INTERVISTA – Iscritto alla FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana) all’età di 14 anni, Federico Benini (Verona, 1989) quando nel 2007 nasce il Partito Democratico diventa segretario cittadino dei Giovani democratici di Verona.
Dal 2009 al 2013 è segretario del Circolo PD della Terza Circoscrizione e nel 2012, dopo la laurea in Economia aziendale, entra nel consiglio del parlamentino scaligero. Nel 2014 si laurea in Marketing di impresa e nel 2018, dopo essere stato eletto consigliere comunale l’anno precedente, diventa capogruppo del PD a Palazzo Barbieri.
– Benini, Come valuta la sconfitta del PD alle recenti elezioni regionali in Veneto?
Benini. «Luca Zaia ha ottenuto un risultato storico grazie alla sua gestione dell’emergenza Covid, alla sua capacità comunicativa e alla sua presenza sui media nazionali. Molti simpatizzanti del Partito Democratico mi hanno detto di aver votato Zaia, ma non è da qui che deve partire l’analisi: a Verona il PD ha ottenuto buoni risultati grazie alle scelte della Segreteria provinciale. Il contesto è tragico ma ci sono segnali di speranza».

Arturo Lorenzoni
– Perché un simpatizzante PD non ha votato PD?
Benini.«Non significa che il PD non piaccia più ma semplicemente che c’è stata un’alternativa che è piaciuta di più. E poi Arturo Lorenzoni è partito azzoppato perché è poco conosciuto fuori Padova, ha fatto campagna in periodo Covid e ha pure contratto l’infezione. Sono fattori che incidono sui numeri».
– Anche a Verona il PD ha registrato una sconfitta…
Benini. «Guardiamo i dati nel Comune di Verona: il numero di voti presi dalla coalizione di Lorenzoni è simile a quello di Orietta Salemi 3 anni fa. Il centrosinistra in città si mantiene intorno al 22%, dato che reputo positivo considerando che c’è Zaia. Auspico di raggiungere il 26% alle prossime comunali a Verona e arrivare al ballottaggio, cosa che non accade da 18 anni».
– E come si fa ad arrivare al ballottaggio alle comunali?
Benini. «Il centrosinistra deve allargare il perimetro della coalizione e coinvolgere le forze di Lorenzoni e altre, ad esempio Traguardi, Calenda e i socialisti. Solo includendo tutte le realtà riformiste sarà possibilità arrivare al ballottaggio. Il candidato sindaco va poi individuato nella società civile, non deve per forza essere un politico: una persona autorevole, riconosciuta, che abbia la possibilità di metter insieme tutte queste forze e che sia un punto di riferimento per i non elettori PD che si ritrovano il PD al secondo turno».
– Questa figura c’è già?
Benini. «No, ad oggi questa figura non c’è ancora ma il compito del PD è avviare una base programmatica di contenuti attraverso il dialogo con altre forze. Se si vota nella primavera del 2022, mi auguro che a marzo 2021 questa figura ci sia già e che sia una voce forte e univoca».
– Nel 2019 il segretario del PD scaligero Maurizio Facincani proponeva un Centro Studi che valorizzasse capacità e competenze presenti sia all’interno che all’esterno del partito. Perché non si è fatto?
Benini.«Purtroppo Facincani si è trovato a gestire un partito frammentato e nonostante ciò è comunque riuscito a creare unità intorno al candidato regionale. Ha avuto la sfortuna di trovarsi a gestire un partito durante l’emergenza Covid. Adesso la priorità della Segreteria provinciale deve essere la base programmatica per le prossime elezioni comunali. Lo si deve fare partendo dalle criticità del Partito anche nazionale».
– Quali sono le criticità?
Benini. «Il PD purtroppo prende molti voti nei centri storici e pochi in provincia. La Segreteria provinciale si è mossa, si sono costruite delle candidature anche nei comuni che sono andati al voto. Nel 2019 abbiamo vinto al primo turno a Sommacampagna e quindi qualche segnale positivo c’è. Ora lo schema delle alleanze si deve ripetere anche a Verona città. Il valore aggiunto è la creazione di liste civiche con persone esterne ai partiti che credono a una forza riformista. Il punto cardine deve essere recuperare il rapporto col ceto medio e con le fasce in difficoltà».
– L’alleanza prevede anche il Movimento 5 Stelle?
Benini. «Se il Movimento 5 Stelle continuerà a sostenere il governo e se si alleerà col PD anche nelle grandi città come Bologna e Torino, allora vedremo… Ci saranno delle indicazioni nazionali ma in ogni caso non possiamo chiudere le porte a nessuno».
– Se domani a Verona ci fossero le elezioni comunali il PD sarebbe pronto?
Benini. «Se iniziassimo a lavorare oggi e senza veti, nel giro di 3 o 4 mesi saremmo pronti. Bisogna individuare il programma, la coalizione e al contempo le personalità che sono disposte a guidarla. Diamo per scontato che a Verona vinca sempre il centrodestra ma non deve essere per forza così…».
– L’alleanza aperta prevede anche Tosi?
Benini. «Il centrosinistra deve partire dalle forze della coalizione di Lorenzoni da cui Tosi si è autoescluso perché ha sostenuto un altro schieramento. Per cui noi pensiamo a noi, Tosi penserà per sé. In questo momento Tosi non è un interlocutore».
– Sempre Facincani, nel 2019 proponeva per il PD di smettere di guardare al proprio ombelico, confrontandosi per produrre cambiamento: ad oggi non sembra che quel confronto col mondo fuori dal partito abbia sortito risultati…
Benini. «Non è vero. Il confronto è avvenuto: già nei primi mesi della segreteria Facincani è andato a parlare coi sindacati e con le associazioni di categoria presentando il partito a tutte le associazioni. Detto questo, Facincani non ha la bacchetta magica. Noi siamo il Comune dove il centrodestra ha la maggior percentuale d’Italia. Non siamo a Bologna… dobbiamo costruire un’alternativa di credibilità».
– Il mondo dell’impresa sembra lontano dal dialogo con il PD veronese e si ripetono logiche di contrapposizione: perché? Che cosa manca al PD veronese per dialogare con le imprese?
Benini. «Io sono titolare d’impresa. Ideologicamente l’imprenditore del nord-est è lo stereotipo dell’elettore di Forza Italia e poi della Lega. Se noi pensiamo però a quello che hanno fatto i governi del centrosinistra – dal taglio del cuneo fiscale di Prodi agli aiuti di Conte in fase Covid con posticipo dell’Ires e abolizaione di Irap – beh, dobbiamo osservare che ci sono stati provvedimenti importanti ma che sono passati in sordina anche a causa di una scarsa capacità comunicativa».
– Che cosa manca al PD per uscire dall’impasse?
Benini. «Il PD nazionale deve fare una cosa semplice: Berlusconi per che cosa è noto? Per il “Meno tasse per tutti!”. E la Lega? Per il “Basta immigrati!”. Il M5S? “Reddito di cittadinanza”. E il PD? Non c’è un tema per cui si contraddistingue. Il PD deve individuare un tema solo e secondo me quel tema è l’ambiente».

