nei quartieri a sud della città. Cosa pensa del consumo del suolo che a Verona è tra i più alti d’Italia. Come pensa di risolvere il disastro del filobus. Come vuole affrontare il problema del traffico oramai insostenibile e della pessima qualità dell’aria che è causa di morti premature. Cosa vuol fare delle piste ciclabili e del nostro patrimonio monumentale e culturale, etc. Solo dopo aver capito che idea di città ha in mente, mi sentirei,e come me credo anche moltissimi cittadini, di dire qualcosa sulla candidatura di Tommasi sindaco.
Maurizio Danzi
17/11/2021 at 12:19
Ho colto elementi i più diversi. Partirò da Alberto Battaggia e nel caso trarrò qualche spunto qui e là.
Caro Alberto, mi permetto di darti del tu, perché la generazione è quella e anche gli amici.
Partirei da un dato di fatto diverso dal tuo. Non perché sia più giusto ma perché il tuo, credo, lo presuppone .
Tommasi è l’unico candidato considerato talmente credibile da mettere in difficoltà la destra.
Almeno così ha creduto Traguardi. Ci ha creduto tanto da rincorrerlo per mesi .
Non conosco Tommasi di persona. Non so quanti, all’interno del consesso del centro sinistra, sappiano del suo cammino umano e di fede. Io si.
Molto avrei da dire sul suo impegno di educatore. Non voglio manipolare un uomo, per me un santo ma credo che Lorenzo Milani abbia cominciato e proseguito in ben altri mari.
Poi è arrivato il PD: e non poteva essere diversamente visto il silenzio e l’ignavia di questi anni.
Lemme lemme tutti gli altri a seguire, perché nessuno, è evidente, aveva la forza per proporre un candidato.
È ovvio che Tommasi, non ho ancora capito se ha accettato, sia una bellissima e rigogliosa foglia di fico per molti.
Ribadisco il concetto: l’Amministrazione Zanotto è stata una avventura. Certamente l’apparato di Forza Italia è stato importante in quella occasione; Gianni Fontana credo che in quegli anni avesse altro a cui pensare, ma vado a memoria.
Il Pd deve molto delle sue origini, al vecchio Pci.
Le assurde primarie le ha portate Veltroni prima di scoprirsi regista, le ha scoperte lui.
Solo un esempio: chiedi agli iscritti di Quinzano e di San Michele da dove traggono origine.
Ma torniamo a noi Alberto, ieri sera ero tuo ospite della tavola rotonda promossa dalla Città che sale (bravo nel condurre un bellissimo incontro: il tempo mi è sfilato accanto come in un giallo di Colombo: perché anche qui il colpevole lo si conosceva sin dall’inizio.
Il programma della coalizione?
Direi che basta fare un copia incolla della vita che sta vivendo Verona ed è fatto.
Ma la squadra? Io credo che Tommasi possa essere preoccupato soprattutto per questo.
Il Pd quanti assessorati vorrà? E gli altri ? E nelle partecipate chi ci andrà?
È dura, è veramente dura fare squadra se non si capisce che come ricorda spesso Lorenzo Dalai: “Noi a Atene facciamo così”.
Alberto Battaggia
16/11/2021 at 12:58
Partirei da un dato di fatto: la candidatura di Damiano Tommasi ha creato il panico tra le forze politiche della destra veronese. Basta seguirne, sui giornali (anche nazionali) lo sconcertante dibattito fratricida: Sboarina? Tosi? Giorgetti? Ferro?
Il mercato elettorale scaligero è diventato improvvisamente concorrenziale: Lega, FdI, Verona Domani non possono più candidare, come si dice a Verona, un “caval da obito, basta che sia dei nostri”: il traino non è più assicurato dall’elettorato.
Addirittura, molti di loro sarebbero disposti a fare la pace con il Grande Traditore Flavio Tosi e candidarlo unitariamente.
