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Vangelo

La risurrezione di Gesù non si dimostra ma si vive ogni giorno

È nei gesti concreti che l’Eucarestia da rito diventa vita. Una fede adulta deve essere sempre impregnata di umanità

L'adorazione dei magi, tempera e oro su tavola, Gentile da Fabriano, 1423 (Galleria degli Uffizi, Firenze)
L'adorazione dei magi, tempera e oro su tavola, Gentile da Fabriano, 1423 (Galleria degli Uffizi, Firenze)

Dal Vangelo di Luca
In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». Luca 24,35-48

I racconti delle apparizioni di Gesù risorto sono piuttosto misteriosi e contengono molte contraddizioni. È un Gesù che “appare a porte chiuse”. All’inizio i discepoli non lo riconoscono e addirittura pensano che sia un “fantasma”. Poi “mangia con loro del pesce arrostito” e quasi sempre, dopo aver mangiato, sparisce.

È importante tener presente che non sono delle cronache, ma racconti simbolici e teologici che devono essere interpretati alla luce della fede. Il loro intento è quello di farci capire come le prime comunità cristiane hanno vissuto l’esperienza della risurrezione.

Il “credere”, sia per i primi discepoli, sia per noi, è una esperienza affascinante, ma spesso anche faticosa, lenta, difficile. Non si può spiegare un “mistero”. Se lo spiego non è più un mistero. La risurrezione di Gesù non si dimostra, ma si vive.

Qual è l’esperienza profonda che ha trasformato i primi discepoli da gente piena di paura a persone che hanno avuto il coraggio di andare a testimoniare il Vangelo nel mondo? “… lo riconobbero allo spezzare del pane”. Tutti i racconti concordano su un fatto: è il momento in cui mangiano assieme, quando condividono quello che sono e quello che hanno, che fanno esperienza della presenza di Gesù risorto in mezzo a loro. Il mangiare assieme è uno dei segni più belli per creare legami, per fare comunione.

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Il vero “miracolo” della risurrezione avviene quando io vivo concretamente il Vangelo. Quando riesco a fare della mia vita un dono, quando faccio esperienza di relazioni profonde. Qual è il pericolo? “… non sono un fantasma. Guardate, toccate, mangiamo assieme”. Il pericolo è che Cristo anche oggi rimanga solo un “fantasma”.

Ma dove oggi possiamo taccarlo, vederlo? È proprio Gesù che ci dice: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare… ero malato e sei venuto a trovarmi…”. La “carne” di Cristo oggi la vedo e la tocco nelle persone, nei volti che incontro ogni giorno. Nelle lacrime di una madre disperata. Nel corpo malato di chi è costretto a letto in un ospedale. Nella crisi di un giovane che non trova lavoro e non può pensare al futuro. Nella solitudine di un anziano.

Il “corpo risorto” di Cristo sono le donne e gli uomini che lottano per un mondo più umano. È facile commuoversi di fronte ad un crocifisso. Ma se non imparo io ad abbracciare i tanti “poveri cristi” che incontro nella mia vita, la mia fede rimane puro sentimentalismo. È nei gesti concreti, che la nostra “Eucarestia” da rito, diventa vita. Una fede “adulta” e non ingenua o infantile, deve essere sempre impregnata di umanità.

Spesso mi chiedo: chi mi incontra, incontra un fantasma o incontra un sorriso, uno sguardo, una mano disposta ad aiutarlo?

Don Roberto Vinco
Domenica 18 aprile 2021

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Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it

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