Dal Vangelo di Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato. Marco 9, 30-37.
Nel Vangelo troviamo spesso tre verbi che sintetizzano la proposta di Gesù per realizzare il sogno di una nuova umanità: servire, accogliere, abbracciare. «Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo, il servo di tutti».
Ecco l’originalità e la novità del messaggio evangelico: al desiderio e alla pretesa di tutti di comandare, di essere sempre i primi, propone il servire, il mettersi all’ultimo posto. Alla società della competizione, contrappone la politica del servire.
Forse dei tre verbi, quello che a Gesù sta particolarmente a cuore è l’accogliere. Infatti in questo piccolo brano lo ripete per ben quattro volte:
«Chi accoglie un bambino accoglie me, chi accoglie me, accoglie…Dio».
Come ci ricorda spesso anche papa Francesco: “Il cristiano o è accogliente o non è cristiano, la chiesa o è accogliente o non è chiesa”. Accogliere un bambino, cioè uno dei tanti “ultimi” della nostra società, è accogliere Dio.
Il filosofo Lévinas diceva: “Il volto di Dio inizia dal volto dell’Altro”.
Secondo lo stile della didattica orientale, Gesù, da saggio maestro, alla teoria fa seguire sempre esempi concreti. «… prese un bambino, lo pose in mezzo e lo abbracciò».
I bambini al di sotto dei 12 anni in Palestina non contavano nulla.
Gesù invece li mette al centro e li propone come “maestri” di vita. Addirittura si identifica con loro, con i più deboli, con tutti i senza diritti.
In che senso i bambini ci insegnano a vivere?
Il bambino non basta a sé stesso. Ha bisogno degli altri e non ha vergogna di “chiedere aiuto”. Il bambino si interroga (mamma, perché? papà, perché?), non ha certezze, è pieno di dubbi. Spesso, come gli adulti, è anche egoista, pretende tutto e subito, ma è anche uno che “si affida”.
Ha fiducia (fede) nella mamma, nel papà. Il bambino “riceve tutto” e può “dare poco”. La sua debolezza è la sua forza. Passa in un attimo dalle lacrime al sorriso.
Prende la vita con semplicità. Il bambino sa meravigliarsi. Si stupisce di tutto. Interpreta la vita come una continua ricerca.
Forse per ritrovare noi stessi dobbiamo imparare a conoscere ed ascoltare il bambino che è dentro di noi. Non significa diventare ingenui come i bambini, ma diventare veri, autentici, semplici.
La vita ci è stata consegnata alla nascita. Ha una sua ricchezza, una sua originalità e unicità che attendono di poter realizzarsi pienamente.
Come diceva la filosofa Maria Zambrano: “Noi nasciamo a metà. Tutta la vita ci serve a nascere del tutto”. Non si tratta di tornare bambini, ma piuttosto di diventare bambini.
Don Roberto Vinco
Domenica 19 settembre 2021
“Ho voluto più bene a voi che a Dio”
don Lorenzo Milani

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