Significherebbe, sotto un profilo politico, ammettere di non avere capito nulla da anni e di avere consegnato la città ad un incapace, ossia il sindaco uscente (e infatti non lo faranno, a mio parare). Un dato banale, la situazione in cui versa la destra veronese? Veniamo alle competenze: sindaco “manager” o sindaco “politico”? Parliamo di elezioni, di democrazia, di voto popolare: la risposta è sindaco “politico”, ovviamente. Il primo requisito, se non ci si vuole limitare alla testimonianza, è la capacità di generare consenso, possibilmente trasversale. Nel contesto veronese, questa virtù è fondamentale, perché per una serie di motivi socio-economici, storico-culturali, ecc., il grosso dell’elettorato popolare, storicamente doroteo, non è finito, dopo il muro di Berlino e tangentopoli, nel centro-sinistra, ma, prima, nel centro-destra; e poi, con il ciclone Lega-Tosi del 2007, nella destra-destra. Rimanendoci per 15 anni. Che facciamo? Alle ultime regionali, l’anno scorso (!) le forze ascrivibili al centro-sinistra hanno raccolto a Verona città nientepopodimeno che il 22%!. “Destino baro”, come diceva Saragat, e rassegnazione? Oggi a Verona, con la sinistra d.o.c. e basta, si perde sicuri, quali che siano le ragioni e le responsabilità. Senza un candidato in grado di attrarre parte dell’elettorato popolare, dei quartieri, e parte di quello medio-borghese che in questi anni ha votato turandosi il naso a destra, o non ha votato perché non trovava l’offerta appetibile, non si va da nessuna parte.
Quindi le competenze specifiche sono inutili? Ma no, ci mancherebbe. Sono perfettamente inutili se non sono abbinate alla capacità di generare consenso. Quali competenze specifiche? E’ ragionevole pensare che un avvocato o un commercialista sia più capace a manovrare la macchina burocratica? Beh, sì, in astratto è così, ovvio. Ma quella di sindaco è una carica di
governo: contano molto di più delle competenze giuridiche o fiscali spicciole la capacità di individuare i problemi più sentiti dalla popolazione, di progettare con lungimiranza, di creare feeling con i dirigenti comunali, di scegliere i collaboratori più capaci, di avere e attivare relazioni strategiche con istituzioni locali e nazionali… Sono doti “politiche” molto complesse, legate ad un insieme di fattori soggettivi – la personalità, l’intelligenza, il grado di empatia con gli altri, la determinazione… -; e di esperienze di vita possibilmente non banali, magari internazionali, magari a contatto con poteri veri, potenti: dalle pressioni di business miliardari, al potere dei media. Vi è un profilo etico infine – l’onestà, la trasparenza – che nonostante tutti i Machiavelli sparsi qua e là non è questione da poco. Tutte queste doti appartengono a Tommasi? Sì. Come nessun candidato sindaco di centrosinistra, – da Donella a Brugnoli a Salemi – ha mai avuto. Lui è un uomo che ha investito le risorse derivanti da una carriera strepitosa nella élites del calcio internazionale (Italia, Spagna, Cina) non in discoteche (e non ci sarebbe nulla di male); non in compagnie assicurative (idem); non in hedge funds (un po’ sì) ma in un progetto educativo avanzato e di successo. Metà delle lezioni in inglese, laboratori dappertutto, la fila per iscriversi… Che da “sinistra” si possa ironizzare anche su questo, su un investimento educativo e culturale coraggioso, lascia davvero stupefatti e rivela una grave carenza di informazioni. Quest’ultima è forse il primo dei problemi che Tommasi e il suo staff dovranno affrontare: fare capire all’opinione pubblica che lui non è solo un ex calciatore, ma, tra le altre cose, anche un imprenditore capace in un settore dove fare utili è difficilissimo. Che dire ancora?
Secondo Giorgio Montolli, la candidatura di Tommasi, proprio perché vincente, può essere un alibi del Pd per nascondere le proprie magagne. Quindi se uno sbaglia da sempre e poi inizia a fare le cose giuste, questo non vale, perché prima sbagliava. Francamente non capisco. Giorgio indica Michele Bertucco e Traguardi come esempi positivi a cui ispirarsi: condivido. Ma Bertucco e Traguardi sono stati convinti sostenitori in questi mesi della candidatura di Tommasi. E allora come la mettiamo, per evitare di premiare le “sinistre conservatrici”? Confido che fin dalle prossime settimane la provvidenziale candidatura di Tommasi non solo si confermi come tale, ma inneschi un confronto politico-culturale a tutto tondo nell’area delle forze che si presumono “progressiste” che permetta di sciogliere i tanti equivoci che l’hanno indebolita così gravemente in questi anni.
Redazione2
16/11/2021 at 19:04
Caro Alberto, riporto la frase che mi riguarda del tuo intervento:
«Secondo Giorgio Montolli, la candidatura di Tommasi, proprio perché vincente, può essere un alibi del Pd per nascondere le proprie magagne. Quindi se uno sbaglia da sempre e poi inizia a fare le cose giuste, questo non vale, perché prima sbagliava. Francamente non capisco».
