INTERVISTA – Il vaccino anticovid è giunto anche a Verona e ieri domenica 27 dicembre sono state eseguite le prime inoculazioni al personale sanitario. Intanto sono numerose le domande giunte in redazione che riguardano i vaccini e che abbiamo girato all’infettivologo Ercole Concia, ex professore di Malattie infettive all’Università di Verona, già direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona.
«Di un vaccino dobbiamo conoscere l’efficacia e la buona tollerabilità e i vaccini Pfizer e Moderna hanno un efficacia stabilita al 94-95%, altissima – spiega Concia –. Anche gli anziani hanno risposto bene e per la sicurezza i dati sembrano molto confortanti. La valutazione delle schede tecniche è compito delle agenzie internazionali, che in Europa è l’EMA».

Ercole Concia
– Come sarà organizzata la campagna di vaccinazione? (prima vaccinazione e richiamo).
Concia. «La campagna sarà organizzata per fasce di età: saranno i distretti a fare le chiamate. Per fare il vaccino non ci vuole molto ma sarà necessario attendere mezz’ora tra una persona e l’altra per verificare eventuali complicazioni. Il problema di base è la conservazione del vaccino Pfizer a -70˚. Qui non siamo preparatissimi: alcune regioni non hanno tanti congelatori, come in Calabria, e alcune province ne sono sprovviste. Anche in Piemonte ne mancavano quattro. I vaccini Pfizer, Moderna e Oxford AstraZeneca richiedono due iniezioni, quindi lo sforzo è doppio. Per lo Pfizer il richiamo è dopo tre settimane per il Moderna dopo un mese.
– Perché servono due dosi?
Concia. «Perché si è visto che per arrivare ad avere una copertura di oltre il 90% non basta una dose ma bisogna farne due. Se ne facessimo una sola la copertura ci sarebbe lo stesso ma si fermerebbe al 45-50%, quindi è assurdo non fare il richiamo».
– Chi è già stato contagiato riceverà il vaccino?
Concia. «All’inizio la questione era molto dubbia. Gli anticorpi però non durano all’infinito e quindi, anche se ovviamente c’è meno rischio e i casi di reinfezione documentati sono meno di dieci, chi ha passato il virus riceverà il vaccino. Chi ha passato la malattia però, essendo più protetto, sarà in coda.
– Dove andremo a vaccinarci?
Concia. «Saranno allestiti dei centri di vaccinazione e anche gli ambulatori medici potrebbero essere una soluzione, come succede per il vaccino influenzale, mentre gli ospedali sono da escludere. Bisognerà fare più centri vaccinali in modo che siano sparsi sul territorio e facilmente raggiungibili da tutti, soprattutto dai più anziani».
– Quali sono le differenze tra un vaccino e l’altro (Pfizer, Moderna, Oxford AstraZeneca)?
Concia. «I vaccini Pfizer e Moderna sono più o meno uguali, nel senso che sono basati sulla molecola di RNA, quella che iniettata fa sì che il nostro organismo produca la proteina chiamata Spike. Il vaccino della Oxford AstraZeneca invece è basato su un adenovirus inattivato che si porta dentro la proteina virale».

L’arrivo del vaccino anticovid all’AOUI di Verona
– In quale fase sperimentale si trova il vaccino studiato dal Centro Ricerche Cliniche di Verona (CRC) e dallo Spallanzani?
Concia. «Questo vaccino è nella Fase 2, durante la quale si studiano gli effetti collaterali su un numero limitato di volontari. In questa fase le persone testate sono centinaia, mentre nella Fase 3 sono migliaia. Un vaccino quando arriva nella terza fase deve avere almeno 30/50 mila persone testate. Sono convinto che questo vaccino sarà uno dei migliori ma arriverà più tardi, entro il 2021. Questo vaccino è basato sull’iniezione della proteina del virus che stimola il nostro organismo nella produzione di anticorpi».
– Potremo scegliere quale vaccino ricevere?
Concia. «È il sistema sanitario a scegliere il vaccino tra quelli a disposizione, e si sceglierà il migliore. Se una persona riceve un certo vaccino è chiaro che per la seconda dose dovrà proseguire con quello. Nel caso in cui invece il richiamo avvenisse dopo un anno o più il vaccino può essere diverso».
– Si potrà diventare positivi e contagiosi anche dopo la vaccinazione?
Concia. «Se è vero che il 95% è protetto dal vaccino, questo vuol dire che solo il 5% può contratte la malattia. Il problema è che ancora non abbiamo una risposta definitiva sul tempo di copertura di questa doppia vaccinazione: non sappiamo se dura per tutta la vita o se sarà necessario ripeterla. Per scoprirlo saranno studiati gli anticorpi dei vaccinati».
– Il vaccino è sicuro per le donne in gravidanza e i bambini?
Concia. «Non credo che questi vaccini comportino problemi per le donne in gravidanza: non c’è nulla che possa ledere il feto, l’RNA sparisce subito. Durante la gravidanza ci sono dei vaccini a virus attenuati che è meglio non fare, ma non è questo il caso. I bambini al momento non sono compresi nella campagna di vaccinazione, sono eventualmente messi in coda».

