INTERVISTA – Per mesi abbiamo sentito parlare di loro, di quello che è giusto per i ragazzi in questo tempo buio in cui socialità e didattica devono cambiare. Di scuola e studenti hanno parlato tutti: insegnanti, presidi, genitori, psicologi, ministri e sindaci.
Ora sono gli studenti a prendere la parola, raccontando con lucidità problemi, soluzioni e sensazioni. A Verona In hanno detto di non avere paura ma di temere per genitori e nonni. E tra professori che non stanno alle regole e bagni finalmente puliti, la maggioranza chiede solo una cosa: il giusto mix tra didattica in presenza e a distanza.
A. P., 18 anni, frequenta l’Istituto IIS Marie Curie Garda Bussolengo. «Gli adolescenti vengono etichettati perché porterebbero il Covid in giro tra aperitivi e serate ma io penso che noi ragazzi siamo molto più responsabili di tanti adulti. Spesso riceviamo richiami disciplinari perché prestiamo una penna o una matita, però intanto arriviamo a scuola tutti ammassati sullo stesso bus e non ci sono aree diversificate per classi che si ritrovano poi tutte nello stesso posto durante la pausa o all’uscita da scuola… Ora gli orari di uscita continuano a cambiare, si fanno dei test per capire qual è la soluzione migliore ma ho dei dubbi che la troveranno.
La soluzione vera è il mix di didattica a distanza (Dad) e in presenza, oppure vanno a scuola solo le prime e le quinte mentre le altre fanno solo Dad. Gli stessi prof che non si sono fatti sentire durante la quarantena e che ci hanno lasciato con dei “buchi” importanti sono quelli che poi ci portano in uscita sul lago indossando la mascherina solo perché esiste la regola ma terminato il momento didattico se la abbassano e non mantengono le distanze: non c’è responsabilità, lo fanno solo perché ci sono le sanzioni.
Di buono c’è che a scuola è migliorata l’igiene. Dal punto di vista personale ed emotivo c’è molta più consapevolezza di quello che faccio e non faccio, siamo cresciuti e pensiamo 2 o 3 volte alle cose prima di farle. Adesso andare a mangiare una pizza non è solo “mangiare una pizza”, adesso valutiamo se ci sono le condizioni e se è proprio necessario.
Non la vedo come una complicazione bensì come un’assunzione di responsabilità. Ho avuto la mia prima volta lavorativa, sono contenta di aver iniziato a lavorare in questo periodo e mi sono resa conto di come sono le persone e gli adulti… i primi a non rispettare le regole».
M. C., 17 anni, frequenta il Liceo scientifico all’IIS Marie Curie Garda Bussolengo. «Io non ho paura di niente, non mi sento particolarmente spaventato dal potermi ammalare di questo coronavirus. È stato fatto allarmismo con tante regole che non hanno avuto senso; basti vedere la differenza di restrizioni tra scuola, ristoranti, bar e lavoro.
Posso sedermi al ristorante in compagnia e poi a scuola devi tenere la mascherina se non c’è la distanza?! È molto incoerente. Anche molta gente della mia età pecca di incoerenza: un paio di amiche me la menano per la mascherina ecc. ma poi fuori dalla scuola, cioè in palestra o al bar, le regole non le rispettano più… Inoltre manca flessibilità: molti prof continuano a menarmela perché io appoggio la mascherina sul banco e non la abbasso, come dovrebbe essere.
Visto che manteniamo la distanza, per me non ha senso continuare a riprendere le persone e gli studenti per la mascherina. Ci sono un paio di prof anziane o malate che su questo sono più rigide. Sulla questione del rispetto delle regole sono entrato in discussione con molti amici e compagni che per tre quarti sono molto ligi e metodici nel seguire le restrizioni imposte e sono spaventati.
Comunque quello dei trasporti è il problema maggiore e a quanto ne so non sono state aggiunte linee extraurbane. Fino a quando non c’era l’obbligo di mascherina eravamo in 800 a assembrarsi a Garda. La scuola è uno dei luoghi più sicuri. Il problema sono i mezzi di trasporto ma non si può andare all’Atv e dire loro di comprare più bus e cambiare tutto, non è un lavoro da poco. Solo che per proseguire andrebbe fatto, altrimenti ci tocca la teledidattica, che è una pessima idea per chi non ha voglia di studiare.
Nel periodo di lockdown durante le lezioni online cazzeggiavamo tutto il tempo e avevamo il prof col volume al minimo. Con me e altri miei compagni non ha funzionato, copiavamo e i prof lo sapevano però non sapevano che cosa fare e la vivevano con frustrazione. Di buono c’è che finalmente la palestra della scuola ha ricevuto manutenzione e pulizia e c’è più igiene».