22 ottobre 2016, gli abitanti di Verona Sud manifestano per il verde
– Però il progetto TAV, sostenuto dal PD, è un tema dibattuto negli ambienti dei comitati e che vede PD e associazioni ambientaliste disallineati…
Benini. «La TAV è un’opera di utilità collettiva. Sono pochi quelli che la possono contestare. Diverso è chiedere opere compensative, cosa che il Comune di Verona non sta facendo».
– La Lega rimane il partito meglio radicato sul territorio: perché il PD non riesce a dare il giusto peso ai Circoli?
Benini. «Attenzione al falso mito della Lega radicata sul territorio. Ai segretari di circolo sono arrivati degli input per promuovere la loro attività. Sta ad ogni segretario saper coinvolgere e costruire. Il PD a Verona città fa più banchetti della Lega, e non solo sotto elezioni. La Lega a Verona ha preso l’8% nel 2017… è praticamente impalpabile».
– Che cosa può scardinare il meccanismo tutto veronese che dà per scontata la vittoria della destra in città?
Benini. «Aiuterebbe avere una stampa libera. Il filobus è fermo, l’Arsenale è per aria, l’operazione Agsm – A2A è gravissima, i dipendenti di Fondazione Arena aspettano e l’unica cosa di cui si preoccupa il sindaco Sboarina è lo stadio. In un contesto di informazione libera, un sindaco così dovrebbe essere “massacrato” politicamente dalla carta stampata tutti i giorni. I veronesi hanno una visione distorta anche perché viene raccontata loro una visione distorta: questa è la base di tutto. Non è per colpa del PD veronese se non riusciamo ad arrivare alla gente».

Federico Benini
– Pare che il PD a Verona giochi molto di sponda, agendo nella contingenza e replicando su singole proposte della maggioranza ma senza una strategia a lungo termine…
Benini. «No, non è vero, è una questione di comunicazione sbagliata. Su molti temi come Agsm non abbiamo solo criticato, anzi: noi siamo stati protagonisti della proposta di cambiamento dicendo sì a una gara pubblica con operatori privati. Sul filobus siamo stati noi ad avere depositato una mozione sul cambio del mezzo mantenendo il finanziamento pubblico. Su tutte le tematiche abbiamo idee e proposte che però non ottengono visibilità sulla stampa locale».
– E quali sono i temi principali del PD veronese oggi?
Benini. «L’urbanistica, innanzitutto. Bisogna redigere un nuovo PAT (Piano di Assetto del Territorio) e piantumare nuovi alberi. Poi, servono ciclabili con rete ad anello. Inoltre, dobbiamo pensare alle periferie con un tavolo con Agec per la ristrutturazione degli alloggi precari e il recupero di quelli inutilizzati: Verona ha bisogno in generale di investimenti fuori dal centro storico».
– In concreto?
Benini. «Farei un piano di manutenzione di strade e marciapiedi con messa in sicurezza degli edifici pubblici come le scuole. E poi bisogna pensare ad una grande rivalorizzazione, anche per scopi turistici, dell’Adige, in località come La Sorte e San Michele. E a proposito di cultura e turismo, è fondamentale una regia tra associazioni di categoria e assessorato al Turismo per creare una serie di eventi concatenati e dare così un servizio complessivo al visitatore e indotto per tutti».
Annalisa Mancini