Ma io non ho detto né che “il PD sbaglia da sempre” (forse lo pensi tu?) e nemmeno che “ora inizia a fare le cose giuste”. Per cui la conclusione mi pare più un esercizio di retorica che un sillogismo.
Sul seguito che scrivi aggiungo che sì, è vero: sia Traguardi, che Verona e Sinistra in comune condividono con il PD (e altri) il candidato unitario, e questa è sicuramente una bella cosa. Ma è la presenza nella coalizione di un’area minoritaria che spinge verso il rinnovamento la garanzia per il neo sindaco di essere sostenuto quando deciderà di rispondere con onestà alle esigenze della città, ridimensionando giochi di palazzo e lobbies.
Alberto Battaggia
17/11/2021 at 14:58
Caro Giorgio, io credo, per il momento, che si debba apprezzare il dato politico fondamentale: forze politiche di diversa identità, storia e struttura organizzativa (una di esse ha quattro parlamentari) si sono per la prima volta messe assieme per sostenere un candidato comune alternativo alle destre cittadine. Brave!, tutte quante. Ognuna di esse cercherà di fornire un contributo coerente alle proprie vocazioni. Quando il candidato e la coalizione si presenteranno con i loro programmi capiremo meglio il progetto. Non ho bene inteso quale sia l’ “area minoritaria”; né cosa significhi esattamente “spingere verso il rinnovamento”: ad esempio, io penso che nel centrosinistra ci sia anche molta “conservazione” e che Tommasi incarni moltissimo “rinnovamento”. Il problema è comune: la realtà è cambiata velocissimamente e utilizziamo le categorie come se avessero sempre lo stesso senso. Non è più così. Senza riferimenti concreti – lo dico senza alcuna volontà polemica – gli auspici a “ridimensionare giochi di palazzo e lobbies” o a “rinnovare” hanno solo natura morale e sono infalsificabili. Ma il compito della politica non coincide solo con generiche istanze etiche. Penso che Tommasi avrà molto più bisogno di sostegno, dalla cattedra di Palazzo Barbieri o dai banchi dell’opposizione, per proporre soluzioni ai gravi problemi che attanagliano la città: dalle infrastrutture alla mobilità, dalle politiche culturali all’inquinamento. Magari lottando contro le lobbies. E’ su questo piano, che il centrosinistra, in questi anni, non ha mai dato l’idea di potere rappresentare una alternativa credibile al governo cittadino. Una città operosa, ricca, piena di contraddizioni ma anche di chances. E’ su questo piano che Tommasi e la coalizione saranno giudicati.
Grazie a “Verona In” per il confronto di opinioni che alimenta.
paolo ricci
16/11/2021 at 19:45
Condivido il percorso, comprese “le virtù” indicate che il candidato Sindaco dovrebbe avere, ma poi si cade nell’autoreferenzialità del tipo “io lo conosco, fidatevi” e “sulla sua scuola (dove addirittura si parla inglese) non si può ironizzare (visto ciò che Tommasi ha dichiarato sulle sue competenze in tema di didattica)”. Non è così che si valuta un candidato e soprattutto lo si propone al pubblico. L’adesione di Bertucco a questo progetto ha il sapore di un “gesto disperato” e non so quanti dei suoi ex elettori lo seguiranno o rimarranno invece a casa, come penso. Il curriculum deve essere una cosa seria e documentabile su cui ragionare. Certo non è tutto, ma da qui si parte. Strizzare l’occhio al popolo del “panem et circenses” finisce per mettersi a livello degli avversari che, molto più avvezzi degli altri a toccare certe corde, ne avrebbero inesorabilmente la meglio. Battersi con le armi scelte dall’avversario fino a confondersi con lui stesso non è mai una buona strada. La storia del renzismo finita in farsa è stata una dura lezione. Non aprire i propri orizzonti per cercare utili alleanze in una competizione elettorale costituisce certamente un atteggiamento ottuso, ma scambiare possibili testimonial con coloro che dovrebbero essere credibili ed emblematici protagonisti del cambiamento, appare proprio un paradosso destinato ad una sconfitta senza onore.
