INTERVISTA – I bambini stranieri che non vengano seguiti nell’apprendimento dell’italiano incontreranno maggiori difficoltà nel portare a termine il proprio percorso di studi e ad integrarsi. Che supporto linguistico offre Verona a questi giovani? Ne abbiamo parlato con Matteo Danese, direttore del Centro Studi Immigrazione (Cestim) di Verona, che dal 1990 promuove la tutela dei diritti umani degli immigrati, collaborando con enti e istituzioni del territorio nella realizzazione di progetti volti a migliorare il loro accesso al lavoro, alla casa, ai servizi sociali e sanitari e alla scuola.
Laureato in giurisprudenza, Danese inizia il suo percorso all’interno del Cestim nel 1999 e nel 2013 ne assume la direzione. Fa inoltre parte del consiglio di amministrazione della Cooperativa sociale La Casa per gli immigrati, sostenuta dallo stesso Cestim.

Matteo Danese
– Che servizi offrite e a quali giovani stranieri nello specifico?
Danese. «In collaborazione con le scuole, Cestim segue bambini e ragazzi di origine straniera di prima e di seconda generazione, sia coloro che partono da zero nell’apprendimento della lingua italiana, sia chi necessita di migliorarne la padronanza. Più nello specifico, organizziamo attività di laboratorio linguistico e di supporto nello studio delle varie materie scolastiche.
In quest’ultimo caso, operiamo in modo diverso tra elementari, medie e superiori: nei primi due casi, un collaboratore solo può occuparsi di circa cinque ragazzi, mentre per le superiori sono necessarie figure più specialistiche che accompagnino nello studio un massimo di uno o due ragazzi nelle diverse discipline.
Abbiamo anche una vasta rete di volontari a supporto dei collaboratori. La corretta conoscenza della lingua italiana è indispensabile per gli alunni e gli studenti stranieri, al fine di poter fruire appieno di un percorso d’istruzione valido ed equo. La scuola è l’ascensore sociale a cui ogni ragazzo deve poter accedere per raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita».
– Quali altre variabili possono determinare uno svantaggio scolastico e, di conseguenza, anche sociale per questi ragazzi?
Danese. «Cestim ha scelto la lingua come ambito di cui occuparsi. Poi è chiaro che altri aspetti sociali, economici e culturali possono avere un grande peso. Per esempio, il livello d’istruzione e la partecipazione attiva nella vita della comunità locale della famiglia d’origine fanno la differenza. Anche in questo caso l’aspetto linguistico può creare problemi: se un genitore non conosce l’italiano non potrà essere un fruitore attivo della proposta educativa della scuola ai propri figli, trovandosi a vivere in una situazione di passività».
– Da quali nazioni provengono i ragazzi che seguite?
Danese. «Negli ultimi anni, un buon 50% dei ragazzi provengono soprattutto da Paesi dall’estremo Oriente, come Sri Lanka, Pakistan, India e anche Cina, ma tanti anche da stati africani come Nigeria e Ghana, o dall’Europa dell’Est».
– La provenienza geografica incide sull’apprendimento della lingua italiana?
Danese. «Non in maniera significativa. Chi proviene da Paesi come la Romania o la Moldavia ha meno difficoltà nell’imparare e nell’utilizzare l’italiano rispetto a chi arriva da Paesi come Cina e India. Anche in questo caso, il contesto famigliare gioca un ruolo importante: chi cresce in una famiglia straniera di laureati farà meno fatica rispetto ad chi ha genitori dello stesso Paese ma che, per esempio, sono nati in una zona con scarse possibilità di accesso ad un livello d’istruzione minimo. Spesso si tratta di nazioni vaste in cui il divario sociale, culturale ed economico tra individui e tra classi può essere notevole».
– In quali zone del territorio veronese lavorate di più?
Danese. «Nei quartieri con componente più alta di residenza di famiglie immigrate. Nel Comune di Verona zona Stadio, Verona Sud, Borgo Venezia e Borgo Milano. Fuori dal Comune siamo piuttosto attivi nell’Est Veronese, che presenta una forte concentrazione di residenti stranieri, e in alcuni comuni del vicentino confinanti con Verona, per esempio Lonigo».
– Come è cambiata la situazione negli ultimi dieci anni a Verona? Il numero dei ragazzi stranieri è aumentato, diminuito o rimasto invariato?
Danese. «A differenza della prima decade degli anni 2000, con il rallentamento del fenomeno migratorio il numero dei giovani di origine straniera nelle scuole si è regolarizzato. Il problema è che non hanno più bisogno soltanto dell’italiano come lingua base per comunicare. Bisogna insistere sulla “lingua dello studio”, che rappresenta uno step linguistico successivo ma necessario per affrontare le discipline scolastiche con termini specifici e settoriali. Si tratta di un processo di apprendimento lungo, che andrebbe cominciato nei primi anni delle elementari».