Annalisa Mancini è nata il 25 dicembre 1979, frequenta l’istituto tecnico per corrispondenti in lingue estere. Dal lago di Garda, dove vive fino al 1998, si trasferisce prima a Trieste per gli studi in Scienze Politiche e poi a Berlino. Completa il suo sguardo sul mondo viaggiando, leggendo e scrivendo, è interessata soprattutto al giornalismo d’inchiesta, alla politica nazionale e internazionale e alle questioni ambientali. Tornata a Verona, fonda una sezione di Legambiente e lavora anche come editor e correttrice di bozze. Ha collaborato con Il Piccolo di Trieste, ilveronese.it, ilgardesano.it, Il Corriere del Garda, Radio Garda FM, RuotaLibera di FIAB, corriereditalia.de. mancini.press@gmail.com

Maurizio Danzi
07/10/2020 at 11:53
Conosco Federico Benini da un paio d’anni. E’ una persona seria. Si occupa con la sua società di sviluppare sondaggi. Non sarebbe quindi serio ricordargli che gli americani, che i sondaggi gli hanno inventati, ci ricordano poi che ci sono piccole bugie, grandi bugie e sondaggi. Dunque andiamo per ordine: Federico nasce sul territorio. Ha radici profonde: ha capito però che Via Mantovana non è “finis terrae”: esiste una vita oltre Gibilterra. E’ da apprezzare: ha preso molti voti del suo territorio. Credo che il suo partito debba fare tesoro di queste esperienze. Sono proprio quelle che il PD non ha. Federico deve però avere una curiosità insolente, perché la sua età glielo impone. Le comunali del 2022 saranno il seguito di queste regionali. Non c’è più molto tempo e il lavoro è molto. Auguri.
Marcello
05/10/2020 at 17:21
Dice Benini: “I veronesi hanno una visione distorta anche perché viene raccontata loro una visione distorta: questa è la base di tutto” Vero, ma non è solo questo e non basta a giustificare la quasi debacle del PD: a Verona, nelle lotte sociali e di quartiere, se non ci fossero stati i Comitati (Traforo, Arsenale, B.go Roma etc) che cosa avrebbe fatto il PD? Quali interessi popolari avrebbe coperto e difeso? Eppure una speranza ci sarebbe ancora se puntasse di più sui bisogni (i bisogni!) dei quartieri più periferici, soprattutto in tema ambientale.
Redazione2
05/10/2020 at 15:33
Mi ha colpito l’affermazione di Benini sulla mancanza di una stampa libera a Verona, che sarebbe in buona parte responsabile del calo dei consensi che interessa il Partito Democratico. Mi ha colpito perché ho quasi sempre trovato nei politici di professione, di qualsiasi parte, la tendenza a ridurre la libertà di stampa ad una logica di lottizzazione, dove l’ambizione vera è quella di occupare spazio sui giornali e non di rendere concreto l’Articolo 21 della nostra Costituzione. Quindi non prendiamoci in giro: a Verona non c’è storia perché chi sta all’opposizione non ha le capacità, e forse neppure la voglia, di creare un medium alternativo che assecondi i propri interessi. Gli altri, quelli che invece si dovrebbero mettere al lavoro per un giornale libero e indipendente, proprio non li vedo. g.m.
Luca
06/10/2020 at 19:31
La stampa libera a Verona esiste eccome. Il punto è se poi la si vuole, o meglio se le si permette di esistere. In tanti la vorrebbero e in tanti, nel limite delle proprie possibilità, la sostengono ma per cambiare le cose, se le si vogliono cambiare, servono azioni reali e concrete. Se poi per informazione libera si intende che deve appoggiare un’ala politica piuttosto che un’altra, allora le cose cambiano. L’informazione libera è libera se dice le cose come stanno. Purtroppo, nella realtà, una stampa così è bollata come un qualcosa da reprimere perché scomoda, specialmente a Verona. In conclusione, citando le parole di uno schiavo rivoluzionario in un vecchio film di Gillo Pontecorvo, “La libertà non te la regalano, bisogna conquistarsela”. La vogliamo?