Alberto Battaggia
17/11/2021 at 15:26
Non penso affatto che quello di Bertucco sia “un gesto disperato”: proprio per la stima che ho di lui e della sua intelligenza politica. Perché considerarlo così poco? Michele, secondo me, non è mai stato, in questi anni, quel pericoloso integralista, estremista, moralista con cui è stato spesso demonizzato dal fuoco nemico e da quello amico. Al contrario, ha svolto un ruolo di concreta e fattiva opposizione con grande professionalità ed impegno, denunciando violazioni di legge, passi falsi, trucchetti; sempre documentato e circostanziato, corretto nei modi, senza mai scadere in quella demagogia da quattro soldi a cui a volte le opposizioni ricorrono quando non hanno argomenti o voglia di lavorare. E non si è fermato al consiglio comunale, avendo anche promosso incontri, seminari, dibattiti sul territorio…Possiamo dirlo? Un esempio. Non penso nemmeno che il suo elettorato sia formato da temibili proletari con il coltello fra i denti divisi tra Che Guevara e Mao Tse Tung; semmai colletti bianchi, impiegati pubblici e privati, docenti, professori universitari: persone che amano la dolcezza dell’esistenza. Perché mai costoro dovrebbero spaventarsi del buon Damiano?
Sarà nell’interesse di costui, invece, approfittare della generosità e delle competenze di Bertucco. E nell’interesse di quest’ultimo aiutare convintamente un candidato che potrebbe permettergli di valorizzare il suo lavoro ad un livello diverso e più gratificante di responsabilità.
paolo ricci
17/11/2021 at 22:05
Sono d’accordo su tutto quanto dici su Bertucco, ma è proprio per questo che ritengo il suo un “gesto disperato”, proprio perché non vede alternative a questa deriva della politica…..
Giacomo P
16/11/2021 at 08:57
L’area di riferimento di Tommasi, a Verona, è molto frastagliata e storicamente minoritaria. La “sinistra”, da tempo, è quasi clandestina nei quartieri popolari, e tiene un pò in Borgo Trento e Valdonega. Citare l’esperienza Zanotto mi pare una topica: Tommasi non ha gli allora potentissimi Sironi e Gianni Fontana tra le aree di sostegno. E poi. Al contrario di quel che argomenta Ricci, ci sono perfino nazioni dove personaggi del jet set anche sportivo si candidano addirittura alla Presidenza. Quindi Tommasi, uno dei pochi veronesi conosciuto anche fuori città, non è scelta peregrina. Le competenze sono certamente importanti, ma di Draghi in giro non ce ne sono molti, e a Verona, ancor meno. Ricordiamoci che, dalle eccellenze sanitarie di Negrar ai record del Vinitaly e Fieracavalli, Verona ha successi che certificano la presenza di professionalità e managerialità dai risultati eccellenti. Quindi un buon coach, che sa mettere insieme una squadra di buon livello, può vincere la partita, anche se non è stato un buon calciatore. Dubito ancora che Tommasi accetti, e valuto che potrebbe arrivare al ballottaggio solo se le altre parrocchie si frazionassero con tre o più candidati. Ma vincere partendo da una base veronese, fatta da eterne minoranze sempre rissose e incredibilnente ora convergenti (dagli odiati renziani ai loro odiatori di Bertucco, passando per altre entie politiche della torre di Babele di sinistra) mi sembra un miracolo, più alla portata di Gesù Cristo, piuttosto che di San Tommasi
Marcello Toffalini
15/11/2021 at 18:45
Non so se sono fuori del Coro o dentro (peraltro canto in due Cori) ma ritengo che un candidato progressista (e può essere Tommasi) non sia difficile da trovare e da proporre, vista la piazza dei votanti a Verona (molto di centro e poco di sinistra, ormai). Il tempo stringe e non è più tempo di arzigogolare o di giocare a chi è più di sinistra. Se grazie al buon nome del calciatore ed al suo impegno si riuscisse ad andare al ballottaggio, magari utilizzando parte degli astenuti, sarebbe già un buon risultato: le competenze di servizio non mancherebbero certamente in città per sostenere quella candidatura. La posta dunque è tutta da giocare.