– Cosa manca a Verona?
«La situazione veronese è come quella italiana in generale. Dal mio punto di vista, una delle problematiche principali è la mancanza di insegnanti di lingua italiana L2: come figure professionali sono al momento ben inserite nei contesti dei Centri Provinciali per l’Istruzione per Adulti, ma ancora troppo pochi all’interno delle scuole superiori e degli istituti comprensivi, dove la componente di alunni e stranieri è invece molto forte.
È una condizione particolarmente grave, ad esempio, per i ragazzi che arrivano in Italia dai tredici, quattordici anni in su: imparare bene un idioma a quell’età non è come impararla a sei, sette anni. E, parliamoci chiaro, la scuola non fa sconti, a tutti si chiede di apprendere al meglio le stesse cose, che si tratti di diritto pubblico o della Divina Commedia di Dante Alighieri. In questo modo rischiano di rimanere sempre più indietro fino ad essere estromessi dal sistema scolastico, accumulando ostacoli nel loro percorso per un futuro lavorativo e un riconoscimento sociale di un certo livello».
– Cosa si sta facendo?
«Noi collaboriamo con la rete Tante Tinte, una coalizione della quasi totalità delle scuole veronesi che ha come obiettivo proprio la risposta ai bisogni di inclusione dei ragazzi provenienti da famiglie immigrate, occupandosi dell’insegnamento dell’italiano, della formazione dei docenti, della mediazione linguistica e culturale e così via. In questo modo si riesce a fare sistema in maniera più efficace ed efficiente.
Cestim sta inoltre portando avanti un progetto, sostenuto dalla fondazione San Zeno, in otto istituti comprensivi del territorio veronese, nei cui organici vengono inseriti dei tutor linguistici: si tratta di figure professionali diverse da quella dell’insegnante di lingua italiana L2 di cui si avrebbe bisogno, ma grazie alle cui competenze è stato possibile rilevare un miglioramento considerevole dal punto di vista linguistico negli studenti di origine straniera. Un aspetto positivo dei tutor linguistici è anche quello di fungere da “cerniere” tra ordini scolastici diversi, ovvero di poter seguire questi ragazzi dalle elementari alle medie, garantendo loro una continuità importante».
– Come avete affrontato la pandemia da Covid19?
«Da marzo 2020 siamo stati costretti ad attuare una riconversione di tutte le nostre attività in modalità telematica. Non è stato facile: per molti ragazzi la didattica a distanza ha rappresentato un ostacolo notevole. Tra l’inizio del primo lockdown e il mese di giugno 2020 siamo riusciti a raggiungerne più di trecento con la DAD. Un mezzo miracolo per come la vedo io.
A luglio abbiamo proseguito quasi interamente a distanza, mentre a settembre, nelle settimane precedenti all’inizio delle lezioni, siamo riusciti ad organizzare dei laboratori linguistici e di supporto scolastico in buona parte in presenza. C’è da dire che la collaborazione da parte delle scuole è sempre stata ottima: ci sono persone che lavorano con grandissima passione e con la volontà di aiutare i ragazzi nel loro percorso formativo».
– Che propositi avete per il futuro?
«Abbiamo rivalutato le potenzialità e l’utilità della didattica a distanza, che annienta i confini geografici e logistici e che ci piacerebbe mantenere anche in futuro per raggiungere il maggior numero di persone possibile. Entro il 2023 vorremmo implementare il nostro intervento soprattutto nelle scuole superiori, dove la mole di studio e la sua specificità aumentano, rendendo la risposta alle esigenze di chi ha difficoltà legate alla lingua largamente insufficiente».
Serena Ferraro

Serena Ferraro, veronese, studentessa di Lettere presso l'Università degli Studi di Verona. Ho sempre amato scrivere, viaggiare, studiare e approfondire. Ogni aspetto della nostra società mi incuriosisce e mi appassiona: conoscerla nella complessità dei suoi elementi significa potersi muovere con consapevolezza e maturità nel mondo che ci circonda. Per questo ritengo che il buon giornalista abbia come primo diritto e dovere quello di fornire un'informazione completa, precisa e trasparente. ferraro.serena99@gmail.com

Marcello Toffalini
18/03/2021 at 20:28
Ottimo il lavoro del “Cestim” e di “Tante tinte”. Quanto alla DAD non credo possa contribuire molto ad integrare la formazione dei più piccoli e dei più giovani, come invece potrebbe fare la Scuola almeno nell’età prescolare e dell’obbligo. Per gli altri immigrati, più vicini all’età adulta se non adulti, la DAD potrà essere d’aiuto e raggiungere il maggior numero di persone, proprio come espresso da Danese.