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Dpcm e chiusura alle 18, la risposta delle associazioni di categoria

Confesercenti, Confagricoltura, Confcommercio e Confartigianato commentano le misure restrittive, l’adeguamento dell’amministrazione e le azioni per la tutela delle imprese.

Martedì 26 ottobre. Le nuove regole in vigore e la mancanza di interventi tempestivi per la tutela dei commercianti preoccupano le associazioni di categoria che chiedono indennizzi, agevolazioni sui costi fissi e prolungamento degli ammortizzatori per contrastare l’impatto negativo di questo secondo “colpo”. I timori sono le chiusure definitive e i possibili fenomeni di malaffare, nonché i ritardi degli aiuti, che dovrebbero essere contestuali alle restrizioni.

«L’aver evitato il lockdown totale è un fatto positivo, ma le restrizioni imposte avranno comunque ripercussioni drammatiche sulle imprese, in particolare nei comparti colpiti in maniera diretta dalle nuove limitazioni. Per questo chiediamo non solo sostegni adeguati ma anche immediati: alcune misure già annunciate da tempo – come i contributi per le imprese dei centri storici, o quelli per le attività di ristorazione e dei settori ricreativi e dell’intrattenimento – sono ancora bloccate dalla mancanza di decreti attuativi», commenta Alessandro Torluccio, direttore generale di Confesercenti Verona, che ha anche richiesto un tavolo di lavoro per discutere delle misure che potrebbero essere adottate a favore delle imprese.

Un commento sull’adeguamento dell’amministrazione comunale al nuovo Dpcm arriva dal presidente di Confesercenti Verona Paolo Bissoli che interviene positivamente in merito all’allargamento dell’orario di ingresso della ZTL:  «La riapertura dà la possibilità ai veronesi di poter raggiungere le attività del centro almeno per il pranzo e per il take away serale». Secondo le stime di Confeserecenti però, le nuove disposizioni potrebbero causare in Italia  un’ulteriore riduzione nei consumi pari a 5,8 miliardi di euro e la chiusura di altre 20 mila attività, portando da 90 a 110 mila le cessazioni di impresa previste per quest’anno. 

«Il provvedimento mette in stato di lockdown la somministrazione. Chiudere alle 18, significa rendere impossibile, o quasi, il proseguimento dell’attività. Bisogna intervenire subito o le imprese non resisteranno – commenta Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti –. Il Governo deve agire con ristori adeguati, agevolazioni e meno burocrazia». Bar, ristoranti, pub e altre imprese aderenti a Fiepet Confesercenti affiggeranno sulle vetrine  il manifesto “Alle 18.00 costretti a chiudere, ma avere un futuro è un nostro diritto” per protestare contro le restrizioni introdotte dal Dpcm.

«Comprendiamo la necessità di tutelare la salute pubblica, ma la stretta sulla ristorazione è pesante e le conseguenze economiche saranno inevitabili – commenta Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona –. Tutta la filiera agroalimentare ha riportato danni ingenti a seguito del primo lockdown. Abbiamo avuto quattro mesi di fatturato mancante, che hanno prodotto sui bilanci delle aziende un danno enorme per il nostro settore regionale. I ristori adeguati e tempestivi annunciati dal governo devono essere perciò estesi alla filiera agroalimentare. Qualsiasi esclusione sarebbe incomprensibile e ingiustificata».

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La preoccupazione, come sottolinea Ferrarese, riguarda le conseguenze sul mondo agricolo e vitivinicolo veneto, che aveva rilevato una ripresa dopo i mesi di difficoltà dovuti alla chiusura del canale Horeca (distribuzione), alla mancanza di turismo e alla riduzione degli acquisti per la crisi economica.

«Siamo disperati, perché l’Horeca è uno dei più importanti canali distributivi, e contrariati per queste restrizioni che danneggeranno migliaia di aziende. Sarebbe stato più sensato adottare le stesse misure con i ristoranti aperti fino alle 22. Temiamo ripercussioni anche in prospettiva del Natale. Con quale fiducia possono procedere i ristoratori agli acquisti in questo clima di paura e incertezza?» dice Christian Marchesini, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Verona e Veneto 

Anche Confcommercio reputa le nuove misure una condanna per gli esercizi. «È stato superato ogni limite, la chiusura dei pubblici esercizi alle 18 è totalmente insensata e avrà effetti devastanti sull’economia tutta e sul tessuto sociale», commenta il presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena, ricordando anche gli investimenti dei 7.000 imprenditori della provincia di Verona per la messa in sicurezza dei locali e la perdita, dall’inizio del lockdown, di 24 miliardi di fatturato a cui, con le nuove limitazioni, potrebbe aggiungersi un’ulteriore perdita di 2,7 miliardi con il rischio di chiusura, a livello nazionale, di 50 mila imprese. «La proposta delle Regioni di far chiudere gli esercizi alle 23 era di buon senso, come ha ribadito anche il governatore del Veneto Zaia. Un input che come Confcommercio Verona lanciamo è quello di estendere l’apertura fino alle 23 prevedendo la prenotazione obbligatoria», aggiunge Arena.

«La risposta all’emergenza Covid19 non può essere semplicemente più chiusure, perché non è sostenibile per la nostra economia e per le nostre imprese», aggiunge il presidente della Fipe-Confcommercio di Verona Paolo Artelio ricordando l’importanza di indennizzi proporzionati alle perdite subite.

 «Siamo tutti consapevoli che la priorità è frenare l’onda dei contagi e di salvare quante più vite possibile; comprendiamo che il Governo sia chiamato a decisioni difficili, legate all’andamento della pandemia, ma quello che abbiamo sempre chiesto, ora come la scorsa primavera, è di evitare che la crisi economica, nei prossimi mesi, abbia conseguenze ancora più drammatiche dell’emergenza sanitaria» commenta il presidente di Confartigianato Imprese Verona, Roberto Iraci Sareri, aggiungendo che ci devono essere più controlli per sanzionare chi non si adegua alle regole e per permettere a chi lavora nel rispetto della legge di continuare a farlo, e non più chiusure. «Chiediamo di intervenire concretamente sui costi fissi di tutte le attività colpite dal nuovo Dpcm – conclude Iraci Sareri –, perché, considerata la precedente esperienza, rimandare e rinviare tasse, bollette, cartelle esattoriali, non risolve il problema, ma lo rimanda».

 

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