Redazione2
15/11/2021 at 19:12
Molto dipenderà dalle condizioni poste da Tommasi, sul metodo oltre che sulla sostanza. Se tra queste, ad esempio, il candidato sindaco ponesse quella di un cronoprogramma per riorganizzare la presenza nei quartieri, finalizzata alla vicinanza con le persone in un’ottica di servizio, questo potrebbe servire a recuperare il senso della politica. g.mont.
paolo ricci
15/11/2021 at 23:18
Capisco che il sedimentato storico della città non consenta voli pindarici, però scegliere di presentarsi perdenti fin da subito, tarpa le ali del semplice desiderio e finisce per incoraggiare l’astensionismo. Verona, pur nelle sue infinite contraddizioni, non credo che non potesse esprimere un candidato autorevole in grado di aggregare un fronte sociale sufficientemente ampio per “provarci” con convinzione. Siamo sicuri di aver fatto il possibile per esperire questo tentativo? Non è che partiti sempre meno rappresentativi abbiano deciso tutto a priori nelle “segrete stanze”, evitando ogni aperto confronto pubblico senza rete per accontentarsi di qualche briciola?
Maurizio Danzi
15/11/2021 at 11:01
Caro Fiorenzo ,
sono estremamente critico non sull’uomo ma sulla proposta politica come si è venuta costruendo attorno a Tommasi.
Concordo con buona parte della tua analisi che è nei fatti.
Quello che non capisco è la proposta alternativa e perseguibile .
Benvegnù?
Credo che nel percorso di questi anni ognuno abbia delle pesanti responsabilità nelle mancanza di dialogo nel centro sinistra e nella capacità di rinnovamento che gli corre appresso.
Non credi che il marcato astensionimo non sia anche un messaggio a questa sinistra solipsista incapace di rinnovarsi nelle persone, esprimendo un vero progetto comune, in grado di perseguirlo?
Fiorenzo Fasoli
14/11/2021 at 22:02
Ringrazio Paolo Ricci per il suo intervento.
Finalmente una voce fuori dal coro, nonostante sia evidente la difficoltà e, quindi, anche la debolezza della proposta Tommasi giunta dopo un lunghissimo e mal celato periodo d’attesa.
E meno male che alla fine ha accettato, altrimenti il centro-centrosinistra della nostra città avrebbe rischiato il panico.
Ma con tutta evidenza si tratta di una proposta moderata, più moderata perfino di quella di 10 anni fa con allora Bertucco candidato sindaco. Si esalta il “papa nero” perchè è impossibile, dati i veti contrapposti interni, arrivare ad un “papa bianco”.
Purtroppo non c’è niente di nuovo. Siamo alla fiera del politicismo. Tommasi è al vertice di uno schieramento piuttosto diversificato, molto di centro e poco di sinistra, che sta insieme non per competere con un progetto alternativo di città, ma costretto all’alleanza per spartirsi lo spazietto riservato alla minoranza in una omologazione generale che non promette nulla di buono. Non credo sia la maniera migliore non dico per cambiare radicalmente, ma nemmeno per modificare gli equilibri esistenti. Eppure le contraddizioni sono sempre più grandi e visto che la politica non offre soluzioni credibili, l’astensionismo aumenta a dismisura. Esiste la possibilità di invertire questa tendenza? Di sicuro non è facile, ma la scelta di aggrapparsi al nome famoso non è la soluzione.
Lorenzo Dalai
10/11/2021 at 12:34
Trovo l’articolo assolutamente fuorviante, costruito sui sentito dire e su di un’intervista fatta da altri. Nessuno, nemmeno tra chi commenta, conosce Damiano Tommasi di persona, nessuno conosce il lavoro che hanno portato avanti i partiti dell’area progressista in questi mesi. La frase sulle radici comuniste del PD poi è illuminante.
paolo ricci
10/11/2021 at 20:31
Ringrazio anche lei per l’attenzione dedicata a me e a Verona in. Comincio dalla fine del suo intervento. Elogiare un aspetto delle radici comuniste del PD, cioè la militanza e la cultura, non significa né essere nostalgici, né tanto meno essere comunisti, quanto semplicemente avere uno sguardo storico sul passato. Io non ho sentito dire nulla su Damiano Tommasi. Ho semplicemente cercato di ricostruire su base documentale il suo curriculum, come per i candidati sindaci del centro-sinistra a Torino, Milano, Roma e Napoli. Quello che si presenta quando si partecipa ad un bando di concorso e, perché no, anche alle elezioni da Sindaco. Qualcosa cioè di più oggettivo possibile. Ritengo invece che la conoscenza personale costituirebbe una variabile a rischio di produrre effetti di distorsione del giudizio. Ma il vero problema lo indica lei, cioè “nessuno conosce il lavoro che hanno portato avanti i partiti dell’area progressista in questi mesi”. Se qualcuno lo illustrasse anche ai semplici cittadini che poi devono votarne “l’esito”, sarebbe buona cosa. Magari anche qui, su Verona in. E poi ne discutiamo, come democrazia richiede.
