INTERVISTA – Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), noto anche come Recovery plan, andrà consegnato alla Commissione Europea entro il prossimo 30 aprile, ma il nuovo premier Mario Draghi non ha ancora definito la sua versione rispetto al modello ereditato dal predecessore Giuseppe Conte, alimentando ancora dubbi e discussioni su ciò che sarà valutato, ed eventualmente finanziato, dall’UE.
Il dibattito sta ribollendo con insistenza anche in Veneto, a causa del Piano regionale di ripresa e resilienza (PRRR) che la Giunta ha approvato nel novembre 2020 e che il Consiglio del 16 marzo ha indirizzato su un binario più sostenibile, approvando due risoluzioni dalla vocazione green (una della Lega, l’altra del PD).
Per fare chiarezza su queste tematiche, ed analizzare gli orizzonti strategico-infrastrutturali che si prospettano per Verona nell’ambito del Next Generation EU, abbiamo intervistato il senatore del PD, membro dell’8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), Vincenzo D’Arienzo.
– D’Arienzo, quali sono le priorità infrastrutturali per Verona in ottica Recovery plan?
D’Arienzo. «Bisogna considerare le caratteristiche del Recovery plan, perché per la parte infrastrutture è abbastanza rigido. È orientato soprattutto su opere di tipo ferroviario, per la mobilità ecosostenibile e la competitività: anche in Veneto assisteremo ad un esito importante dovuto a quest’impostazione».
– Nel concreto quali progetti a Verona possono aspirare ad essere finanziati?
D’Arienzo. «Rispetto a ciò che viene presentato dalla Regione Veneto per Verona, una parte rilevante può essere cestinata; ad esempio tutte le infrastrutture stradali, quali la Nogara mare, la mediana provinciale e la variante alla statale 12, sono proposte che non possono essere comprese nel PNNR. Altre opere, sempre indicate dal Veneto, non possono rientrare nel Recovery Plan in ragione del loro livello di progettazione.
Il tempo imposto dalle linee guida dell’UE prevede infatti che almeno il 70% delle risorse messe a disposizione siano impegnate tra il 2021 e il 2022 e la quota restante entro il 2023: progetti come il collegamento ferroviario Porta Nuova-Catullo non rispetteranno mai queste date. Restano dunque tutte le tratte ferroviarie dell’alta velocità: la Verona-Pescantina, la Brescia-Verona-Padova e, in un quadro più allargato, la Venezia-Trieste e il collegamento tra Venezia e l’aeroporto Marco Polo».
– Il sindaco Federico Sboarina ha ribadito come aeroporto, ma anche fiera e arena, costituiscano le basi su cui fondare la ripartenza: in che modo queste realtà possono essere coinvolte nel PNRR?
D’Arienzo. «La cosa peggiore che un pubblico amministratore può fare è alimentare illusioni. Anche a me piacerebbe inserire queste infrastrutture nel Recovery Plan, ma non è possibile perché non trovano corrispondenza con le sue caratteristiche. Se però il focus non è direttamente sul PNRR, un ragionamento si può fare. Nel momento in cui arriverà l’alta velocità, entro il 2026, si apriranno opportunità di sviluppo importanti per queste realtà: occorre pensare a progetti logistici e di attrazione turistica, per sfruttare gli investimenti provenienti dall’Europa anche in seconda battuta».
– Emerge l’immagine di una Verona vincente in Italia ma perdente in Europa. L’accesso al Recovery Fund può fornire l’impulso per la vittoria europea?
D’Arienzo. «Verona sarà vincente se non commetterà gli errori del passato. Abbiamo perso la gestione dell’aeroporto, non abbiamo dato alla fiera occasioni di crescita strutturale e infrastrutturale e non abbiamo sfruttato la felice posizione geografica della città. Abbiamo il Quadrante Europa, primo interporto europeo per transito merci sui treni, e quindi l’alta velocità diventa una straordinaria occasione per Verona, che diventerà punto nodale di tutti i traffici verso il nord del continente.
A partire da qui occorre immaginare altri progetti per nuovi traffici, come il collegamento ferroviario con il Tirreno e lo sviluppo delle relazioni con i porti di Venezia e di Ravenna. Non vedo nella classe dirigente locale quella capacità di lettura di alcuni avvenimenti che vanno ben oltre le mura della città».
– C’è il rischio che Verona venga messa in secondo piano rispetto ad altre aree più implicate nell’organizzazione dei grandi eventi, come le Olimpiadi Milano – Cortina 2026?
D’Arienzo. «Le Olimpiadi meriterebbero un ragionamento a parte: il villaggio olimpico, la variante di Cortina, la variante di Longarone, le funivie intervallive e il palaghiaccio non possono rientrare nel Recovery plan, ed hanno già avuto altre forme di finanziamento. Il discorso di uno sbilanciamento territoriale riguarda piuttosto le differenze tra Nord e Sud. Grazie agli investimenti del passato – in particolare del governo Renzi – il Nord completerà le linee dell’alta velocità con il Recovery fund; al Sud invece non esiste una base di partenza: quando sento che al Meridione sono state concesse risorse per realizzare la Napoli-Bari e la Salerno-Reggio Calabria, mi viene da ridere, visto che arriveranno entro il 2050».
– Come verranno scelti i progetti da finanziare?
D’Arienzo. «Dal punto di vista delle infrastrutture sono già stati scelti e sono quelli che hanno un livello di progettazione tale da permetterci di rispettare le date indicate dall’Europa».
– Perché si parla ancora dei progetti del Piano Regionale se quelli che entreranno nel Piano Nazionale sono già stati scelti?
D’Arienzo. «La Regione ha avanzato la sua proposta lo scorso 27 novembre e a dicembre il governo Conte aveva già scelto le opere da inserire. Ora però stiamo aspettando il governo Draghi: voteremo il parere in Commissione il 23 marzo e il testo dovrebbe andare in aula entro la prima settimana di aprile. Sostanzialmente, i progetti sulle infrastrutture sono già stati individuati».
– Parliamo allora dell’applicabilità dei progetti…
D’Arienzo. «Sono positivo, l’applicabilità c’è e il denaro è abbastanza, soprattutto sul fronte della transizione ecologica. Molto dipende dalla capacità progettuale delle proposte: più sono importanti i progetti e più è facile che vengano realizzati. Faccio un esempio: il collettore del lago di Garda, contenuto anche nel Piano regionale del Veneto, rappresenta un’innovazione significativa rispetto all’attuale sistema di collettamento fognario e sono sicuro che, così come viene proposto, sia l’unico in Italia. Questo lo rende più facilmente concretizzabile».
Gregorio Maroso

Gregorio Maroso è laureato in Filosofia, Editoria e giornalismo all'Università di Verona. Da sempre si interroga sulla vita e spera che indagare e raccontare i suoi aspetti nascosti possa fornirgli le risposte che cerca. gregoriomaroso@gmail.com

ODC
27/03/2021 at 12:16
Dopo le considerazioni del Senatore D’Arienzo emerge una realtà di grande ritardo.
E’ possibile che la montagna partorisca il topolino.
Sarebbe drammatico.
M.
23/03/2021 at 18:38
Articolo esaustivo ed articolato. Serve elettrificare il più possibile le linee ferroviarie venete e non solo, allo scopo di rendere più rapida e meno impattante la mobilità interna. La linea Belluno-Bassano-Padova è stata elettrificata, ma l’alta velocità si fermerà a Vicenza, ed il Recovery Plan non sembra interessato ad un’estensione.
Grazie.