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Verona capitale della cultura, non basta essere bravi in storia

La città non è tra le 10 finaliste. Il SIndaco Sboarina in un laconico comunicato: «Ringrazio l’assessore Briani per tutto il lavoro svolto».

Piazza dei Signori, Verona
La statua di Dante in Piazza dei Signori, Verona

Lunedì 16 novembre. «Non è per noi il risultato finale a cui tendere, ma il punto di partenza che ci consentirà di realizzare, partendo da oggi, quel progetto di cambiamento culturale atteso da tempo dalla nostra città» questa la dichiarazione fatta dal sindaco di Verona Federico Sboarina il 17 aprile 2018 riguardo la candidatura della città come Capitale Italiana della cultura 2022. Cioè l’importante non è vincere ma partecipare. E così è andata: a distanza di due anni Verona non è tra le 10 città finaliste scelte tra le 28 concorrenti. Un’idea, quella di far competere la nostra città, proposta dal Mario Allegri attraverso questo giornale il 14 luglio 2017 (da leggere la lettera aperta scritta da Allegri all’assessore Briani).

Il sindaco Sboarina oggi dichiara: «Ringrazio l’assessore alla Cultura Francesca Briani per tutto il lavoro svolto, perché con il dossier di candidatura ha messo in moto il meccanismo virtuoso di raccogliere tutte le forze migliori della città. Verona è già internazionalmente conosciuta come città di cultura, ciò che farà la differenza è poter contare adesso sulla macchina di tante istituzioni e privati che daranno vita ad una dimensione culturale inedita già dal prossimo anno».

L’assessore Briani osserva: «Scorrendo i nomi delle concorrenti selezionati, sono state privilegiate città di dimensioni più contenute della nostra, molte delle quali collocate nel centro sud Italia». E aggiunge: «Il nostro dossier non finisce in un cassetto perché si tratta di un progetto corale, che non conta solo sul patrimonio artistico e culturale ereditato, ma anche su progetti innovativi ed inclusivi e che è stato ideato coinvolgendo, come non è mai successo prima, tutte le istituzioni cittadine più importanti».

Il Bando era stato pubblicato il 18 novembre 2019. Il 16 dicembre il Sindaco Federico Sboarina, aveva inviato la candidatura e successivamente un Dossier contenente la proposta della città. Risale ad aprile la notizia della candidatura ufficiale di Verona. 

Già nel lontano 2018 Verona in aveva chiesto a due voci autorevoli in che modo la città potesse prepararsi per la candidatura. Francesco Butturini aveva dichiarato: «I luoghi dove creare diversi progetti culturali a Verona ci sono, ma non comunicano tra loro» e Gian Maria Varanini: «Il rischio è di cadere in temi eccessivamente stereotipati e poco stimolanti».

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Sempre nel 2018 il critico d’arte Vittorio Sgarbi aveva affermato che Verona «ha bisogno di un’occasione per ritrovarsi e prendere coscienza di luogo, di sé, soprattutto tra coloro che la vivono, la amministrano, la studiano, ne fanno impresa…. Abbiamo bisogno di un’occasione per confrontarci, per misurarci, per rendere visibile quello che abbiamo lasciato nei bauli per troppo tempo: Verona ha bisogno di sorridere per essere più bella, di un sorriso esplicito, contagioso, elegante, e un vento leggero la sta attraversando».

Per Tommaso Ferrari, consigliere comunale del Movimento Civico Traguardi, «Si tratta di un fallimento annunciato perché la città, nel suo insieme, non è stata coinvolta. Il ricco tessuto associativo da cui è innervata è stato lasciato fuori dalla porta, la preparazione del dossier non è stata partecipativa né condivisa e, ancora una volta, sono mancati il coraggio di uscire dagli schemi, l’umiltà di mettersi in discussione, la capacità da parte della maggioranza di allargare e includere, in un dialogo aperto con tutta la città, opposizione compresa».

Per Michele Bertucco, consigliere comunale di Verona e Sinistra in Comune, era preannunciato che l’unicità artistica e culturale della città di Verona da sola non sarebbe bastata: «la candidatura a Capitale Italiana della Cultura avrebbe richiesto, per avere qualche possibilità di successo, uno sforzo comune: coinvolgere personaggi della cultura, esperti, condividere, delegare a chi più ne sa, far causa comune insomma. Un compito troppo difficile per Sboarina e camerati».

Per la presidente della Commissione Ambiente della Camera Alessia Rotta: «purtroppo la bocciatura di Verona non può stupire più di tanto perché si tratta di una logica conseguenza di una politica culturale praticamente assente nella città. Non è un caso che a bilancio annualmente vi siano sole poche decine di migliaia di euro per un settore che invece è decisamente trainante e fondamentale, sia per l’economia sia per il benessere di tutti i cittadini». Rotta continua: «La stessa destinazione di grandi beni architettonici e culturali come l’Arsenale è ancora incerta, indefinita e lontana da garantire un’offerta culturale alla città. Non parliamo delle mancate risorse per l’anniversario dantesco. È quindi evidente che la decisione dell’esclusione dalla short list della città di Verona non sorprende, ma fa molto male ed ha un indirizzo e dei responsabili precisi a palazzo Barbieri».