ODC
09/11/2021 at 12:54
Vorrei cercare di mettere assieme l’articolo e i commenti che offrono spunti interessanti.
– la spinta iniziale alla candidatura di Tommasi è stata certamente di Traguardi (sono stati a convegno alla Don Milani in primavera per cercare di avviare un dialogo). Traguardi veniva da due scelte tragiche: la prima era il silenzio assoluto quasi seccato alle regionali. Tutto il centrosinistra si univa attorno a un candidato proveniente dalle civiche, cioè la loro area e loro vilmenti silenti: intenti a preparare candidati per le comunali e a confezionare programmi poi proposti al caffe Corsini, tradizionale foyer del Comune. La trattativa sul nome è durata mesi perché bisognava convincere Tommasi. I programmi se son venuti son venuti molto dopo. Posso comunque testimoniare di archivi e biblioteche che custodiscono programmi inattuati dal secondo dopo guerra in poi. Perché la politica si fa con le gambe delle persone .
Qualcuno ha ricordato Zanotto… premesso che ne stiamo ancora pagando le conseguenze, ma perché era Zanotto il Sindaco? E Uboldi e Poli per dire?
Il punto è questo: è evidente che Tommasi palleggia meravigliosamente e si muove con personalità: era la sua caratteristica saper stare in campo; un giorno sarà un eccellente educatore: sulla scuola privata e le conseguenti rette Don Lorenzo, a cui è intitolata la scuola avrebbe qualcosa da dire.
Ma amministrare un Comune come Verona è ben altra cosa. Vorrò vedere la squadra di competenti amministratori di centro sinistra che lo supporterà.
Una ultima chiosa: si narra che Verona sia un città di destra. Boh io sono cresciuto in una città guidata da Zanotto, Erminero, Gozzi, Delaini che conducevano tutte giunte stramaggioritarie di centro sinistra. Certo che se il Sindacato si occupa di altro, Pci, Dc, Psi si suicidano e i reduci non sanno dialogare e confrontarsi solo sulle poltrone (ultimo caso Consorzio Zai dove tutti per la carega votano compatti Montolli, numero due della bestia salviniana e Mariotti dell’MSI di Via San Pietro incarnario già presidente di Serit. Beh si allora si: Verona è una città di destra. Ma solamente perché nessuno fa il mestiere del centro sinistra.
Cristina Stevanoni
09/11/2021 at 09:46
Non ho capito bene, sicuramente per limiti personali, quali siano le attitudini del candidato Sindaco, quelle cioè che lo rendono idoneo a eventualmente amministrare una città come Verona. Intendo la città quale si è venuta conformando dal 2000 in poi. Città che ha scelto, per crescere e progredire, lo sappiamo, la via del cemento e quella del turismo. Farei domande semplici, al candidato Sindaco: ci sono due edifici a breve distanza, in pieno Centro, a porta Leona e in via Leoni. Entrambi aspirano a diventare Hotel 5 stelle, in deroga alle norme urbanistiche. Che fa lei, deroga? Come Fantozzi, gliene farei altre cento, a partire dallo Stadio, e proseguendo con il Central Park, e il filobus e i collegamenti con le periferie escluse, ed esclusa dai collegamenti del mezzo pubblico anche la Fiera, secondo le vecchie previsioni. Domande cento, e cento risposte. Non promesse, che quelle poi si sa che ogni scusa è buona per disattendere. Anzi, siccome il Talmud insegna saggiamente che l’importante è fare buone domande e non dare buone risposte, mi permetto di sommessamente consigliare al candidato Tommasi: faccia lei qualche buona domanda. Si faccia anche lei qualche buona domanda.
