Il dibattito attorno alla candidatura di Damiano Tommasi a sindaco di Verona dovrebbe essere accompagnato da una riflessione profonda su questo genere di scelte. È chiaro che il punto di partenza di chi lo propone è quello di attrarre voti, più o meno lo stesso ragionamento che si fece nel 2017 per un altro cittadino, il poliziotto Gianpaolo Trevisi. Entrambi non sono professionisti della politica ma hanno dalla loro il fatto di essere personaggi pubblici (più Tommasi che Trevisi).
Tommasi piace, e per chi non è un fan del calcio questa simpatia deriva dall’averlo seguito fuori dagli stadi, nell’impegno civico sportivo ma anche extrasportivo. Tommasi ha utilizzato la sua popolarità nel migliore dei modi, cioè diventando un esempio per molti.
È sufficiente per fare il sindaco di Verona? Con molta probabilità il centrocampista di Negrar si sta ponendo la stessa domanda, e fa bene ad interrogarsi perché nel mondo della politica non c’è un arbitro a fischiare sgambetti e falli a gamba tesa, e il perimetro di gioco non è così definito come quello di uno stadio. È anche vero che un buon capitano per far vincere la squadra cerca di avere a fianco gli elementi migliori, ma non è così per la politica a cui siamo abituati.

Palazzo Barbieri
Per Trevisi non ci fu il plebescito del PD sulla candidatura, tanto che il direttore della Scuola allievi della Polizia di Peschiera, vista l’aria che tirava, gettò la spugna. Per Tommasi è ancora presto per dire se la strada sarà la stessa, certo è che pretendere qualcosa di unitario in un partito lacerato dai distinguo appare difficile. Non aiuta la fotografia che del PD ha fatto l’ex Segretario nazionale Nicola Zingaretti, uomo sicuramente ben informato quando dichiara di vergognarsi perché nel suo partito si parla solo di poltrone.
Che c’azzecca Tommasi con le poltrone? Nulla, ma ci deve fare i conti perché è quella la realtà con cui andrebbe a misurarsi. Per il calciatore si tratterebbe di un doppio incarico: non solo sindaco di Verona ma anche testimonial di una politica fatta con stile. E a qualcuno, come appunto accadde per Trevisi, potrebbe non piacere un personaggio che interpreti entrambi i ruoli con il piglio dell’atleta (o del poliziotto).
Per Tommasi vediamo solo una chance, nel caso diventasse sindaco di Verona: quella di poter distribuire le palle (le deleghe) e di segnare qualche goal nei primi minuti di gara, i fatidici 100 giorni di luna di miele, quando popolarità e prestigio consentono ancora l’autonomia necessaria per dribblare gli ostacoli e fare qualcosa che lasci il segno. Sui tempi supplementari meglio non fare troppo affidamento.
Giorgio Montolli

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

Marcello Toffalini
13/03/2021 at 09:28
Me lo chiedo anch’io se sarà capace di “dribblare gli ostacoli e fare qualcosa che lasci il segno”, ma tutto dipenderà dai contenuti che riuscirà ad assorbire dalla coalizione di forze moderate, ambientali e di sinistra che potrebbe sostenerlo. La popolarità c’è, ma i contenuti?
ODC
12/03/2021 at 17:42
Bella immagine . E’ sempre stato protagonista in grandi squadre.
Chissà se potrebbe dire la sua nel calciomercato che ci sarebbe.