G. B., 17 anni, attivista di Fridays for Future Verona, frequenta la quarta al Liceo Artistico di Verona. «Il Covid è uno degli argomenti di cui si discute di più in classe e tra noi ragazzi. Ci stiamo adattando ma è anche molto stressante: appena c’è qualche sintomo o qualcuno sta a casa, ci agitiamo. Ieri (20 ottobre) c’è stato un compagno in quarantena ma non sappiamo nulla, c’è poca comunicazione: non sappiamo che cosa dobbiamo fare. C’è ansia soprattutto per i familiari come genitori e nonni perché viviamo tutti insieme e prevale un senso di incertezza.
Dal nuovo Dpcm ci aspettavamo che organizzassero meglio la scuola, con una parte obbligatoria di didattica a distanza, soprattutto per evitare il problema degli assembramenti sui trasporti pubblici e all’uscita. Consigliare la Dad senza obbligo non cambia nulla, come nella mia scuola. Entrare dopo, cioè alle 9, non serve a nulla, fa solo confusione.
Tutti siamo d’accordo nel fare un mix di Dad e presenza, cosa che nel nostro istituto sta avvenendo solo per i casi in quarantena (20 ottobre 2020). Anche le distanze di sicurezza sono difficili da mantenere, soprattutto ora che al posto dei banchi abbiamo delle sedie da conferenza con una tavoletta pieghevole per prendere appunti.
Devo dire però che per il rientro dello scorso 14 settembre la mia scuola ha lavorato tanto insieme al comitato dei genitori, organizzando spazi, dispositivi e disinfettanti. Quello che hanno potuto fare lo hanno fatto. Non è colpa loro se non abbiamo le distanze di sicurezza, non possono fare altro perché gli spazi sono quelli. Ecco perché serve la didattica a distanza.
Durante il lockdown ho preso dimestichezza con la tecnologia e a scuola alcuni strumenti come le verifiche online sono state mantenute, col vantaggio di sprecare meno carta: la tecnologia può aiutare l’ambiente».
Y. G., 18 anni, frequenta la terza all’Istituto Lorgna-Pindemonte. «Io e i miei compagni siamo molto fortunati perché la nostra scuola ha gestito molto bene la situazione. Riusciamo a mantenere il distanziamento e, se non si riesce, indossiamo le mascherine. Le classi entrano ed escono suddivise in 4 turni da 7-8 classi ciascuno.
Tenere la mascherina in continuazione è scomodo, soprattutto quando si ha il raffreddore. Ma tenendo le finestre spalancate il raffreddore ci viene per forza… Il problema si presenta sui mezzi pubblici dove siamo tutti ammassati senza distanziamento: non mi risulta siano state aggiunte linee o autobus.
La didattica a distanza è stata un’esperienza con alti e bassi: all’inizio mi trovavo molto male perché, non solo noi studenti, ma anche i professori sono stati catapultati in una realtà nuova. Col tempo però è andata sempre meglio, quindi secondo me se gestita bene è una cosa che può funzionare.
La quarantena e la pandemia in generale a livello psicologico mi hanno distrutta: non poter uscire per così tanti giorni senza vedere i miei amici e senza poter abbracciare nessuno è stato faticoso. Di buono penso c’è stato che a fine aprile ho deciso di non restare a letto a deprimermi ma di provare a fare qualcosa di produttivo e ho scoperto un sacco di vecchie passioni che per assenza di tempo non ero riuscita a portare avanti.
Avevo anche molto più tempo per studiare, dato che trascorro due ore al giorno sui mezzi pubblici… però mi mancava poter parlare con i professori faccia a faccia e vedere i miei compagni di classe».
G. U., 17 anni, frequenta il Liceo linguistico Copernico-Fasoli. «Inizialmente ci aveva fatto piacere tornare a scuola ma ora, con queste restrizioni, stiamo quasi rivalutando la didattica a distanza. Sostanzialmente andavamo (e andiamo tutt’ora) a scuola per socializzare, incontrarci nei corridoi, stare con gli amici; cose che adesso non si possono più fare.
A scuola siamo costretti a indossare la mascherina in ogni momento (anche in situazioni statiche perché non è garantito il distanziamento), non possiamo scambiare materiale, non possiamo entrare in contatto con gli altri. Sono sicuramente misure necessarie per il contenimento del virus ma sotto il punto di vista della socializzazione e delle amicizie è molto difficile.