Redazione2
08/11/2021 at 10:43
Il nodo c’è, inutile negarlo, e va sciolto senza ipocrisie. Diciamo che viene utilizzato il nome di Tommasi per colmare quel vuoto di progettualità ed entusiasmo che a sinistra si traduce in una emorragia di voti. Ricci spiega che siamo ad una svolta e ricorda che a Torino, Milano, Roma e Napoli ad aver vinto è la competenza. Il fatto è che qui siamo a Verona, una città di destra, in ritardo rispetto alle nuove sensibilità maturate altrove. Tommasi per questa città è quindi il candidato perfetto, come lo è stato a suo tempo Paolo Zanotto: cattolico, famiglia numerosa, un campione di calcio che si riconosce in un’idea progressista. Potrebbe anche sorprenderci e sono sicuro che lo farà (sempre che accetti l’incarico perché non lo abbiamo ancora sentito pronunciarsi in prima persona). Quello che non mi piace è che la soluzione Tommasi finirà per alimentare le frange più conservatrici della sinistra, impedendone il rinnovamento. Non è infatti un mistero che il dialogo più difficile di questa parte politica è con i quartieri più popolari di Verona, quelli che storicamente ne costituivano la base. Una contraddizione che se non risolta continuerà a presentare conti sempre più salati, anche perché non sempre ci sarà un Tommasi per nascondere la polvere sotto il tappeto. Guardiamo dunque con interesse al maturare dell’esperienza di Traguardi, il gruppo civico che in città ha finito per sostituire il Movimento 5 stelle e lo stesso PD quanto a progettualità, presenza sul territorio, innovazione e non ultima l’età media del gruppo dirigente. E certamente tra i protagonisti di una possibile svolta c’è anche Verona e Sinistra in Comune, che grazie a Michele Bertucco in questi anni ha tenuto accesa una luce importante.
Giorgio Montolli
paolo ricci
09/11/2021 at 09:15
Mi auguro che soprattutto chi non è d’accordo con questa analisi accetti il confronto e la discussione.
MIRKO Morichetta
10/11/2021 at 07:50
mi sembra evidente, e in maniera definitiva da oramai venti anni, ossia dal d.lgs 267/2000, che al sindaco spetta il compito di rappresentare l’ente e ai dirigenti COMPETENTI la gestione del Comune. Non si capisce, in questa prospettiva, come ancora si insista a volere paragonare un sindaco ad un manager. Il sindaco deve rappresentare la popolazione di un territorio e lo fa attraverso programmi, piani e progetti che però verrano redatti e gestiti da tecnici. Chiedere a un sindaco di essere tecnico è come chiedere al proprietario di un fondo edificabile di costruirsi la casa da solo.
paolo ricci
10/11/2021 at 20:30
Intanto la ringrazio per aver accettato l’interlocuzione pubblica su questo giornale. Avrei desiderato che si esprimesse criticamente anche la dirigenza del PD e dei propri alleati per argomentare questa scelta in un’agorà trasparente e neutrale, per quanto laicamente orientata in senso progressista. Fuori quindi dalle segrete stanze dei partiti, soprattutto oggi che non possiedono più il radicamento di una volta.
Comprendo il suo punto di vista e condiviso la distinzione tra responsabilità politica e responsabilità tecnica. Il punto diventa quindi cosa si intenda per “rappresentare la popolazione”. Lei sostiene che “lo si fa attraverso programmi, piani e progetti ma che vengono redatti e gestiti da tecnici”. Se questo è, qual è allora il valore aggiunto di un Sindaco, se poi tutto viene svolto dai tecnici? Forse “l’idea”, come quella dell’artista contemporaneo che fa poi realizzare da altri l’installazione che ha immaginato. Poniamo sia così. L’artista contemporaneo, quello che però regge la sfida del tempo, ha dietro di sé tutta la storia dell’arte e molto spesso pesca spunti dagli autori classici. Ma se dietro di sé non avesse questo fondamentale background, che si chiama cultura ed esperienza, non sarebbe in grado neppure d’interloquire con i tecnici che devono materializzare la sua idea. Fuor di metafora, significa che un Sindaco, benché non-tecnico, deve tuttavia saper interloquire con i tecnici per non limitarsi ad apporre firme su delibere che non capisce e tagliare nastri a fine lavori. Questa “competenza” la si acquisisce con lo studio e con la pratica politica, meglio se il percorso è a scala. Per riprendere quindi la sua metafora, il proprietario del fondo non deve certo costruirsi la casa da solo, ma quanto meno deve essere in grado di spiegare al tecnico come deve essere questa casa, quante persone deve ospitare, se ci si lavora, si studia, si suona musica, insomma un chiaro progetto di casa in testa bisogna pur averlo per interloquire con il tecnico. Se questo progetto lo si esprime, se su questo si cerca il confronto e si presenta la squadra in grado di realizzarlo e da ultimo si ottiene il consenso, allora si rappresenta la popolazione. Viceversa…..