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Opinioni

8 marzo 2021: per le donne non c’è molto da festeggiare

Gottardi (Univr): «Occorre intervenire per regolare lo smart working in modo da consentire la conciliazione tra lavoro e vita famigliare»

(Lumsa News)

L’anno prossimo, nel 2022, festeggeremo in Italia l’anniversario dei 100 anni dall’istituzione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Eppure la recente risoluzione del Parlamento Europeo sulla strategia dell’Unione Europea per la parità di genere descrive per la prima volta una situazione di “regresso dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere”.

Una donna con un neonato in braccio e un uomo seduto alla scrivania di fronte allo schermo di un computer: era l’immagine scelta per “Immuni”, l’app italiana di tracciamento del contagio da coronavirus e che venne modificata solo in seguito alle accuse di riprodurre stereotipi di genere. Ora le rappresentazioni sono state invertite: l’uomo a cullare il bimbo e la donna al pc.

La realtà è purtroppo molto più complessa e la recente indagine sulla sostenibilità dello smart working realizzata dall’Associazione Studi Legali Associati lo conferma: il 64,3% delle professioniste intervistate ha risposto di aver affrontato la conciliazione casa-lavoro con facilità, ma in questo panel di “soddisfatte” l’81,5% non ha figli. Più difficile lavorare da casa per quel 35% di professioniste-madri.

La pandemia ha reso necessario fare appello al cosiddetto “lavoro agile” – o smart working – introdotto dalla legge 81/2017, che disciplina le misure per rendere flessibili tempi e modalità del lavoro subordinato. Per molte lavoratrici in tempi di Covid, però, il lavoro agile non è affatto “smart”.

 

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Anche il recente report Woman in Tech riporta dati a conferma di una condizione tutt’altro che “agile” per le lavoratrici: il 44% delle donne italiane che lavora nel settore tech ha dichiarato di avere fatto molta fatica a dividersi tra lavoro e famiglia negli ultimi dodici mesi (marzo 2020-marzo 2021). Per le donne coinvolte nella ricerca, a frenare la possibilità di impegnarsi maggiormente nel lavoro sono stati per il 60% i lavori domestici (contro il 36% degli uomini) mentre per il 66% la necessità di seguire i figli nella didattica a distanza (contro il 37% degli uomini). Inoltre, il 47% delle donne ha dichiarato di aver dovuto lavorare più del partner, in modo da potersi occupare anche della famiglia.

Donata Gottardi

Donata Gottardi

 

Quella offerta dalla pandemia appare insomma un’occasione per tutti, lavoratrici e aziende, ma che necessita di essere ridiscussa e regolamentata. Anche la prorettrice dell’Università di Verona Donata Gottardi, in un’intervista a Verona In, è molto chiara al riguardo: «Quello che c’è ora non è smart working: chiamiamolo piuttosto lavoro da casa emergenziale». Secondo la prorettrice – anche professoressa ordinaria di Diritto del lavoro all’università scaligera – si rende necessario intervenire per poter regolare lo smart working applicandolo per consentire una vera conciliazione tra lavoro e vita famigliare: «Se il lavoro da casa si svolge negli stessi orari e con le stesse modalità di quello in ufficio, la conciliazione va a quel paese», continua Gottardi. Per la docente è giunto anche il momento di mettere in discussione l’idea che il lavoro debba essere svolto e pagato su base oraria anziché in considerazione del risultato.

Floriano Zanoni

Floriano Zanoni

Anche Cgil Verona si sta occupando attivamente di smart working: «Rimodulazione e riduzione dell’orario di lavoro sono questioni che devono essere affrontate a tutela delle lavoratrici, per ribaltare un modello che appare ancora polarizzato fra orario “fuori controllo”, crescita di part-time involontario e lavoro povero», ci dice Floriano Zanoni di Cgil Verona. Anche per il sindacato, lo smart working appare come uno strumento di per sé potenzialmente neutro, ma che in quest’anno di pandemia «non ha fatto altro che evidenziare problemi mai risolti, come la mancata condivisione del lavoro di cura e l’ostilità del mercato del lavoro»

Annalisa Mancini

Written By

Annalisa Mancini è nata il 25 dicembre 1979, frequenta l’istituto tecnico per corrispondenti in lingue estere. Dal lago di Garda, dove vive fino al 1998, si trasferisce prima a Trieste per gli studi in Scienze Politiche e poi a Berlino. Completa il suo sguardo sul mondo viaggiando, leggendo e scrivendo, è interessata soprattutto al giornalismo d’inchiesta, alla politica nazionale e internazionale e alle questioni ambientali. Tornata a Verona, fonda una sezione di Legambiente e lavora anche come editor e correttrice di bozze. Ha collaborato con Il Piccolo di Trieste, ilveronese.it, ilgardesano.it, Il Corriere del Garda, Radio Garda FM, RuotaLibera di FIAB, corriereditalia.de. mancini.press@gmail.com

1 Comment

1 Comment

  1. Pasquale Saturni

    08/03/2021 at 10:45

    Ad essere celebrata non dovrebbe essere la “festa” ma la “giornata della donna”, come in tutti i casi in cui si ricorda che un problema esiste. Anche in questo caso il lessico è fuorviante.

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