Per Francesca Businarolo, deputata del Movimento 5 Stelle «amareggia soprattutto il fatto che nemmeno l’importante anniversario dantesco del 2021, abbia potuto caldeggiare in qualche modo la candidatura. Verona perde anche un “derby veneto” con Pieve di Soligo, centro del Trevigiano che ha puntato in particolar modo sulla connessione con il territorio circostante. Occorre prendere atto, purtroppo, che nel contesto regionale Verona conta sempre meno anche culturalmente. Quest’insuccesso sia un’occasione per ripensare formule che finora sono state dannose per Verona e la sua provincia».

Per Anna Grassi, Consigliere Comunale e Capogruppo Lega Nord: «Probabilmente le forze politiche che sono al Governo e in particolare chi guida il MIBACT non vuole così bene alla città di Verona a guida centro-destra, privilegiando le città guidate dagli amici di partito, infatti dal 2014 hanno vinto le città di Ravenna, Cagliari, Siena, Mantova, Pistoia, Palermo. Quello di Verona è un tessuto ricco di associazioni, di patrimonio storico, culturale e ambientale. Per la ripresa post-Covid fondamentale sarà fare rete con tutto il tessuto della provincia di Verona: lago, montagna e pianura che vedono in Verona il motore e il cuore dello sviluppo di tutto il territorio».

Leggere anche: Lettera all’assessora alla Cultura Francesca Briani di Mario Allegri.

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Zeno Massignan



Written By

Zeno Massignan è nato a Verona nel 1988, laureato in Lettere con un percorso in Storia dell’Arte, laureato in Gestione ed Economia dell’Arte. Ha lavorato nel settore marketing e comunicazione per alcune istituzioni museali. Pratica e insegna judo, appassionato di arte, apprezza la convivialità e la vita all’aria aperta. zeno.massignan@hotmail.it

2 Comments

2 Comments

  1. Maurizio Danzi

    18/11/2020 at 23:08

    Siamo alle solite . Perchè non averci pensato prima! Il sindaco ,vecchio tifoso di calcio, doveva immaginarlo. Moggi serviva . Niente altro .
    Questa commissione di bruti, è nell’immaginario del nostro, il triste Giacomelli.
    Non è dipeso dall’avere una squadra tra le più scassate di sempre , assessori in fuga , consiglieri dediti al salto triplo , tanto da oscurare il miglior Gentile di Messico 68; aver persino portato la palla(cioè la bellezza contaminata di una città) come nei migliori campetti di periferia, avere una opposizione che definire debole fa aumentare il senso del ridicolo.
    Il problema è l’arbitro.
    Chi ha la memoria di Giuseppe Braga coltivi il sentimento della pietà

  2. Giuseppe Braga

    17/11/2020 at 07:00

    Mha! Cos’e’la cultura? Per caso, mica sarà rappresentata dalle pur importanti testimonianze appartenenti e risalenti all’età romana, diventate luogo per discutibili proposte di intrattenimento, più commerciali che culturali? Oppure le opportunità rappresentate dall’insieme delle offerte turistiche, dalle montagne e colline veronesi, sino alle sponde del Garda? Possono essere le manifestazioni commerciali promosse dalle diverse manifestazioni gestite dall’Ente Fiera di Verona, sempre più in affanno? Non credo, e vediamo il perché. Dal 1945 al 1980 Verona ha saputo ricostruirsi dopo la distruzione subita e partita dal conflitto del 1940-1945. Ha realizzato importanti opportunità di sviluppo nei diversi settori: agro-alimentare, industriale, turistico-commerciale. E ciò grazie a soggetti che si erano messi al servizio della comunità veronese. Dal 1980 ai giorni nostri abbiamo assistito al rallentamento, fino al declino delle diverse attività, nelle quali sono emerse le mire e gli interessi personali di decine di amministratori pubblici finiti persino in galera. L’ex sindaco Renato Gozzi, nelle testimonianze rilasciate a Federico Bozzini e riportate nel libro “DESTINI INCROCIATI del Novecento veronese” aveva definito il periodo dopo il 1980 come “Gli anni della Indecenza” che avevano determinsto, persino, a far chiudere la sede del partito della Democrazia Cristiana, sommerso da scandali e dai debiti. Infatti, da allora l’ex Ente Lirico si e’ trasformato in una voragine finanziaria, come diverse altre scelte scellerate fra le quali Ca’ del Bue o il progetto della Tranvia, per le quali i danni stimati possono essere ipotizzato in centinaia di milioni di euro. Senza contare altre situazioni che hanno visto impegnate almeno due generazioni di amministratori, ed ancora incompiute.In una città che vorrebbe essere o diventare “Capitale della Cultura”, queste cose non succedono!

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