Ci danno fastidio poi l’ipocrisia e le contraddizioni delle misure di sicurezza. Ogni mattina prendiamo mezzi pubblici stracolmi, aspettiamo alle fermate tutti vicini e poi a scuola non possiamo fare la fila alle macchinette…
La didattica a distanza è un mezzo d’emergenza che a parer mio non potrà mai sostituire la didattica in presenza. Il rapporto umano è importantissimo sia per gli alunni che per gli insegnanti; ne hanno tutti bisogno. Non tutti gli studenti si sono trovati bene: i più timidi e introversi hanno trovato forse il loro ambiente ma può essere anche un’arma a doppio taglio che li porta a chiudersi ancora di più; i più estroversi e socievoli ne hanno invece molto sofferto. Per non parlare poi degli strumenti elettronici che non tutte le famiglie hanno a disposizione…
Forse si è sbagliato all’inizio di settembre a far tornare tutti a scuola a pieno regime; sarebbe stato meglio alternare la presenza e la didattica a distanza in modo da diminuire gli studenti sui mezzi pubblici e nelle aule ogni mattina.
La quarantena mi ha fatto rivalutare molto ciò che avevo perso, come l’uscire il pomeriggio con gli amici, andare in biblioteca dopo scuola, fare una festa di compleanno… Ho inoltre avuto più tempo per stare con la mia famiglia e dedicare dei momenti a me stessa e alla mia crescita personale.
Credo però sia stato difficile per molti aver a che fare con la famiglia per così tante ore al giorno; la quarantena è sicuramente stato un evento che andava preso in un certo modo, senza cadere nello sconforto, cosa che molte persone non sono purtroppo state in grado di evitare».
Annalisa Mancini

Annalisa Mancini è nata il 25 dicembre 1979, frequenta l’istituto tecnico per corrispondenti in lingue estere. Dal lago di Garda, dove vive fino al 1998, si trasferisce prima a Trieste per gli studi in Scienze Politiche e poi a Berlino. Completa il suo sguardo sul mondo viaggiando, leggendo e scrivendo, è interessata soprattutto al giornalismo d’inchiesta, alla politica nazionale e internazionale e alle questioni ambientali. Tornata a Verona, fonda una sezione di Legambiente e lavora anche come editor e correttrice di bozze. Ha collaborato con Il Piccolo di Trieste, ilveronese.it, ilgardesano.it, Il Corriere del Garda, Radio Garda FM, RuotaLibera di FIAB, corriereditalia.de. mancini.press@gmail.com

Marcello
24/10/2020 at 09:18
Nutro seri dubbi sulla validità di alternare didattica in presenza e DAD: quest’ultima non è infatti uno “smart-working” né può esserlo e i fatti ce l’hanno dimostrato: i programmi didattici di fatto sono stati quasi fermati a febbraio-marzo, soprattutto nelle elementari e medie, salvo le poche prove realizzate su cui è lecito esporre notevoli perplessità sulla reale validità didattica, e così l’esperienza di mutua educazione e di collaborazione generalmente acquisibile dagli alunni-studenti. Diverso sarebbe proporre una scuola pomeridiana alternata su metà degli Istituti (magari tra le medie e le superiori). Questo sì potrebbe essere tentato come esperimento per attenuare gli assembramenti da traffico senza incidere sulla didattica e sul lavoro dei docenti, almeno in questo periodo.
Redazione2
23/10/2020 at 11:53
Già mesi fa sostenevamo la necessità di un mix tra didattica in presenza e a distanza per le scuole superiori. L’ostinazione della ministra Azzolina non ha consentito questa formula, vista come una rinuncia e non come una risorsa. Gira e rigira, se hai 30 studenti in classi piccole e scuole di vecchia concezione puoi mescolare le carte finché vuoi ma il risultato non cambia. Invece, alternando gli studenti – metà a casa con la Dad e metà in aula – non solo le distanze sarebbero state garantite ma la scuola avrebbe collaudato e sperimentato un modo alternativo e tecnologico di fare lezione, così da essere preparata in caso di future necessità. Una splendida occasione anche da un punto di vista didattico, vista l’opportunità di poter apprendere non teoricamente ma nella pratica cos’è lo smart working. E naturalmente anche l’affluenza sui mezzi pubblici si sarebbe notevolmente ridimensionata, contenendo la pandemia. Lo avevamo scritto qui il 15/04/2020: https://www.verona-in.it/2020/04/15/coronavirus-siamo-male-organizzati-ecco-come-fare/ Giorgio Montolli