La consegna del vaccino anticovid all’A=UI di Verona
– Ci sono allergie o patologie che impediscono la vaccinazione?
Concia. «Ci sono delle persone che possono avere delle reazioni ma sono eventi rari. Chi invece ha allergie importanti dovrà aspettare le verifiche per il vaccino meno allergizzante; ma non sono ancora state riconosciute allergie o patologie incompatibili con i vaccini attualmente a disposizione contro il Covid-19. La valutazione dovrà essere effettuata sui singoli casi».
– Quanto si presume duri la copertura del vaccino? E poi?
Concia. «La durata degli anticorpi è da definire. Personalmente credo che sarà necessaria la rivaccinazione ma non si può dire con certezza; conosciamo questo virus da 11 mesi e lo stiamo studiando col tempo, come saranno studiati i vaccinati e la durata dei loro anticorpi».
– Secondo lei sarebbe necessario rendere obbligatoria la vaccinazione?
Concia. «Questa è una vaccinazione che è utile per il singolo come per la comunità. Si è deciso che il vaccino sia gratuito e non obbligatorio; però, se arrivassimo a fine 2021 con solo 30 milioni di italiani vaccinati, questo significherebbe che l’obiettivo non è stato raggiunto e che il virus continua a circolare. Forse, a quel punto, ci sarà bisogno di decidere per l’obbligatorietà, ma adesso è troppo presto per parlarne».
– Quando potremo tornare a togliere le mascherine?
Concia. «Torneremo alla normalità quando supereremo la soglia del 60% degli italiani vaccinati. Io spero che questo avvenga entro la fine del 2021. Tutto sommato il traguardo non è lontanissimo, dobbiamo però continuare ad evitare assembramenti e rispettare le regole. Solitamente quando ci vacciniamo lo facciamo per noi stessi, in questa situazione invece dobbiamo pensare soprattutto agli altri. Siamo quarti al mondo per numero di morti e quindi dobbiamo essere responsabili e tutelare i più anziani. Se sei giovane è vero che puoi contrarre il Covid in forma lieve ma è anche vero che lo puoi trasmettere, e se è vero che la maggior parte dei morti sono anziani lo è altrettanto che nella seconda ondata l’età si è abbassata».
– Come valuta la comunicazione dall’inizio della pandemia ad oggi?
Concia. «La comunicazione durante la pandemia è stata sbagliata. C’è chi ha detto “questo virus è poco più di un’influenza”, chi “il virus è morto”, e si sono sbagliati: recentemente sono stati circa 700 i morti al giorno. Le liti in televisione dei virologi sono state una cosa penosa ma anche i giornalisti ci hanno messo del loro. Per un certo giornalismo avere in programma due persone che si contraddicono fa più audience ma si finisce per generare confusione. La malattia è stata scoperta 11 mesi fa e dobbiamo ancora studiarne le conseguenze a lungo termine. Prima di dire delle cose molto pesanti dovremmo pensarci non una ma dieci volte, perché dall’altra parte ci sono persone che non hanno nessuna cultura in ambito medico e lo sconcerto dovuto alla contraddizione fa perdere credibilità all’intera classe medica».

Vaccino anticovid
– Secondo lei la popolazione ha capito la gravità della situazione?
Concia. «No, non credo. Se guardiamo le piazze e i centri delle città sono pieni di gente, come anche la Lessinia qualche settimana fa. È vero che i contagi sono ultimamente calati ma sono ancora 15.000 e il numero dei morti continua a essere alto. Non possiamo pensare solo a noi stessi, soprattutto adesso che abbiamo il vaccino: entro la fine dell’anno prossimo ci libereremo in larga misura del virus, ma nel mentre è necessario continuare a rispettare le regole ed evitare assembramenti. C’è anche una confusione normativa che fa spavento».
– Come organizzerebbe la comunicazione per renderla più efficace e meno contraddittoria?
Concia. «Avrei preferito una comunicazione molto più istituzionale, ad esempio affidata all’Istituto superiore della sanità, e avrei lasciato la parola a persone più equilibrate. Ho l’impressione che molte persone vengano prese dalla smania di farsi vedere in televisione. Anche i giornalisti fanno confusione, ad esempio tra virologi e infettivologi: Bassetti non è un virologo ma un infettivologo; Burioni è un virologo; Galli non è un virologo ma un infettivologo. Hanno etichettato tutti come virologi e hanno scelto quelli che pensavano facessero più audience. Siamo arrivati al punto che chi “la sparava più grossa veniva chiamato”. C’è anche stato un eccesso di informazione. Trovo inaccettabile che due terzi di alcuni telegiornali fossero dedicati al Covid».
– Le persone trovate positive dopo un periodo di quarantena vengono autorizzate a tornare al lavoro anche quando permane lo stato di positività. Sono ancora contagiose? E se lo sono In base a quale criterio medico-scientifico viene sospesa la quarantena?
Concia. «No, non sono più contagiose. È stato calcolato che dopo un certo numero di giorni senza segni e sintomi il virus non c’è più, o perlomeno non è più presente nel cavo orofaringeo, e quindi la persona non può più contagiare. Il virus non rimane nella gola o nel naso molto a lungo, dopo 10-12 giorni non è più presente. Quando il tampone continua a risultare positivo è perché rileva non il virus intero ma pezzi di virus».
– Trova corretto che queste persone tornino al lavoro?
Concia. «La questione è abbastanza complessa. Bisognerebbe che i virologi ci dicessero le soglie di presenza del virus. In questo modo, conoscendo i numeri, saremmo in grado di stabilire la quantità di virus ancora presente; ma attualmente questa procedura non è disponibile».
Cristiana Ceccarelli

Cristiana Ceccarelli è toscana, nata in provincia di Pisa nel 1995. Attualmente è residente a Verona ma il dialetto è per lei ancora un po' ostico. Ha vissuto a Londra e adesso studia Editoria e Giornalismo all'Università di Verona. cristianaceccarelli311@gmail.com

Alessandra
11/02/2021 at 08:15
Buongiorno, avremo il piacere di leggere anche le parole di esimi professori che la pensano diversamente? Ce ne sono tanti, molto preparati, persino candidati nobel per la medicina, vedi professor Stefano Scoglio. Perché, per la par condicio, per un’informazione obiettiva e imparziale, mi parrebbe corretto… grazie