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Perché ripudiare Roberto Saviano è tirarsi la zappa sui piedi

Con la revoca della cittadinanza allo scrittore napoletano Verona, senza rendersene conto, finisce per fare un favore alla criminalità mafiosa. Lanciata una petizione.

Mafie, DIA

Con la revoca della cittadinanza onoraria della città di Verona concessa allo scrittore antimafia Roberto Saviano nel 2008, il Consiglio comunale che regge l’amministrazione del Sindaco Federico Sboarina ha dimostrato di non conoscere la realtà dei fatti che da oltre mezzo secolo coinvolge e sconvolge Verona e la sua provincia.

I promotori di questo atto forse non si sono resi conto che questa scelta li rende in qualche modo inconsapevolmente moralmente responsabili nel favorire situazioni di criminalità diffusa, che sin dagli anni 1950-60 hanno interessato anche la nostra realtà geografica. Non basta infatti allertare la cittadinanza sul rischio infiltrazioni mafiose, come ha fatto recentemente il Sindaco di Verona, occorrono comportamenti conseguenti evitando azioni che finiscono per esporre la città a situazioni di pericolo (per questo, per annullare la delibera del Consiglio comunale, è stata lanciata una petizione a cui aderisce anche Verona In ndr).
 
Infatti, sulla base di un Reggio Decreto del 1926 – retaggio di normative risalenti addirittura al 1896 che regolavano la permanenza di persone ritenute pericolose in varie “Colonie penali” sparse per l’Italia – diversi soggetti, inviati dalle varie Prefetture su disposizioni ministeriali, erano ospitati nelle regioni del Nord, compreso il Veneto e quindi anche Verona, in regime di domicilio coatto. I residenti più anziani della Val d’Alpone, oppure dei comuni dell’Est veronese, o della sponda veronese del Lago di Garda, sono buoni testimoni di quelle situazioni e vicende.

Roberto Saviano

Con lo sviluppo delle diverse attività commerciali e produttive che seguirono la ricostruzione del dopoguerra, trovarono spazio a Verona diversi soggetti in “soggiorno obbligato”, spesso con attività imprenditoriali, molte delle quali servivano da copertura per azioni illecite, in particolare il contrabbando, le contraffazioni, le attività di riciclaggio di merci, di fondi e/o titoli, sino alla gestione di imprese di costruzioni, di trasporto e di strutture turistiche e ricettive.

Queste attività consentirono alla generazione successiva di poter esercitare in tutta tranquillità quegli “affari” che risultavano di volta in volta più convenienti e con minori rischi, sino a consolidare una consistente rete di collegamenti nelle diverse direzioni, e alleanze con la criminalità locale dedita al traffico, controllo e smercio di ingenti quantità di sostanze stupefacenti, oppure nel campo dei sequestri di persona finalizzati al reperimento di ingenti somme di denaro.

Ricordo a tale proposito i sequestri di persona a Verona e provincia che hanno riguardato, a partire dal 1974, Ilaria Meloni e poi a seguire: Garonzi, Antonini, Mirandola, Lovati Cottini, Fraccari, Gnutti, Isoli, Comper, Pisoni, Girelli, De Vecchi, Testori, Pasti, Cardi ed infine, nel 1990, la allora giovanissima Patrizia Tacchella.

Alberto Zelger

Alberto Zelger

Dopo la Strage di Capaci del 23 maggio 1992, Verona era sotto osservazione da parte degli inquirenti perché ritenuta una possibile base logistica per le attività criminali di stampo mafioso. Alcune ragioni che avevano originato questi sospetti appaiono nel film realizzato da Giuseppe Ferrara dal titolo Giovanni Falcone. All’inizio della proiezione c’è una scena che inquadra le rotaie del treno, in cui appare in primo piano, e in modo ben visibile, la scritta: “Stazione di Verona Porta Nuova”. L’autore del film ha ritenuto di girare questa scena perché, secondo le sue fonti, il magistrato Giovanni Falcone sarebbe venuto in incognito più volte nella città scaligera per interrogare soggetti “di riguardo ed informati sui fatti”, ospiti in una locanda dalle parti della Croce Bianca. Per i fatti successi in quel periodo credo che il film di Ferrara possa aver rappresentato una testimonianza credibile ma anche un significativo messaggio.

Fra le maggiori e tragiche azioni criminali verificatesi a Verona legate alla malavita organizzata a partire dagli anni 1990, vanno ricordati gli omicidi degli agenti di Pubblica sicurezza Vincenzo Bentivegna e Ulderico Biondani avvenuti a Sommacampagna il 13 marzo 1992 durante un’operazione di controllo del territorio ad opera del pregiudicato latitante calabrese Massimiliano Romano.

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A questi omicidi fece seguito quello dell’agente di Pubblica sicurezza Massimiliano Turazza, avvenuto durante un pattugliamento la notte del 18 ottobre 1994 ad opera del pregiudicato Alceo Bertolucci, figura di spicco della Banda Maniero.

Verona, Consiglio comunale

Verona, Consiglio comunale

Negli anni successivi passò quasi sotto silenzio l’arresto a Verona del boss palermitano Massimo Ciancimino mentre stava cercando di procurarsi denaro contante presso un professionista, con studio in Borgo Trento, a conferma che questo soggetto poteva contare di solidi appoggi nella città di Verona. Di ciò diede notizia il quotidiano locale L’Arena il 29 maggio 2013.

Diverse e tante altre sono le conferme che a Verona e provincia la mafia dispone di una capillare e consistente presenza. E, a tale proposito, sono state diverse, anche recentemente, le azioni della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato (operazione Taurus) che hanno fatto emergere rilevanti attività criminali, con le presunte implicazioni anche di persone presenti nell’organico di società partecipate dal Comune di Verona.

Con questa nota ho inteso richiamare alcuni fatti e ragioni per i quali servono non solo le massime attenzioni in tutte le direzioni e le necessarie competenze per contrastare le pericolose attività criminali, ma anche evitare semplicistiche azioni che rincorrono pericolosi istinti finalizzati al protagonismo personale a scapito dell’interesse comune.

Giuseppe Braga

Leggi gli articoli, le interviste e le inchieste sull’argomento Mafia pubblicati da Verona In

Petizione
Per annullare la delibera che revoca la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano.

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Giuseppe Braga è nato a Verona il 12 giugno del 1943. Ha lavorato alle Officine e Fonderie Leopoldo Biasi di Verona. È stato dirigente e membro della segreteria FIMCISL di Verona; dirigente e Segretario generale Federchimici CISL di Verona; Segretario generale SICET CISL di Verona e Responsabile organizzativo Confederazione; consigliere di terza Circoscrizione in Borgo Milano. Durante l’attività sindacale ha ricoperto varie cariche. giuseppe.braga@gmail.com

1 Comment

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  1. Redazione2

    29/12/2020 at 12:19

    Saviano può anche risultare antipatico, un comunista. Mi chiedo però non solo quanto sia opportuna ma anche utile la revoca della cittadinanza onoraria che gli è stata conferita dal Comune di Verona nel 2008. Sono d’accordo, ad esempio le varie categorie economiche? La pizza, i ristoranti e lo spritz hanno colore politico? I commercianti non temono la mafia? Da leggere questo articolo di Giuseppe Braga che ci richiama alle nostre responsabilità ma anche al buon senso. (Verona In)

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