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Lettere

Anno 2020 odissea sulla Terra, diario di bordo del capitano

Non si sa più dove scappare perché ancora non è possibile cambiare pianeta e chissà come ci vedono da lassù

Pianeta Terra
Pianeta Terra

Mi alzo dal letto, accendo il TV e vedo il faccione di Trump già trionfante prima di aver tagliato il traguardo. Penso che l’America è il paese dove il virus ha macellato più vite. Spengo il TV e accendo la radio. Non sono bei giorni e la pessima notizia dopo la diffusione del contagio è la morte di Gigi Proietti. Spengo la radio e mi metto in strada. Una città di zombi, visi resi inespressivi dalla mascherine mentre gli occhi parlano chiaro sugli stati d’animo della gente.

Non si sa più dove scappare perché ancora non è possibile cambiare pianeta e chissà come ci vedono da lassù. Torno al marciapiede che mi porta al lavoro e anche il caffè al bar è più amaro del solito: il barista è alle prese con il Dpcm per capire se dovrà lasciare a casa il suo aiutante. Accendo il PC, la macchina da cui dipendo e che lavora 12 ore al giorno sulla mia schiena per farla a pezzi. Non ho vie di fuga, questi quattro muri sono stati gli argini di gran parte della mia vita e mi stanno crollando addosso. Ho voglia di esondare.

Al telefono gente sempre più incazzata, o che cerca di rubarti qualcosa, o di chiederti l’impossibile; giovani che vivono sulla luna e che prima o poi si schianteranno; quarantenni che cercano un’occupazione senza aver mai seriamente lavorato: li vedo in chat, prima venivano a trovarmi con il sorriso ostentato tradito da occhi lucidi e spenti, camicie consumate, scarpe da cassonetto e una laurea sprecata.

Un presidente di Regione dice che gli anziani non sono produttivi, un po’ come gli ebrei e gli omosessuali negli anni Trenta e Quaranta; il presidente USA invece suggerisce l’ipoclorito di sodio contro il Covid-19, forse è il rimedio per i poveri, quello definitivo. La TV è un frullatore: milioni di morti per pandemia mescolati a cubetti di prosciutto, film dove si spara e si squarta e poi la crema che ti fa rinascere. Il Terzo mondo lo tenevamo fuori dagli schermi televisivi, un po’ più difficile fare lo stesso con il Primo.

Mi fermo a guardare un fiore cresciuto tra le fessure dell’asfalto, non è di plastica, ha solo scelto un brutto posto per venire al mondo. Cercherò di capire come fa.

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Giorgio Montolli

Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

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