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Opinioni

Assurdo abbattere gli alberi senza un Regolamento del verde

In nome della sicurezza, e per evitare grane, l’amministrazione opera senza un programma che spieghi come e dove sostituire le piante.

Taglio cipressi, Castel San Pietro, Verona

Recentemente il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) ha stilato un rapporto in cui per la prima volta si prevede lo scenario prossimo del cambiamento climatico per l’Italia: temperature che sfioreranno costantemente i 40 gradi, le portate dei fiumi si potranno ridurre del 40%, il rischio incendi aumenterà del 20%. Ma, nonostante si stia già pagando un prezzo altissimo agli sconvolgimenti ambientali causati dall’uomo, a giudicare dai programmi elettorali dei partiti non sembra che l’ambiente sia una delle priorità.

L’ultimo rapporto ISPRA sul consumo del suolo in Italia ci dice che la provincia di Verona ha il primato italiano della cementificazione nel 2019, con 253 ettari (ha) in più di nuovo suolo artificiale, e questo nonostante la crisi economica abbia rallentato le attività edilizie e nonostante il numero degli abitanti sia in netta diminuzione. La periferia sud di Verona si sta saldando ai paesi della cintura urbana; si sta formando un’unica conurbazione carente di verde, di trasporto pubblico e di percorsi ciclabili.

È evidente la contraddizione che abbiamo vissuto con la crisi da Coronavirus: parchi e giardini sono stati chiusi per primi al pubblico per il pericolo di assembramenti mentre sono rimaste aperte attività produttive che recenti studi hanno confermato come concausa della diffusione del virus.

Le tempeste di agosto. A completare il quadro sono arrivate le violente tempeste di agosto, causate dal cambiamento climatico, che hanno abbattuto migliaia di alberi. Di questi, una parte era inadatta, sia per le dimensioni che per caratteristiche fisiologiche, a vivere nei nostri striminziti spazi urbani, ad esempio i cedri di cui in passato si è abusato nell’impiego. Ma è pur vero che stanno tagliando alberi che sembrava avessero superato indenni il ciclone, come i cipressi di Castel San Pietro, e ci sono perfino comuni, come quello di San Pietro In Cariano, che abbattono alberi sani per “precauzione”.

Alberi abbattuti all'Arsenale di Verona dal violento nubifragio del 23 agosto

Alberi abbattuti all’Arsenale di Verona dal violento nubifragio del 23 agosto

La vera tragedia non è solo per le piante abbattute, ma per il clima di paura che si è insediato tra chi, tecnici e amministratori, ha il compito di gestire il verde pubblico. In nome della sicurezza nessuno vuole prendersi la responsabilità di conservare alberi che presentino una sia pur lontana possibilità di pericolo.

Il paradosso che stiamo vivendo è quello di una società che accetta senza far nulla i rischi legati alle attività che hanno un ritorno economico: accetta i rischi del cambiamento climatico, dell’aria avvelenata dagli scarichi e quelli del traffico che causano migliaia di morti, ma non accetta il rischio costituito dalla presenza di alberi perché essi non producono reddito immediato visibile. Non solo, con la scusa della sicurezza l’amministrazione comunale fa e disfa senza un Regolamento sul verde, senza un censimento da dove si possa capire dove e perché siano caduti tanti alberi, senza un programma che preveda come e dove sostituire le piante abbattute.

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Un’occasione per ripensare agli alberi in città. Secondo lo scienziato Stefano Mancuso “Le nostre città, ospitando il 50% della popolazione mondiale (nel 2050 si arriverà al 70%), sono anche i luoghi del pianeta responsabili della maggior quantità di CO2. Dovrebbero essere completamente coperte di piante. Non soltanto negli spazi deputati: parchi, giardini, viali, aiuole, ecc. ma dappertutto, letteralmente. La regola dovrebbe essere una sola e semplice: dovunque sia possibile far vivere una pianta, deve essercene una”.

L’urbanistica moderna nasce dai regolamenti di igiene. Quindi anche ora le città, come è già avvenuto diverse volte nella storia, dovrebbero cambiare: c’è bisogno di una città più verde e policentrica riutilizzando il patrimonio edilizio dismesso in modo che ogni polo sia autosufficiente di servizi e di verde. C’è bisogno di creare più verde di prossimità in modo che tutti, anche nelle periferie, ne possano godere. Basta centri storici affollati e congestionati e periferie vuote. Le strade residenziali devono avere i margini morbidi della vegetazione e deve essere ridotta la mobilità motorizzata inutile e dannosa usufruendo delle nuove tecnologie informatiche e favorendo la mobilità dolce. Va ridotta la produzione di beni inutili: il consumismo contribuisce alla creazione di città insicure e inquinate.

Il problema del distanziamento sociale nelle aree verdi in caso di epidemia potrà essere gestito con la collaborazione dei cittadini. È impossibile che l’autorità pubblica possa garantire da sola tutti i controlli necessari. Ci sono scuole che non consentono la ricreazione nei giardini scolastici perché non possono garantire il distanziamento dei bambini. C’è bisogno di trovare nuove forme di fruizione degli spazi verdi scolastici perché senza l’esperienza della natura anche la vita perde di significato.

Taglio cipressi, Castel San Pietro, Verona

Taglio cipressi, Castel San Pietro, Verona

Anche l’agricoltura delle cinture urbane può contribuire per ottenere città più vivibili e più vicine alla produzione del cibo. Esiste la possibilità di riforestare la città e di ricucire e riqualificare tutte le eccellenze ambientali, storiche e monumentali esistenti lungo il perimetro di Verona attraverso i terreni agricoli ancora disponibili e ponendo finalmente un confine netto tra città e campagna. Una Cintura Verde lunga oltre una trentina di chilometri sull’esempio delle Green belt inglesi, ma con un valore aggiunto molto più qualificante perché unirebbe, tutelandoli, tre sistemi ambientali diversi di grande valore paesaggistico che le altre città non possiedono: la collina, l’Adige e la pianura

C’è bisogno di mettere un confine all’espansione edilizia e di “rammendare il bordo urbano” con gli alberi e la vegetazione. Più che riempire di grandi alberi piccole aree, servono alberi più contenuti per aree più grandi e diffuse, per permettere agli stessi di svilupparsi senza creare problemi di sicurezza: quindi meno alberi a pronto effetto e a crescita rapida e più alberi idonei per le varie situazioni ambientali. C’è bisogno di più verde e alberi di qualità diffusi come una pelle nel tessuto urbano: anche i tetti delle case potranno essere usati per creare piccole oasi verdi. C’è bisogno di più conoscenze scientifiche e meno improvvisazione. In sostanza c’è bisogno del Piano del verde per conoscere quali siano le aree verdi esistenti e le aree future, da programmare assieme ai cittadini.

Alberto Ballestriero
Verona Polis

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Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

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