Dal Vangelo di Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Giovanni 15,9-17
“Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”. È forse la frase che sintetizza tutto il messaggio di Gesù. Per gli studiosi dei Vangeli questo discorso, pronunciato durante l’ultima cena, subito dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli, può essere considerato il testamento spirituale di Gesù. Tutti siamo convinti che volersi bene è la cosa più importante della vita. Ma sappiamo anche quanto è difficile amare. Tuttavia l’esperienza ci insegna che ad amare si può imparare.
Dove sta l’originalità della proposta di Gesù? Non dice semplicemente “amatevi”, ma «amatevi gli uni gli altri». Non è un invito ad un amore generico, a voler bene a tutti. Non si ama l’umanità, ma le persone. Quella persona concreta che hai davanti, che incontri. Per Gesù amare vuol dire “reciprocità”, relazione, comunione. Per Lui amare è voce del verbo “servire”, “lavare i piedi”, “donare”. Reciprocità vuol dire che oltre al “dare”, bisogna imparare anche a “ricevere”. Se da una parte amare vuol dire “amare qualcuno”, dall’altra, amare vuol dire “lasciarsi amare da qualcuno”.
Il filosofo Erich Fromm nel bel libro L’arte di amare dice che una delle cose più difficili in una relazione è quella di lasciarsi amare. Lasciarsi amare vuol dire innanzitutto rendersi conto che l’altro non è un “oggetto” da usare quando mi serve, ma un “soggetto”, una persona da rispettare nella sua diversità e nella sua originalità. Vuol dire imparare a vedere l’altro non solo come un “allievo” da ammaestrare, ma come un “maestro” da ascoltare. L’ascolto è quello che ti permette di capire quello che l’altro ti può veramente offrire. Spesso siamo bravissimi nel cogliere i “difetti” degli altri. Facciamo fatica a scoprire la ricchezza, i valori, le cose belle e positive che ognuno ha dentro di sé.
Quante volte rischiamo di dare senza prima chiederci di che cosa quella persona ha veramente bisogno. Spesso ci chiediamo: perché impegnarci, perché servire, perché ascoltare…? Gesù è chiaro: «Vi ho detto queste cose perché la vostra gioia sia piena». Se impareremo ad amarci in questo modo, scopriremo il segreto della vita, saremo felici! Faremo esperienza che ciò che è profondamente umano è anche profondamente divino.
Don Roberto Vinco
Domenica 9 maggio 2021

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it
