INTERVISTA – Dopo il presidio a favore del Ddl Zan, organizzato in Piazza Bra a Verona lo scorso 15 maggio, abbiamo intervistato Luigi Turri, presidente dell’associazione Pianeta Milk, circolo affiliato ad ArciVerona e ArciGay.
– Turri, riguardo il Ddl Zan a che punto siamo? Pare molto contrastato…
Turri. «Credo sia un modo per concentrare la rabbia e lo scontento generale su questi argomenti distraendo le persone da altro. Chi dice che esistono già altre leggi contro le discriminazioni non riconosce l’emergenza e questo è possibile perché non ci sono abbastanza segnalazioni. Però se non c’è una legge contro l’omobitransfobia, le segnalazioni non vengono riconosciute e quelle fatte sono considerate “generiche”».
– Perché alcuni non ritengono questo Disegno di legge una priorità?
Turri. «Dicono che il Paese ha altre priorità e altri problemi, soprattutto dopo la situazione pandemica. Se le priorità sono altre, che si concentrino su quelle, invece di accanirsi su questo Ddl. La libertà di scelta e la libertà di pensiero ci sono, e questo Disegno di legge è un’integrazione a leggi già esistenti».
– Qual è l’ostacolo più grande?
Turri. «Quando le persone non conoscono i problemi, non li vedono: la sensibilizzazione e la coscienza sono basilari. C’è anche molta confusione: per avere un linguaggio corretto serve conoscenza, mentre spesso c’è un’ignoranza di base, come per la differenza tra orientamento sessuale e identità di genere. Si può non apprezzare e non condividere, ma bisogna rispettare e assicurare i diritti a tutti. È importante che nessuno neghi l’identità agli altri».
– Cosa ne pensa degli appellativi “legge bavaglio” e “legge liberticida” con riferimento al Ddl Zan?
Turri. «È una strumentalizzazione, un modo per concentrare l’attenzione, la rabbia, lo scontento delle persone su questi argomenti. Ripeto, sono leggi già esistenti che si propone di ampliare, come l’Articolo 604 bis».

Luigi Turri (foto Michele Vaccari)
– Con la mozione 1527 (11/06/2020) l’amministrazione veronese si è impegnata a contrastare il Ddl Zan. Cosa significa per la città?
Turri. «Significa non riconoscere la parità tra i cittadini e creare una distinzione tra le persone, far sentire inferiori coloro ai quali certi diritti non vengono riconosciuti. Per rimuovere la mozione 336 approvata nel ’95 (che impegna l’amministrazione comunale a non deliberare provvedimenti che tendono a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali, ndr) ci sono stati vari tentativi negli anni da parte dei consiglieri comunali Michele Bertucco e Federico Benini, ma per un motivo o per l’altro senza esito. Ci sono dei consiglieri comunali che dicono ancora di non trovare niente di sbagliato in quelle mozioni».
– Come considerate le posizioni transofobe di ArciLesbica? Da cosa derivano?
Turri. «ArciLesbica per anni ha rappresentato il movimento lesbico in Italia. Col tempo si è molto ridotta e sono nati di recente nuovi movimenti, come Alfi (Associazione lesbica femminista italiana). In merito alla contestazione del Ddl Zan da parte di ArciLesbica, sembra quasi un rivendicare l’essere donna negandolo a chi non è nata fisicamente tale. Questo è negare un’identità, e da un movimento che dovrebbe essere inclusivo non è né comprensibile né ammissibile».
– Il contrasto sembra risiedere nell’identità di genere…
Turri. «Le donne vivono ancora in un mondo e in un Paese dove il maschilismo è imperante e notevole. Decidere di essere donna significa mettersi in una posizione caratterizzata da meno diritti e meno possibilità rispetto a quelle che hanno gli uomini. Perché quindi una persona che nasce dalla parte “privilegiata” dovrebbe volontariamente decidere di essere donna? Significa che non si riconosce nel suo corpo biologico. I problemi che le persone transessuali incontrano sono notevoli, e questo non viene tenuto di conto. La posizione di Arcilesbica è molto discriminante e incita alla transfobia, ed è stata poi strumentalizzata e sfruttata da chi contrasta il Ddl Zan. Le posizioni e le associazioni all’interno della comunità possono essere e sono diverse, ma il fatto che la sigla (LGBTQIA+) sia sempre più lunga è perché il movimento vuole essere sempre più inclusivo. Il Ddl Zan inoltre parla di violenza fondata sul sesso e sul genere, ed è quindi molto più ampio rispetto a quello su cui ci si sofferma, comprende infatti la violenza sulle donne e anche l’abilismo».
Cristiana Ceccarelli

Cristiana Ceccarelli è toscana, nata in provincia di Pisa nel 1995. Attualmente è residente a Verona ma il dialetto è per lei ancora un po' ostico. Ha vissuto a Londra e adesso studia Editoria e Giornalismo all'Università di Verona. cristianaceccarelli311@gmail.com

ODC
01/06/2021 at 22:08
Da cattolico sono sempre rapito da quella ferma espressione evangelica nei sinottici: ” Date a Cesare quel che è di Cesare E date a Dio quel che è di Dio” . Quella E è drammaticamente disgiuntiva .
Ci permette di tenere separati il cittadino dal credente e ci consente di dire che il Rosario non ha nulla a che fare con i comizi.