Dopo COP21, Parigi novembre 2015, cosa è stato deciso di concreto per limitare a +1,5°C la temperatura media terrestre? Molte chiacchiere e pochi provvedimenti, ma per quel che non ha fatto la politica, ha provveduto, purtroppo, la pandemia Covid19.
Nel 2020, causa pandemia, tra lockdown ed apparato industriale rallentato, le emissioni globali di CO2 sono diminuite da 36,5 a 34,1 miliardi di tonnellate, circa il -7%, pari alla riduzione annuale raccomandata dagli esperti del settore, e da ripetere di anno in anno, fino a raggiungere la neutralità delle emissioni nel 2050.
Buona notizia per l’ambiente, ma c’è poco da rallegrarsi, innanzitutto per il rispetto dovuto alle vittime del Covid19 e le sofferenze di tante famiglie, poi per la crisi economica indotta dalla pandemia che dolorosamente ha colpito le classi sociali più povere aumentando ancora le disuguaglianze, ed infine perché si è trattato di una diminuzione temporanea, infatti già nel 2021 le emissioni di CO2 stanno tornando ai livelli del 2019. C’è tuttavia molto da riflettere sulla correlazione fra economia, consumi energetici ed emissione di CO2, tenuto conto che è improcrastinabile la necessità di ridurre drasticamente l’uso dei combustibili fossili, principali responsabili delle emissioni di CO2.
La grande scommessa è quella, nei prossimi 30 anni, di sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili al fine di garantire uno sviluppo ecologicamente sostenibile. Ce la faremo? Cambiare in soli 30 anni una economia che a partire dalla seconda rivoluzione industriale (convenzionalmente 1870) è cresciuta consumando carbone, petrolio e gas, è uno sforzo tecnologicamente possibile, industrialmente impegnativo, ma anche dai costi proibitivi. Infatti una delle prime questioni poste sul tavolo fin dal Protocollo di Kyoto (1997) e Parigi (COP21-2015) è stata: chi finanzia e chi paga i costi?
Se si parte dal principio “chi inquina paga”, il Paese con le maggiori emissioni di CO2 (dati 2017 ourworldindata.org) è la Cina con il 27%, quindi gli USA con il 15%, l’UE-28 con il 9,8%, l’India con il 6,8%, la Russia con il 4,7%, il Giappone con 3,3% e via a scendere. È la Cina quindi maglia nera del CO2 e tocca a questo Paese farsi maggiormente carico del problema?
Tuttavia se si rapportano le emissioni assolute annuali di CO2 dei vari Paesi con la relativa popolazione, si scopre che maglia nera sono invece cittadini USA con 16,1 tonnellate di CO2 medie annue pro-capite, poi i russi con 11,8 i giapponesi con 9,5 i cinesi con 7,0 gli europei con 6,9 mentre gli indiani solo 1,8 ton/anno. Se si considera l’Africa nel suo insieme appare che questo continente è fanalino di coda, responsabile appena del 3,7% delle emissioni totali, mentre pro capite il valore scende a soli 1,07 ton/annuo. Alla luce di questa classifica dove stanno le responsabilità maggiori dei cambiamenti climatici?
Inoltre non c’è solo la “fotografia” dei nostri giorni da considerare, ma sarebbe da tener conto dell’evoluzione delle emissioni di CO2 ed il loro accumulo in 150 anni a partire dalla seconda rivoluzione industriale. Ad esempio nel 1980, solo 40 anni fa, USA e UE-28 insieme erano responsabili del 48% delle emissioni globali di anidride carbonica, mentre la Cina all’epoca solo del 7,5%
La UE con il progetto Fit for 55 si sta ponendo degli obiettivi concreti a breve-medio termine: la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, anche se, secondo le associazioni ambientaliste, si tratta di un impegno ancora insufficiente e dai finanziamenti incerti.
Peraltro al G20 di Napoli del 21 luglio scorso, i Paesi più ricchi, che insieme rappresentano oltre l’80% delle emissioni di gas serra, ancora una volta non hanno preso impegni concreti e non hanno trovato l’accordo sul modo di finanziare la transizione ecologica, ovvero chi paga il conto. Prossimo appuntamento sul clima a Glasgow, COP26 a novembre 2021.
Nel frattempo è l’ambiente, saccheggiato e deturpato, che comincia a chiedere il conto, che sarà sempre più salato quanto maggiore sarà il ritardo con cui il mondo intero porrà mano alla transizione energetica. Un conto che pagheremo tutti, ma, come sempre, soprattutto i più poveri.
Claudio Toffalini

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it
